GRILLO, Onofrio del
Nacque a Fabriano, da Bernardo Giacinto e dalla nobildonna Maria Virginia Possenti, il 5 maggio 1714. Alla sua seguirono la nascita di Giuseppe e di Caterina che, avviata alla vita monacale, avrebbe poi sposato Giuseppe Montani.
I Grillo, di origine genovese e trapiantati in Toscana, erano stati ammessi al patriziato romano nel 1672 da Clemente X, che aveva loro riconosciuto il marchesato di Santa Cristina nella diocesi di Gubbio e la contea di Portula.
Bernardo Giacinto, appartenente a un ramo cadetto della famiglia, visse in condizioni economiche piuttosto ristrette, tanto che fu più volte costretto a rivolgersi al più fortunato e poco generoso cugino, Bernardo (II) marchese del Grillo, dal quale fu anche spinto a sposare la benestante Maria Virginia (1713); ma la scelta si rivelò tutt'altro che risolutiva, dato che alla morte del suocero l'eredità Possenti costituì un ulteriore aggravio per le già compromesse finanze familiari.
Grazie all'interessamento dello zio il G. fu avviato agli studi giuridici presso il collegio di Urbino, dove conseguì la laurea in utroque iure. La morte della madre, avvenuta in giovane età, e le ristrettezze familiari, oltre alla cattiva salute di Bernardo, fecero sì che il G. si trasferisse presso lo zio nel palazzo romano, situato sotto monte Cavallo.
La convivenza con lo zio fu per il G. un grosso peso: in una caricatura del 1745 P.L. Ghezzi descrive il "grillaccio" gobbo, sommamente avaro e trasandato nell'abbigliamento. Le lettere spedite dalla famiglia di Fabriano al G. testimoniano di riflesso piccole manie ed eccentricità che con l'avanzare dell'età e il peggioramento della salute diventarono sempre più difficili da sopportare. Nonostante ciò il G. accudì Bernardo fino alla morte, occorsa all'inizio del 1757; l'evento fu accolto dal marchese e dalla sua famiglia piuttosto come una liberazione che come una perdita dolorosa: gli anni trascorsi accanto al ricco parente fruttarono al G. la cospicua eredità.
L'inventario, conservato nell'Archivio Capranica, consente di stimare in oltre 6000 scudi i preziosi, gli arredi di casa, la prestigiosa biblioteca; non calcolabile invece il valore dei diversi luoghi di Monte, delle numerose rendite, del palazzo del Grillo con varie botteghe, di quattro abitazioni, in via Giulia, in strada Paradisi, nelle vicinanze di S. Maria degli Angeli e in via Urbana; a tutto ciò sono da sommare i molti possedimenti terrieri. La generosità di Bernardo risultò presto a doppio taglio: le ultime volontà del defunto vincolavano il G. al pagamento dei debiti contratti dallo zio durante la lunga malattia e a una serie di obblighi caritatevoli come messe funebri ed elemosine. Bernardo, memore forse della sfortuna del cugino Giacinto e avvertito delle non eccellenti doti amministrative del successore, aveva inoltre vincolato parte del patrimonio alla costituzione di tre "moltiplici", ovvero tre fondi che avrebbero dovuto fruttare rendite sufficienti per le doti delle discendenti che avessero voluto sposarsi o avessero scelto la vita monacale, al mantenimento dei secondogeniti diretti e di un eventuale pronipote che avesse scelto la carriera ecclesiastica. Lo zio volle infine garantirsi la discendenza, obbligando il G. a prendere in moglie una nobildonna romana, pena la perdita dei diritti.
Liquidate così le pretendenti di Fabriano, il G. si decise a sposare, il 4 giugno 1757, Faustina Capranica, ultimogenita di Camillo. Nonostante la dote di 20.000 scudi, tra le spese del matrimonio e quelle per la ristrutturazione della proprietà, che lo zio aveva lasciato in pessimo stato, il G. dilapidò in brevissimo tempo un'eredità che si favoleggiava strepitosa, guadagnandosi quella fama di bizzarro ed eccentrico personaggio che la vox populi gli ha attribuito.
Impossibilitato ad adempiere gli obblighi testamentari, il G. fece ricorso al pontefice con una dettagliata supplica all'uditore papale che avrebbe avuto esito positivo per il G. solo nel 1761, quando le richieste furono accolte senza riserva: fu annullato il vincolo testamentario relativo alla prelatura (quella parte di eredità, consistente per lo più in gioielli e oggetti preziosi, era stata dal G. rapidamente impegnata o venduta) e il versamento annuo per gli altri due fondi fu sospeso per dieci anni, a decorrere dalla morte dello zio. Il pontefice ritenne infatti che le ultime volontà del testatore fossero da correggere anche per soddisfare i creditori, che reclamavano una somma di circa 14.000 scudi, e ordinò il commissariamento di parte dell'eredità, che fu affidata a un amministratore, l'abate G.F. Della Torre.
La causa patrimoniale era ancora di là da venire quando il G., ereditato il titolo nobiliare e i relativi diritti, fu eletto, nel 1758, consigliere capitolino. Poteva essere l'inizio di una brillante carriera municipale, ma i problemi economici furono probabilmente la causa di un allontanamento più che decennale dall'amministrazione capitolina.
Dall'unione con Faustina nacque, nel 1759, Maria Virginia, che avrebbe sposato Augusto Scarlatti e sarebbe stata l'ultima discendente della famiglia, estintasi nel ramo Capranica-del Grillo.
Scontata la lunghissima quarantena, il G. tornò agli onori pubblici nel luglio del 1771, quando fu eletto priore dei caporioni, carica che ricoprì fino alla fine di marzo dell'anno successivo; nell'ottobre del 1773 passò alla più prestigiosa posizione di conservatore di Roma. Il 12 sett. 1774 Clemente XIV fu colto da malore; i due conservatori, C. d'Aste e G. Curti, si affrettarono a richiamare a Roma il G., in villeggiatura a Fabriano, che sarebbe giunto nella capitale solo il giorno 28, quando il pontefice era morto da sei giorni. Si aprì così il lungo e turbolento conclave del 1774, durato oltre cinque mesi.
Nei periodi di sede vacante i conservatori, che erano a capo dell'organo amministrativo di Roma, la Camera capitolina, oltre a regolamentare la vita municipale (rilasciavano l'abilitazione ai notai cittadini, sorvegliavano le fabbriche dei palazzi, di alcuni acquedotti e sovrintendevano alla manutenzione e al presidio delle porte cittadine) erano responsabili del mantenimento dell'ordine pubblico. Il controllo del territorio era sicuramente l'onere maggiore, per ottemperare al quale era prevista la costituzione di una serie di presidi militari, ma la milizia cittadina finiva spesso per essere motivo di disordine, piuttosto che di tutela e sorveglianza e nel 1774 non si fece eccezione.
Il 29 settembre il G. nominò il cognato F. Capranica colonnello dei Corsi e P. Comestabili capitano del ghetto. La scelta era stata evidentemente mossa da ragioni economiche: la tassazione sulla popolazione ebraica era infatti grossa fonte di guadagno. La relazione compilata da G. Curti nel periodo di sede vacante (Roma, Arch. storico Capitolino, Camera Capitolina, cred. XV, t. 25) è documento utile a spiegare il leggendario antisemitismo del marchese del Grillo.
Durante i cinque mesi in cui il conclave rimase riunito, infatti, si registrarono molti reclami da parte dei fattori dell'università degli ebrei, dai quali si deducono i frequenti abusi subiti per mano dei soldati di stanza nel ghetto, il consueto ricorso di questi alle prostitute, le risse originate spesso da debiti di gioco e da ubriachezza. Il G. rispose con una tiepida opposizione, cercando di sfruttare la sua posizione di forza all'interno della Camera Capitolina: da un lato mostrava di voler porre fine alla situazione eccezionale, dall'altra applicava tutto il suo zelo per sollecitare l'università degli ebrei al pagamento del debito verso la Camera Capitolina.
La situazione degenerò rapidamente, toccando l'apice verso la fine dell'anno, quando, la notte del 30 dicembre, disordini costrinsero il G. a rimuovere il caporale F. Zippoli e il capitano del ghetto Comestabili.
I fattori dell'università ritennero di dover ricorrere ai cardinali che svolgevano la funzione di capi d'ordine, ai quali presentarono un memoriale: le gravi accuse furono all'origine della relazione che il G. fu tenuto a redigere per giustificare il suo operato davanti al conclave. Le decisioni prese, che portarono alla sostituzione del Comestabili con persona di fiducia del conservatore C. d'Aste, consentirono il ritorno della situazione alla normalità. Con l'elezione di Pio VI, il 15 febbr. 1775, i conservatori cessarono di essere i referenti dell'università degli ebrei, ma furono mantenuti nelle loro cariche, tanto che il G. restò a capo della Camera Capitolina fino al marzo del 1776: sembra anzi che il suo operato fosse apprezzato dal pontefice, che lo nominò suo cameriere segreto.
Nel frattempo, nel 1774, il G. aveva acquistato una proprietà a Fabriano, dove trascorse gli ultimi anni e dove morì, il 6 genn. 1787. Lasciava l'usufrutto del patrimonio alla moglie e designò erede universale Maria Virginia, dalla quale i beni passarono al lontano parente Giuliano Capranica (che avrebbe sposato Adelaide Ristori), con l'obbligo di assumere il titolo di marchese del Grillo.
Sulla figura del G. fiorì già nel XIX secolo una corona di aneddoti sulla cui autenticità è doveroso dubitare: emersi dall'oralità verso la metà dell'Ottocento, indugiano sul carattere burlesco del G., sul suo antisemitismo, sull'altalenante disposizione alla liberalità e all'avarizia. L'identificazione del personaggio leggendario - la cui fortuna giunse sugli schermi cinematografici grazie all'interpretazione di Alberto Sordi (Il marchese del Grillo di Mario Monicelli) - con il G. rimane dubbia. E tuttavia, anche se è probabile questa identificazione, non è da scartare l'ipotesi che alla formazione della leggenda del marchese del Grillo abbia concorso il sovrapporsi della bizzarria e dell'avarizia dello zio Bernardo con la prodigalità e l'antisemitismo del nipote.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Roma, Notai dell'auditor Sanctissimi, vol. 49, cc. 312-377; Trenta notai capitolini, uffici 12 (1757), cc. 117, 131-132, 165-166, 253; 37 (1765), cc. 471-472; 1774, cc. 163 ss.; Roma, Arch. stor. Capitolino, Camera Capitolina, cred. XIV, t. 163: Diario capitolino; cred. XV, t. 1: Decreti della congregazione, cc. 165, 205, 297, 320, 349, 359, 356; t. 25, c. 126; Archivio Capranica, Pergamene, 80; Fondo Grillo, bb. 1104; 1114, f. 2; 1161: Libro mastro dell'amministrazione da farsi dall'illustrissimo signor abate Gio. Filippo della Torre; 1162: Inventario de' beni ereditarii del marchese Bernardo Grillo; Miscellanee, b. 110, f. 4, lett. B; Biblioteca apost. Vaticana, Ottob. lat., 3119, cc. 96-97; Diario ordinario di Roma, 8278, p. 24 (6 luglio 1771); 8306, p. 13 (5 ott. 1771); 8332, p. 8 (4 genn. 1772); A. Rava, Il marchese del G. e l'origine della sua leggenda, in Roma. Rivista di studi e vita romana, XX (1942), pp. 167-170; P. Romano, Il marchese del G., leggenda e realtà, Roma 1943, pp. 26 s.; M.A. Capranica del Grillo, Il marchese del G.: ma esisteva davvero?, in Roma comune, 1982, n. 10, pp. 55 s.; Id., Tavole genealogiche della famiglia Capranica e del Grillo, Roma 1985, p. 4; P. Romano, Il marchese del G., Roma 1993; L. Desiato, Il marchese del G., Milano 1996; R. Giovagnoli, Il marchese del G.: leggenda romana, Palermo 1997.