VECCHI, Omero
(Luciano Folgore). – Nacque a Roma il 18 giugno 1888, in via Madonna dei Monti 75, da Aristide, impiegato di origine emiliana, e da Maria Crema, piemontese, i quali ebbero dopo di lui altri cinque figli, due maschi e tre femmine.
Si dedicò alla poesia fin dalla giovinezza, durante gli studi di ragioneria presso l’istituto tecnico di Roma, dove si diplomò nel 1907. Lettore appassionato di Goethe, Antonio Fogazzaro, Ada Negri, Gabriele D’Annunzio, Heinrich Heine, utilizzò nelle sue prime prove vari pseudonimi: Aramis, Albano Albani, Fiore di Loto, Esopino, Remo Vecchio (anagramma del vero nome), Cerbero (durante alcune serate futuriste), Er Moro de li Monti ed Esopone. Con il nome di Aramis, redasse alcuni componimenti tra il 1903 e il 1905: tra questi vi è un acrostico dal titolo Carlotta, dedicato alla futura moglie, Carla Giannarelli, che sposò nel 1910. Pubblicò la sua prima opera di versi, Hora prima (Guastalla 1908) e venne assunto come volontario di ragioneria presso l’intendenza di Finanza a Roma. Nel 1909, dopo aver conosciuto l’anno precedente Filippo Tommaso Marinetti, aderì al futurismo. A questo periodo risale anche la scelta dello pseudonimo, Luciano Folgore, che rinvia evidentemente a elementi legati alla poetica del movimento.
Frutto di tale adesione furono: Fiammeggiando l’Aurora. Versi (Roma 1910, ancora con la firma di Omero Vecchi); Il canto dei motori, per le Edizioni futuriste di Poesia (Milano 1912); Ponti sull’Oceano. Versi liberi (lirismo sintetico) e parole in libertà (Milano 1914, sempre per le Edizioni futuriste di Poesia e con la copertina disegnata dall’architetto Antonio Sant’Elia). Nel 1919 pubblicò, a Roma, Città veloce. Lirismo sintetico e la raccolta di novelle umoristiche Crepapelle: risate.
Tra il 1909 e il 1911 entrò a far parte del gruppo di poeti futuristi romani insieme con Libero Altomare, Auro d’Alba e il calabrese Giuseppe Carrieri. Ponti sull’oceano segnò il passaggio dalle prime prove ancora immature e non ben definite alla fase del ‘lirismo sintetico’ che rende ancora oggi lo scrittore una tra le figure più significative e attive dell’esperienza futurista, nonostante la sua posizione rispetto alla guida marinettiana fosse nella maggior parte dei casi sui generis e, nel complesso, più moderata.
Il «“lirismo sintetico” di Folgore procedeva spesso per catalogazione di cose con un metodo simile al montaggio cinematografico, in cui prendeva corpo una poetica degli oggetti profondamente legata alla visualità» (C. Salaris, Introduzione, in Ead., 1997, p. 28). Apprezzato da Giuseppe De Robertis e Francesco Flora (Luciano Folgore, in Id., Dal romanticismo al futurismo, Piacenza 1921), che lo definì «artista panico», «un creatore d’immagini liriche dalla informe materia in libertà, uno spirito che foggia una realtà di lirica pura» (p. 200) venne invece duramente attaccato da Giovanni Boine. Nel 1912 fu inserito nell’Antologia dei poeti futuristi e, l’anno successivo, nel manifesto Lirismo sintetico e sensazione fisica, dove indicò i principi della sua poetica, in linea con quella futurista: «È necessario saltare di stupore in stupore, poiché l’unica aspirazione dello spirito futurista, che regolerà certamente l’umanità futura, sarà il desiderio del nuovo, del mai veduto» (L. Folgore, Dinamica futurista, cit., in Salaris, 1997, p. 173).
Nel 1913 entrò nella redazione del giornale Il Travaso delle idee e cominciò a collaborare a La Tribuna illustrata di Roma, dove con lo pseudonimo Esopino firmò la rubrica Musa vagabonda destinata a durare a lungo, e a La Voce, che accolse suoi contributi fino al 1916. Sul finire del 1913 uscì l’Almanacco purgativo 1914 di Lacerba, dove sono presenti numerosi testi folgoriani. Nel 1914 cambiò indirizzo trasferendosi da via Montebello 34 a via Cimarosa 1.
L’anno successivo firmò un contratto di collaborazione con Ettore Petrolini, al quale cedette ogni diritto della rivista Petrolineide, firmata con lo pseudonimo di Esopino.
Folgore «attuando una sorta di spettacolarizzazione del circus mundi della modernità [...] superava di fatto i limiti della polemica e della satira con cui il futurismo attaccava il mondo della cultura italiana» (cfr. G. Lista, Petrolini e i futuristi, Salerno 1981, p. 35). Così molti, recensendo l’opera – tra cui Bruno Corra in L’Italia futurista – vi leggevano anche una risposta ‘problematica’ al contesto bellico dell’epoca, facendo notare come la posizione di Folgore fosse non completamente coincidente con l’impeto futurista.
Nello stesso anno, collaborò alla rivista Vela latina e a La Ruota, diretta da Anton Giulio Bragaglia e, l’anno successivo a La Diana. Tra il 1916 e il 1917 curò l’uscita del mensile Avanscoperta, diretto da Ettore Marchionni. Sulla rivista francese Sic di Pierre Albert-Birot pubblicò suoi contributi nel 1916 e nel 1917. In questi anni e nel periodo successivo collaborò a La folgore futurista, La Revista, La Scalata, La Marina, Il Tempo di Roma diretto da Filippo Naldi, L’Italia futurista, La Ghirba, Il Montello, Noi, Atys, Dinamo, Cronache d’attualità, Messaggero della domenica di Roma, Roma futurista, Poesia, La Rassegna internazionale, La Ciurma, L’Azione e L’Idea nazionale, Il Popolo romano. Nel 1917, fu dichiarato inabile ai servizi di guerra dopo alcuni mesi in attesa di congedo e venne così assegnato al gruppo batterie antiaeree. Nel novembre del 1918 fu insignito di un riconoscimento per il servizio prestato da sottotenente nella piazza marittima di Venezia.
Nel 1920 la sua opera Rose di carta venne rappresentata presso il teatro Argentina di Roma, con scenografia e costumi di Enrico Prampolini. A questo periodo risale il suo allontanamento dal futurismo anche se, come dichiarò lui stesso, non fu mai completo e, nel corso degli anni Venti, conobbe molti ritorni.
Nel 1922 divenne uno dei personaggi fondamentali del Travaso, al quale collaborava già da tempo e nell’ambito del quale venne elaborandosi un’importante parte della sua riflessione sul rapporto tra ironia e umorismo: «In quegli anni Folgore diventava lo specialista della strofetta “maltusiana”, quartina di ottonari con l’ultimo verso troncato in modo irregolare per ottenere un effetto burlesco» (C. Salaris, Introduzione, in Ead., 1997, p. 67). Nel 1922 morì prematuramente la moglie Carla. In questo periodo iniziò a collaborare a L’Ambrosiano (1925-26) e a La Tribuna, Il Tevere, Il Popolo di Roma, Il Libro (giornale della Brigata degli Indiavolati che si riuniva a Roma, negli anni Venti, nel Cabaret di Diavolo di Gino Gori), La Stampa (1927-28), Nuova Antologia (1926-29), Oggi e domani (1930), Scampoli (1930), L’Almanacco degli artisti.
La produzione lirica successiva alla fase futurista, raccolta in Liriche (Foligno 1930), è più tradizionale ed è segnata da una scrittura nella quale prevale il ruolo di narratore e scrittore di teatro, di umorista, favolista e scrittore di poesie per ragazzi oltre che parodista di poeti e prosatori contemporanei. Note, infatti, le sue parodie: Poeti controluce (Foligno 1922 e successive edizioni); Poeti allo specchio (Foligno 1926); Novellieri allo specchio; parodie di D’Annunzio e altri (Milano 1935).
Più diffusamente si vedano: Musa vagabonda (Foligno 1927), Il libro degli epigrammi (Roma 1932, Milano 1955), Favolette e strambotti (Milano 1934); Poesie scelte. Parodie, liriche, favole, epigrammi (Milano 1940); Mamma, voglio l’arcobaleno. Poesie per bambini, grandi e piccini (Roma 1947); L’albero di Natale, poesie illustrate da Mario Pompei (Milano 1955) e Il libro delle favole (Milano 1956). Scrisse anche novelle (Nuda ma dipinta: panorami e novelle, Foligno 1924; Mia cugina la luna, Roma 1926), romanzi (La città dei girasoli, Milano 1924; La trappola colorata: romanzo extra-giallo umoristico, Milano 1934, nuova ed., a cura di E. Paccagnini, Palermo 2004), e alcuni testi per il teatro, tra cui Graffa, l’impermeabile (1923), il ‘divertimento in un atto’, Allegria (in Il Dramma, XVI (1940), 322, pp. 26-29), le commedie Un matto in pericolo (1941) e Piovuta dal cielo (1941), rappresentata al teatro Valle di Roma il 1° aprile con la regia di Pietro Sciarof; nonché, su Film nel 1943, una parodia della Commedia dantesca, intitolata La «Commedia del divismo».
Dal 1931 al 1935, collaborò alla sezione umoristica, intitolata Fuorisacco, della Gazzetta del popolo e, dal 1932, a Futurismo. Successivamente anche a Il Giornale italiano, al Marc’Aurelio e al Giornale parlato per il popolo, diretto da Maria Luisa Fiumi, al Radiocorriere e, negli anni Cinquanta, a Stampa sera e al Corriere dei piccoli.
Pubblicò Le strade del Signore. Raccolta di massime, pensieri, immagini, similitudini (Roma 1945) e, nel 1951, tradusse e curò la riduzione dell’opera teatrale Il gran teatro del mondo di Pedro Calderón de la Barca (per la regia di Pietro Masserano Taricco). Nel 1946, si legò a Valentina Scalzi che divenne poi sua moglie nel 1962.
Nel 1960, pubblicò i libri per ragazzi È arrivato un bastimento... (Torino) e Stelle di carta d’argento (Torino), cui seguì Il libro delle parodie (Milano 1965), che riunisce Poeti controluce e Poeti allo specchio con l’inserimento di nuovi testi parodici.
Lavorò anche per la radio – si ricordino la rubrica Il quarto d’ora umoristico inaugurata nel 1925 e la conversazione tenuta nel 1935 dal titolo L’umorismo di chi se ne va e la malinconia di chi rimane, e anche una serie di programmi per ragazzi tra cui Capitan Matamoro, Il segretario dei piccoli, Radiolilliput e Pinocchio – e per la televisione. La sua vita trascorse prevalentemente a Roma, dove ricoprì un incarico per un lungo periodo presso il ministero di Grazia e Giustizia, alla direzione del Fondo per il Culto.
Morì a Roma, il 24 maggio 1966, mentre stava lavorando a Il libro delle liriche che avrebbe dovuto completare il ciclo formato da Il libro degli epigrammi, Il libro delle favole e Il libro delle parodie.
Fonti e Bibl.: Un Fondo dedicato a Folgore è conservato in Roma, presso l’Archivio del Novecento dell’Università degli studi La Sapienza: la documentazione, composta per la maggior parte da corrispondenza, testimonia il ruolo della produzione di Folgore nell’ambito culturale e letterario italiano e internazionale. Tra i centri archivistici che conservano carte o lettere dello scrittore si ricordino l’Archivio C. Salaris e il Paul Getty Center for the History of Art and the Humanities (Getty Foundation, Santa Monica, Cal.).
Per la bibliografia critica v. in particolare C. Salaris, Luciano Folgore e le avanguardie. Con lettere e inediti futuristi, Firenze 1997 (dal quale sono state tratte gran parte delle notizie biobibliografiche e dove sono stati pubblicati tre manoscritti inediti di Folgore e alcune lettere conservate presso il Fondo citato). Sul Folgore parodico cfr. S. Magni, Les parodies de Luciano Folgore, jadis poète futuriste, in Cahiers d’Études romanes, XXIV (2011), pp. 91-113. Si vedano, inoltre: M.C. Papini, Luciano Folgore, in Letteratura italiana, IV, I contemporanei, a cura di G. Grana, Milano 1974, pp. 169-184; Luciano Folgore, in Poeti italiani del Novecento, a cura di P.V. Mengaldo, Milano 1978, pp. 235-248; G. Manacorda, Luciano Folgore, in Studi romani, XXIX (1981), 3-4, pp. 354-371; L. Folgore - F.T. Marinetti, Carteggio futurista, a cura di F. Muzzioli, Roma 1987; G. Manacorda, Lettere Prezzolini - Folgore, in Gradiva, IV (1987), 1, pp. 11-19; A.M. Nerucci, Luciano Folgore, poeta futurista: “Il canto dei motori”, in Cristallo, XXXIV (1992), 1, pp. 63-78; A. Carli, Lo specchio convesso di Luciano Folgore, Introduzione a L. Folgore, La pioggia sul cappello. Parodie, Genova 2007, pp. 7-22; N. Bonazzi, Un “riso bonario e gustoso”: le parodie di Luciano Folgore, in Griseldaonline, 2008, vol. 7, pp. 1-11; P. Rigo, «Parole in libertà»: processi metaforici nel Folgore futurista, in I cantieri dell’italianistica. Ricerca, didattica e organizzazione agli inizi del XXI secolo, a cura di B. Alfonzetti - G. Baldassarri - F. Tomasi, Roma 2014, pp. 1-10.