OMERO (lat. huměrus)
In anatomia umana è l'osso del braccio (v. braccio; osseo sistema).
Chirurgia dell'omero. - Le lesioni traumatiche dell'omero sono frequenti, perché il braccio e la spalla sono assai esposti alle violenze esterne. Esse sono principalmente le fratture e le lussazioni.
Le fratture dell'omero occupano il 3° o il 4° posto nella scala di frequenza delle fratture di tutte le ossa e, secondo la statistica di Bruns, rappresentano circa il 7% delle fratture dello scheletro.
Si avverano ordinariamente per effetto di traumi diretti, vale a dire per urti, percosse che colpiscono direttamente il braccio o la spalla, o per cadute sul braccio, specialmente quando si urta contro lo spigolo di un gradino, o un sasso, o una rotaia; più di rado per traumi indiretti, quali cadute sulla mano o movimenti violenti, come nel lanciare un sasso o maneggiare utensili pesanti, o vibrare un colpo a vuoto, o schioccare la frusta o giocare a tennis.
Possono interessare la diafisi dell'osso, o l'estremo superiore (fratture del collo chirurgico, delle tuberosità, del collo anatomico e della testa dell'omero: queste ultime due varietà sono intraarticolari) o l'estremo inferiore (frattura della troclea o del condilo o degli epicondili o fratture a y: e sono fratture articolari del gomito). In ogni caso dànno dolori vivi e persistenti, tumefazione del braccio o della spalla o del gomito, ecchimosi più o meno estese, e assoluta incapacità di muovere l'arto. Lo spostamento dei frammenti suole essere piuttosto notevole, specialmente nelle fratture delle diafisi, dovute alle contrazioni dei muscoli, quindi la riduzione spesso incontra difficoltà e la contenzione non riesce perfetta. Ciò può essere cagione di guarigione imperfetta con callo deforme o con incompleto saldamento (callo fibroso) e talora anche pseudo-artrosi. La cura consiste nella buona riduzione e nell'immobilizzazione con speciali apparecchi di sostegno, o ferule, come quella a triangolo di Middeldorpf; ma preferibili sono gli apparecchi a trazione continua sul gomito flesso ad angolo retto. Una complicazione frequente nelle fratture della diafisi omerale è la paralisi della mano caratteristica in flessione, dovuta alla lesione del nervo radiale, che scorre lungo l'omero in immediato contatto con l'osso, descrivendogli intorno una lunga spirale (nervo spirale). Questa paralisi può essere immediata o primaria se il nervo viene interrotto al momento della lesione, o essere secondaria e comparire dopo alcune settimane, se il cordone nervoso resta compresso ed impigliato nel callo osseo.
Le lussazioni dell'omero sono assai comuni, essendo infatti le più frequenti fra tutte le lussazioni (v.) dello scheletro.
Le malattie infiammatorie dell'omero, sia acute sia croniche, sono anche di osservazione comune. L'osteomielite acuta infettiva nei giovani individui colpisce più di frequente l'estremo superiore della diafisi: decorre con sintomi imponenti locali e generali ed è causa di necrosi diafisaria più o meno estesa e talvolta totale. L'osteomielite specifica tubercolare, o carie, colpisce di solito il tessuto spongioso delle epifisi e delle tuberosità, e ordinariamente si diffonde alle articolazioni della spalla o del gomito. Anche i neoplasmi dell'osso (osteomi, encondromi e osteosarcomi) non sono troppo rari, specialmente nell'estremo superiore.
Il chirurgo può essere indotto a praticare interventi operativi sull'omero per la cura di fratture o di postumi di queste. Quando non sia possibile l'esatta riduzione e contenzione dei frammenti, si pratica la sutura ossea con filo metallico, o l'inchiodamento dei frammenti con uno o più chiodini di acciaio, ciò è indicato specialmente nel distacco della tuberosità. Quando vi sia callo deforme con saldamento angolare o con accavallamento dei frammenti, si praticherà l'osteotomia e la sutura metallica. Come pure in caso di mancato consolidamento di una frattura diafisaria e di pseudo-artrosi, se non si è ottenuto risultato dal massaggio e dalle cure fisiche, si dovrà ricorrere alla sutura metallica e alla sintesi mediante una placchetta metallica fissata ai due frammenti con chiodini o viti. Quando vi sia lesione del nervo radiale e paralisi della mano si eseguirà la sutura dei due capi del nervo reciso (nevrorrafia), o quando vi sia compressione del nervo nel callo osseo e nevralgia o paralisi secondaria, si farà l'incisione del callo con lo scalpello e si procederà all'isolamento del cordone nervoso (nevrolisi) che si cercherà di proteggere avvolgendolo in un lembo di aponevrosi o di tessuto muscolare. Nell'osteomielite acuta infettiva della diafisi omerale si deve intervenire nel primo periodo incidendo profondamente i tessuti, fino all'osso per dar esito al pus raccolto sotto il periostio, e nel far ciò si cerchi di evitare di ledere il nervo radiale, o anche aprendo con lo scalpello il canale midollare. In periodo avanzato poi, quando è già avvenuta la necrosi diafisaria e si è organizzata sufficientemente la teca ossea periostale (cassa da morto) incidere largamente questa ed estrarre il sequestro (sequestrotomia). Nelle forme di osteomielite cronica tubercolare o delle epifisi, delle tuberosità o degli epicondili, si procederà, quando occorre, al raschiamento dei focolai di carie o a resezioni atipiche varie secondo i casi. Nel caso di neoplasma, si dovrà intervenire asportandolo, e, se è di natura maligna, resecando un largo tratto dell'osso. Finalmente l'amputazione del braccio, che il chirurgo è purtroppo costretto a eseguire in caso di gravi e irreparabili lesioni o malattie dell'arto, si pratica di solito con lembo circolare, o laterale esterno, verso la metà del braccio, o anche più in alto, verso il terzo superiore, sempre però al di sotto dell'inserzione del muscolo deltoide.