One Flew over the Cuckoo's Nest
(USA 1975, Qualcuno volò sul nido del cuculo, colore, 133m), regia: Milos Forman; produzione: Saul Zaentz, Michael Douglas per Fantasy; soggetto: dall'omonimo romanzo di Ken Kesey; sceneggiatura: Bo Goldman, Law-rence Hauben; fotografia: Haskell Wexler; montaggio: Sheldon Kahn, Lynzee Klingman; scenografia: Paul Sylbert; costumi: Agnes Rodgers; musica: Jack Nitzsche.
La routine di una clinica per malattie mentali viene spezzata quando fa il suo ingresso in manette il detenuto McMurphy. Il suo primo impatto è con un gigantesco paziente, un indiano sordomuto. Vicino, stanno giocando a carte altri ricoverati: McMurphy si cala subito nei panni di pifferaio incantatore, stravolgendo le abitudini consolidate. Il colloquio con lo psichiatra chiarisce che McMurphy è mentalmente sanissimo, ma è un ribelle anticonformista da tenere sotto controllo ("Io sarei pazzo perché non sto lì tranquillo come un vegetale..."). Il primo vero contatto con la realtà psichiatrica arriva con una seduta terapeutica di gruppo guidata dalla inflessibile capo infermiera Ratched, durante la quale, sotto lo sguardo soddisfatto della donna, i pazienti sono portati a sbranarsi tra di loro. In cortile, McMurphy tenta un nuovo approccio con l'impenetrabile indiano cercando di insegnargli a giocare a basket. Il primo scontro con l'infermiera si produce quando cerca di abbassare il volume della musica diffusa da un giradischi. La guerra vera e propria esplode in occasione delle finali di baseball trasmesse in televisione. L'uomo chiede di poter rinviare la seduta: la richiesta viene messa ai voti ma, per timore della donna, solo in tre alzano il braccio. Più tardi McMurphy ci riprova: tutti i 'picchiatelli' del suo gruppo alzano la mano, ma l'infermiera non dà il permesso sostenendo che manca un voto e non è stata raggiunta la maggioranza rispetto a tutti i pazienti ospitati in quel reparto. Allora McMurphy tenta l'impossibile e riesce a far alzare il braccio all'indiano. Per l'infermiera, però, il tempo è già scaduto. McMurphy si siede da solo davanti al televisore spento e inizia una telecronaca fantastica della partita, ben presto assecondato dagli altri pazienti. Durante la successiva ora d'aria riesce a scavalcare la rete e a nascondersi sul bus della gita: appena gli altri salgono, si mette alla guida e parte. Al porto il gruppo 'prende in prestito' una barca ed esce in alto mare per una battuta di pesca. I medici si riuniscono a consulto e concordano: "McMurphy non è pazzo, ma pericoloso sì". È la Ratched a convincerli a tenerlo rinchiuso nella clinica. Più tardi McMurphy scopre che la sua permanenza non è a termine, come in un carcere, ma a discrezione proprio dell'infermiera, e si infuria quando si rende conto che tutti gli altri sono lì volontariamente. La tensione esplode: McMurphy colpisce un infermiere e insieme all'indiano viene sottoposto all'elettrochoc. In quella drammatica occasione scopre che l'indiano finge di essere sordomuto. I tempi sono maturi per la fuga. Una notte, corrompe il sorvegliante e fa entrare due donne, complici per la fuga verso il Canada. La finestra è già aperta verso la libertà ma McMurphy perde tempo e invita una delle ragazze ad andare a letto con il giovane e complessato Billy Bibbit. Il mattino gli infermieri trovano tutti ancora lì, addormentati. La Ratched umilia e terrorizza Billy, minacciando di raccontare alla madre quello che ha fatto. Mentre McMurphy sta per fuggire dalla finestra si sente un grido: Billy si è tagliato la gola. L'uomo rinuncia definitivamente alla fuga e cerca di strangolare l'infermiera. È passato del tempo, la routine nel reparto ha ripreso il sopravvento fra partite a carte e musiche diffuse dal giradischi. I 'picchiatelli' favoleggiano di una fuga di McMurphy. In realtà è stato lobotomizzato e una notte viene riportato nel reparto ridotto come una bambola di pezza. L'indiano lo soffoca con un cuscino ("Non ti lascio qui così...ti porto con me"), sfonda una finestra e corre via, finalmente libero.
Uno dei film-manifesto del cinema di ribellione made in USA degli anni Settanta, One Flew over the Cuckoo's Nest rivela filigrane psicologiche e visioni che confermano come il talento del regista ceco Milos Forman (qui alla sua seconda opera in terra americana dopo il caustico e 'generazionale' Taking Off, 1971) non sia mai stato realmente intaccato dall'establishment hollywoodiano e dal potere livellatore delle majors. Il cammino del contestatore Randle Patrick McMurphy all'interno di un'anonima realtà psichiatrica della provincia statunitense, nelle mani di Forman e prima ancora nelle pagine del romanzo ispiratore scritto da Ken Kesey (nome di punta della controcultura americana, compagno di viaggio di Timothy Leary), è soprattutto un percorso interiore. Aiutando i 'picchiatelli' nella presa di coscienza e nella operazione traumatica di liberazione dai cordoni ombelicali (sociali, familiari, psicologici...), McMurphy in realtà aiuta sé stesso a ritrovare quella umanità perduta lungo la strada di una vita sprecata.
Senza mai caricare i toni da cinema manicomiale di denuncia stile 'fossa dei serpenti', l'obiettivo di Forman inquadra una storia di ordinaria follia che potrebbe in realtà svolgersi paradossalmente anche fuori dalle mura dell'istituzione e lontano dalle sbarre e dal filo spinato (illuminante la 'volontarietà' della segregazione per il gruppetto dei meno socialmente pericolosi): perché alla fine il conflitto si circoscrive in un dualismo old style, da ultima frontiera, fra le ragioni del Bene e quelle del Male, ulteriormente divisibili in sottocategorie: fantasia contro rigore, elasticità contro rigidità, creatività contro castrazione. Nel primo gruppo militano, naturalmente, l'outsider McMurphy accompagnato dalla colorita schiera dei pazienti. Nel secondo, l'infermiera kapò che con polso di ferro e sguardo di ghiaccio è incaricata di preservare il valore assoluto della normalità istituzionale. La conquista della libertà, come il cinema americano anni Settanta insegna, comporta dei sacrifici pesanti. Spesso sul tavolo da gioco la posta è la vita stessa. L'annientamento del Ribelle e poi la sua morte pietosa per mano dell'indiano (non a caso il nativo, il primo occupante di una terra americana ancora incontaminata) è il prezzo che viene pagato per la definitiva fuga oltre le sbarre, lontano, di là dal fiume e tra gli alberi.
Al successo straordinario del film, che conquistò cinque Oscar principali (film, regia, sceneggiatura, attori protagonisti), contribuì in maniera determinante la scelta dei volti del cast: un perfetto e solo in rari momenti eccessivo Jack Nicholson (prima di lui il copione finì fra le mani di Steve McQueen che rifiutò il ruolo), una rigorosa Louise Fletcher ma soprattutto un gruppo di sconosciuti caratteristi ‒ i 'picchiatelli', maschere tragicomiche assolute ‒ destinati a diventare famosi: dal balbuziente Billy Bibbit di Brad Dourif all'impacciato Danny DeVito, dall'austero Will Sampson all'imprevedibile Christopher Lloyd.
Interpreti e personaggi: Jack Nicholson (Randle Patrick McMurphy), Louise Fletcher (capo infermiera Mildred Ratched), William Redfield (Harding), Brad Dourif (Billy Bibbit), Danny DeVito (Martini), Christopher Lloyd (Taber), Will Sampson (capo Bromden), Vincent Schiavelli (Frederickson), Sydney Lassick (Cheswick), Scatman Crothers (Turkle), Dean R. Brooks (Dr. Spivey), Michael Berryman (Ellis).
R. Combs, One Flew over the Cuckoo's Nest, in "Sight & Sound", n. 2, Spring 1976.
S. Daney, Réserves, in "Cahiers du cinéma", n. 266-267, mai 1976.
W.F. Van Wert, An Aerial View of the Nest, in "Jump Cut", n. 10-11, Summer 1976.
M. Haskell, Kesey cured Forman's sweet's insanity, in The modern American novel and the movies, a cura di G. Peary, R. Shatzkin, New York 1978.
H. Wexler, One Flew over the Cuckoo's Nest, in "American film", n. 10, September 1979.
P. Vecchi, Appunti sul Forman americano, in "Cineforum", n. 191, gennaio-febbraio 1980.
M. Lefèbvre, Figuration du personnage: l'Indien du cinéma américain, in "Cinémas", n. 1-2, autumn 1990.
J. Zubizarreta, The disparity of point of view in 'One Flew over the Cuckoo's Nest', in "Literature/Film quarterly", n. 1, January 1994.