MORISIO, Omobono
MORISIO, Omobono. – Glossatore, iuris professor e giudice attivo in vari centri padani nella prima metà del secolo XIII.
Nelle fonti compare come Homobono Morisius o Morisiis o anche de Morisio. Al pari di una nutrita schiera di altri giuristi medievali di notevole importanza (da Giovanni Bassiano a Riccardo Malombra), fu originario di Cremona, dove probabilmente nacque negli ultimi anni del XII secolo o nei primissimi del successivo.
Frequentò la locale scuola vescovile di arti e si dedicò poi allo studio del diritto. La cronologia porta a escludere che, già in quei primi anni, possa essere entrato in contatto con Ugolino da Sesso, il quale – secondo una fondata ipotesi – negli anni Settanta o ottanta del XII secolo doveva figurare tra quei giuristi attivi presso l’episcopio cremonese. Sia pure successivi, i legami di Morisio con Ugolino sono comunque certi: il suo insegnamento a Vercelli cadde infatti negli anni in cui Ugolino era vescovo della città piemontese.
Lo stesso Morisio – in una glossa parigina al Digestum vetus (von Savigny, 1850, p. 429) – afferma di aver seguito le lezioni di Alberto da Pavia. Si può ritenere che ciò sia avvenuto poco dopo il 1211 in quella scuola giuridica di Modena dove Alberto insegnò tra il 1211 e il 1240 e che a cavallo fra XII e XIII secolo era in grado di far concorrenza persino all’alma mater bolognese.
Da tale discepolanza derivano anche taluni aneddoti che Morisio riferisce a proposito di Alberto pavese. Allo stesso Alberto, ipotizzando una non difficile confusione delle sigle, potrebbe pure rapportarsi il racconto – che von Savigny (ibid., p. 120) riprende sempre da Morisio e però riferisce alla figura di Alberico di Porta Ravegnana – circa gli argomenti utilizzati da quel giurista per sottrarsi all’accusa di complicità in un omicidio che aveva pubblicamente approvato. In Morisio si è anche voluta trovare notizia di un soggiorno vercellese di Alberto che in quella città avrebbe tenuto delle dispute (Besta, 1895, p. 189). Se fosse possibile riferire tale notizia proprio al giurista di Pavia (è stato giustamente rilevato che potrebbe riferirsi con altrettanta probabilità all’altro maestro di Morisio, Uberto da Bobbio), essa confermerebbe quanto affermato da Guillaume Durand e ripetuto da Tommaso Diplovatazio (Sorrenti, 1999, p. 71; Soffietti, 1992, p. 243).
Forse proprio nella stessa scuola giuridica modenese, Morisio ebbe come maestro anche Uberto da Bobbio: iniziando una quaestio chiama espressamente Uberto «dominus meus» (Sorrenti, 1993, pp. 420, 440; 1999, pp. 19, 94). Tra i suoi insegnanti potrebbero essere stati anche il reggiano Columbus e Lanfranco da Crema: entrambi sono da lui spesso citati e tenuti in gran conto (Martino, 1986, p. 438).
Guido Panciroli lo ha creduto discepolo anche del bolognese Azzone. Pur se la sua deduzione è frutto di un errore (von Savigny, 1850, p. 429; Besta, 1895, pp. 187 s.), l’eventualità che Morisio possa aver tuttavia soggiornato a Bologna e lì ascoltato Azzone dei Presbiteri e Ugolino Presbiteri (Ugolino del Prete) non solo non può escludersi, ma sembrerebbe avvalorata dalle parole del glossatore cremonese (Boháček, 1962, p. 386). In ogni caso, gli interessi e le inclinazioni che Morisio dimostra parrebbero piuttosto avvicinarlo al magistero di Ugolino (di cui, fra l’altro, conservò sino all’ultimo un esemplare degli apparati al Digestum) che non a quello di Azzone.
Sino a non molti anni fa, la principale fonte di notizie circa la sua attività di giurista e di docente era senz’altro il testamento che Morisio dettò in Cremona il 15 luglio 1259 (in L. Astegiano, Codex diplomaticus Cremonae. 715-1334, I, in Historiae patriae monumenta, s. 2, 21, 1895, p. 305; Gualazzini, 1952, p. 141). In quel celebre documento, a redenzione e salvezza della propria anima, Morisio disponeva alcuni legati incaricando dell’esecuzione i frati predicatori di s. Guglielmo in Cremona. Questi ultimi avrebbero dovuto curare la vendita dei suoi libri di diritto e, col ricavato, acquistare una Bibbia per gli studenti della scuola locale. Il denaro residuo si sarebbe quindi dovuto versare, sotto forma di decime, ai vescovi delle città presso le quali egli aveva insegnato. L’ammontare di tali decime avrebbe dovuto essere proporzionale alla permanenza nelle singole sedi e ai salari da lui percepiti. È dunque lo stesso Morisio a elencare scrupolosamente le varie sedi e la durata dei suoi soggiorni. Indagini recenti hanno consentito di precisare le vicende che hanno caratterizzato l’attività di docente di Morisio.
Molto importante si è rivelata la scoperta di due nuovi documenti, redatti rispettivamente il 10 e il 4 settembre 1229 e riguardanti la contrattazione avuta tra Morisio e il Commune civitatis Vercellarum per il versamento di 100 lire pavesi quale compenso per un corso annuale sul Digestum vetus (Soffietti, 1992, p. 241). Così, proprio a partire dall’ottobre 1229, dopo un triennio iniziale di insegnamento a Mantova (da farsi quindi presumibilmente iniziare al 1224-25), Morisio fu tra i primi professori del neonato Studium generale di Vercelli. In particolare, dovette essere uno dei tre docenti di ius civile (diritto romano) previsti da quell’accordo padovano del 1228 che costituisce l’atto fondativo dello Studium vercellese (ibid., p. 242). Vi sono elementi per ritenere che Morisio, in quei primi anni di vita dello Studium, abbia avuto per colleghi il suo maestro, Uberto da Bobbio, quel Giuliano da Sesso nipote, e in quegli anni segretario, del vescovo Ugolino.
A Vercelli – dove Morisio dice di essere stato anche assessor tribunalis – si fermò a insegnare per quattro anni, se non vi furono interruzioni sino al 1233. Sempre secondo il suo testamento, si spostò quindi a Padova, dove ebbe cattedra per un anno. Basandosi sull’inizio dell’insegnamento reggiano e procedendo a ritroso nel rispetto della successione indicata nel testamento, Gualazzini (1943, p. 366) collocò il suo soggiorno nella città veneta nel 1241. In base alle ultime acquisizioni, l’insegnamento padovano di Morisio potrebbe però porsi con altrettanta probabilità in un anno tra il 1234 e il 1241.
Da Padova, Morisio si trasferì a Torino, dove tenne lezioni per un semestre. Ebbe quindi cattedra anche a Modena, per un triennio (quasi certamente tra il 1242-43 e il 1244-45), e a Reggio Emilia, per quasi sei anni tra il 1245 e il 1250 (Gualazzini, 1943, p. 366; 1952, p. 101). Conclusa l’esperienza reggiana, nel 1251 fece finalmente ritorno nella sua Cremona dividendosi tra l’insegnamento, l’attività di consulente, di giudice, come nel 1257 sotto il podestà Leonardo da Setta (Besta, 1895, p. 187) e di curatore degli interessi legali della Curia vescovile.
Morì a Cremona nel 1262. Secondo le disposizioni da lui dettate in un codicillo aggiunto al testamento nel 1261, fu sepolto nella chiesa cremonese di S. Guglielmo, nella quale, ancora nel secolo XVI, era possibile leggere l’epigrafe sepolcrale (Besta, 1895, p. 190; Gualazzini, 1953, p. 373).
Tra i suoi allievi non mancarono personaggi destinati a divenire giuristi di un certo rilievo come Accursio da Reggio, il marsigliese Jean Blanc e, probabilmente, quel Nicola Malombra, padre del più famoso Riccardo. Il più illustre fra i suoi scolari fu però certamente il futuro canonista, e poi cardinale di ostia, Enrico da Susa.
Proprio l’esser stato maestro dell’ostiense ha fatto ipotizzare un periodo di insegnamento di Morisio a Bologna (Besta, 1895, p. 188; Pennington, 1993, p. 758). Poiché Morisio non menziona affatto quella città tra le sedi dove ebbe cattedra, è forse più ragionevole ritenere che il futuro cardinale lo abbia ascoltato a Modena o a Reggio.
Morisio raggiunse una certa fama, a lui sopravvissuta. Diplovatazio, che lo sapeva autore prolifico di lecturae, ne lodava l’eccellenza e l’originalità delle dottrine. Fu un giurista completo: lo studio e l’insegnamento non gli impedirono la frequenza dei tribunali né l’attività di consulente. Anche i suoi interessi scientifici dovettero essere assai variegati. L’opera di Morisio giace però in gran parte inedita e attende di essere studiata compiutamente. I manoscritti ancora restituiscono brani contrassegnati dalle varie sigle a lui attribuite: le più consuete Ho., Hom., Homob. o, più raramente, h., ho.bo. e Homobo. de Mor. (Besta, 1895, p. 186; Martino, 1986, p. 436).
Morisio certamente studiò e commentò i testi del diritto giustinianeo. Relativamente al Codice, Diplovatazio – a sua volta tributario delle citazioni e dei rinvii contenuti nello Speculum di Guillaume Durand – lo dipinse come autore di «lecturas copiosissimas». Il giudizio non parve del tutto condivisibile a von Savigny che però degli sforzi esegetici di Morisio attorno a questa parte della compilazione giustinianea conosceva solo le poche additiones alla Glossa accursiana (Biblioteca apost. Vaticana, Vat. lat. 1428). Oggi è noto un numero assai maggiore di testimoni della sua attività. Se il più prezioso può probabilmente individuarsi nell’importante ms. 688 della Biblioteca universitaria di Padova, a esso vanno aggiunti una dozzina di altri codici (Dolezalek, 1985, p. 921). In quei manoscritti, l’opera di Morisio compare sotto forma di semplici glosse ma anche di additiones ad Accursio e poi lecturae, repetitiones e spesso quaestiones. Si sono inoltre conservate glosse e commenti al Digestum vetus (Paris, Bibliothèque Nationale, Lat. 4458; Seu d’Urgell, Biblioteca capitular, Mss., 2022 [D.2.2.1.2]) e al Digestum novum (Seu d’Urgell, Biblioteca capitular, Mss., 2031). Proprio il Digesto, a ben guardare, parrebbe anzi essere stato uno dei ‘cavalli di battaglia’ del suo magistero. Se già nel testamento, fra i volumi da lui posseduti, sono menzionati un Digestum vetus e un Digestum novum con gli apparati del dominus Ugolino «e con molte glosse e commenti » da lui stesso composti, si può pure ricordare come proprio un corso specificamente dedicato al Digestum vetus avesse motivato la sua chiamata presso lo Studio vercellese. Soprattutto, a spingere in questa direzione è il fatto che la maggior parte delle quaestiones da lui discusse prende spunto da passi del Digesto. Per altro verso, l’interesse di Morisio per questa parte del Corpus iuris potrebbe aver assunto addirittura connotazioni preumanistiche se proprio alla sua penna dovessero ascriversi quelle glosse siglate h. o h. cremonensis che già Theodor Mommsen aveva notato su un codice bambergense dell’Infortiatum e dalle quali, almeno in un caso, emerge indubitabilmente un confronto con il vetusto e celebre manoscritto pisano (Caprioli, 1986, p. 57). I suoi interessi non si limitavano al solo diritto romano, ma spaziavano sino alle fonti canonistiche, il diritto feudale, le consuetudini comunali e il diritto longobardo. Colpisce, in particolare, la dimestichezza con cui tratta le norme statutarie e quelle longobardo-franche. Se delle prime dimostra di conoscere non solo quelle delle città padane ma anche le provenzali (Sorrenti, 1993, pp. 418 s., 421; 1999, pp. 27-29), la competenza sulle seconde è dimostrata sia dalle additiones al testo della Lombarda (Parigi, Bibliothèque Nationale, Lat. 4616; Cortese - D’Amelio, 1999, p. 305) sia dalle quaestiones da lui discusse in materia di quarta e di duello giudiziario presenti nel prezioso manoscritto di Olomouc (Statnì Archiv, C.O.40, cc. 47vb-48ra, 65va-b; in Sorrenti, 1993, pp. 445 s.) e in altri manoscritti (Bologna, Collegio di Spagna, 109, c. 232ra; Firenze, Biblioteca Riccardiana, 744; cfr. Bellomo, 2000, pp. 550-553). La parte più pregevole della sua produzione va riconosciuta proprio nelle numerose quaestiones e distinctiones da lui redatte e conservate in ricche raccolte miscellanee, come quelle dei già ricordati manoscritti di Olomouc e Bologna. In particolare, benché se ne debba respingere la diretta attribuzione a Morisio avanzata da Boháček e ripresa da Weimar, il Tractatus o Libellus quaestionum conservato nel manoscritto di Olomouc tramanda una serie di ben 52 quaestiones recanti la sigla di Morisio e oltre nove che, sia pure indirettamente, riportano comunque il suo insegnamento (Sorrenti, 1999, p. 17).
L’abitudine a trattare le fonti normative procedendo «per punti questionanti» appare in ogni caso una peculiare caratteristica del metodo didattico del giurista cremonese (Sorrenti, 1999, p. 21; Bellomo, 2000, pp. 478-480). Per questo, come per taluni altri aspetti, non sembra sbagliato accostare Morisio al più famoso Odofredo (Besta, 1895, p. 189). La considerazione del metodo e dei contenuti del suo insegnamento consente del resto di inserire a pieno titolo Morisio in quella corrente ‘alternativa’ al magistero accursiano la quale ebbe in Ugolino Presbiteri e in Iacopo Baldovini i più illustri esponenti. Morisio si dimostrò talvolta capace di prese di posizione originali e coraggiose, come in una quaestio a lui attribuita dove non esita ad affermare che la giurisdizione di cui godono i magistrati lombardi durante l’anno del loro mandato è di natura tale che nemmeno l’imperatore potrebbe revocarla.
Fonti e Bibl.: T. Diplovatazio, Liber de claris iuris consultis (1511), a cura di F. Schulz - H. Kantorowicz - G. Rabotti, in Studia Gratiana, X (1968), p. 127; Henrici de Segusio (Cardinalis Hostiensis) Summa Aurea (1574), Torino 1963, V, De novi operis nunciatione, § 11, col. 1697, ll. 17-19; Gulielmi Durandi Speculum iuris, 2, Augustae Taurinorum 1578, c. 166ra; F.K. von Savigny, Geschichte des römischen Rechts im Mittelalter (1850), V, Bad Homburg 1961, pp. 384-386 (tr. it. Roma 1972, pp. 429 s.); Digesta Iustiniani Augusti (editio maior) (1870), a cura di Th. Mommsen, I, Goldbach 2001, p. 817; E. Besta, Per la sigla del glossatore Omobono da Cremona, in Archivio giuridico ‘F. Serafini’, LIV (1895), pp. 185-190; U. Gualazzini, Contributi alla storia della scuola giuridica cremonese nel XII e XIII secolo, in Studi di storia e diritto in onore di Arrigo Solmi, I, Milano 1941, pp. 84-115; Id., Ricerche sulle scuole preuniversitarie, Milano 1943, ad ind.; Id., La scuola giuridica reggiana nel Medio Evo, Milano 1952, ad ind.; Id., Notizie per la biografia di giuristi medievali, in Studi Parmensi, III (1953), pp. 363-378; Id., Un codice giuridico della Biblioteca municipale di Reggio Emilia, in Atti del Congresso … Verona …1948, I, Milano 1953, pp. 373-393; Id., Ancora sulla scuola giuridica reggiana nel Medio Evo, ibid., IV (1954), pp. 361- 383; P. Fiorelli, Accorso da Reggio, in Dizionario biogr. degli Italiani, I, Roma 1960, p. 121; M. Boháček, Le opere delle scuole medievali di diritto nei manoscritti della Biblioteca del Capitolo di Olomouc, in Studia Gratiana, VIII (1962), pp. 384-387; G. Dolezalek, Verzeichnis der Handschriften zum römischen Recht bis 1600, Frankfurt a. M. 1972, ad ind.; P. Weimar, Die legistische Literatur der Glossatorenzeit, in Handbuch der Quellen und Literatur der neueren europäischen Privatrechtsgeschichte, a cura di H. Coing, I, München 1973, pp. 248 s.; P. Marangon, Scuola e università a Padova dal 1221 al 1256. Nuovi documenti, in Quaderni dell’Università di Padova, XII (1979), p. 136; M. Bellomo, Giuristi cremonesi e scuole padovane. Ricerche su Nicola da Cremona, in Studi in onore di Ugo Gualazzini, I, Milano 1981, pp. 81-112; G. Dolezalek, Repertorium manuscriptorum veterum Codicis Iustiniani, Frankfurt a. M. 1985; S. Caprioli, Visite alla Pisana, in Le Pandette di Giustiniano, Firenze 1986, pp. 37-98; F. Martino, Giuristi di scuola e «pratici» del diritto a Reggio e a Padova. Il ms. Olomouc C.O.40, in Quaderni catanesi, XVI (1986), pp. 423-445; D. Maffei, Fra Cremona, Montpellier e Palencia nel secolo XII. Ricerche su Ugolino da Sesso, in Rivista internazionale di diritto comune, I (1990), pp. 9- 30; I. Soffietti, Contributo per la storia dello «studium » di Vercelli nel secolo XIII, in Rivista di storia del diritto italiano, LXV (1992), pp. 241-254; Id., L’insegnamento civilistico nello studio di Vercelli: un problema aperto, in Rivista di storia del diritto italiano, LXVI (1993), pp. 131-147; L. Sorrenti, Due giuristi attivi a Vercelli nel primo Duecento: Omobono da Cremona e Giuliano da Sesso, ibid., pp. 415-449; K. Pennington, Enrico da Susa, in Dizionario biogr. degli Italiani, XLII, Roma 1993, pp. 758-763; I. Soffietti, Lo «Studium» di Vercelli nel XIII secolo alla luce di documenti di recente ritrovamento, ibid., LXVII (1994), pp. 83- 90; E. Cortese - G. D’Amelio, Prime testimonianze manoscritte dell’opera longobardistica di Carlo di Tocco, in Ennio Cortese. Scritti, a cura di I. Birocchi - U. Petronio, I, Spoleto 1999, pp. 297- 320; E. Cortese, Scienza di giudici e scienza di professori tra XII e XIII secolo, ibid., pp. 691-746; L. Sorrenti, Tra scuole e prassi giudiziarie. Giuliano da Sesso e il suo “Libellus quaestionum”, Roma 1999, passim; M. Bellomo, I fatti e il diritto. Tra le certezze e i dubbi dei giuristi medievali (secoli XIII-XIV), Roma 2000, ad indicem.