Vedi OLYMPOS dell'anno: 1963 - 1963 - 1996
OLYMPOS (Ὄλυμπος)
Città situata a O del golfo di Antalya, tra Phaselis e il Capo Gelidonya, alle pendici meridionali del monte chiamato Çirali-Yanartaş, molto probabilmente, come la vicina Phaselis, luogo di un antico insediamento. Le fonti antiche e le iscrizioni, così come i ritrovamenti di superficie (non si sono ancora effettuati scavi sistematici) allo stato attuale non ci consentono però di far risalire la storia di O. più indietro del II sec. a.C. Stando a un'affermazione di Artemidoro tramandataci da Strabone (XIV, 665), O. entrò a far parte della Lega Licia e immediatamente venne rappresentata da tre voti, il che dimostra che doveva essere una città antica e forte sotto tutti i punti di vista. Anche Cicerone (Verr., 1, 56) afferma che O. era una città antica «et omnibus rebus auctam et ornatam». Eutropio la definisce «urbs clarissima» e Strabone (XIV, 666) «πόλις μεγάλη».
Secondo Strabone (XIV, 671), la costa e il sito fortificato che sorgeva sulla montagna a S di O. erano stati a lungo utilizzati, nel corso del I sec. a.C., come base operativa da un pirata di nome Zeniketes, motivo per cui la città venne radiata dalla Lega Licia; nel 78 a.C., dopo la vittoria di P. Servilius Isauricus Vatia su Zeniketes e la messa al bando della pirateria, essa ritornò a farne parte una seconda volta.
Dopo aver migliorato le sue relazioni con Roma, la città si sviluppò assai rapidamente nella seconda metà del II sec. d.C. e per un certo periodo, successivo alla seconda visita di Adriano in Licia, cambiò il suo nome in Hadrianopolis. Dalle iscrizioni apposte sul monumento di opramoas di Rhodiapolis sappiamo che la città aveva subito gravi danneggiamenti e che questo personaggio le aveva elargito una sovvenzione di 10.000 denari, oltre ad aver organizzato a O. giochi in onore di Efesto.
A seguito del terremoto del 5 agosto del 240 d.C., che arrecò gravi danni alle città della Licia, l'imperatore Gordiano III conferì loro il diritto di battere moneta per compensare in tale modo i danni che avevano subito.
Nella seconda metà del III sec. d.C. e soprattutto nel IV, a causa del riaccendersi della pirateria e della debolezza dei proprî governanti, numerose città licie persero d'importanza. Contemporaneamente la diffusione del cristianesimo e in particolare la persecuzione dei suoi seguaci all'epoca di Diocleziano furono causa di una crescita del malcontento e determinarono la fuga dei cristiani in località di difficile accesso.
Ritroviamo il nome di O., rappresentata nel concilio di Calcedonia del 458, nella lettera attribuita a Leone così come nelle Notitiae Episcopatum (I, III, VIII, IX). È evidente, a giudicare dallo stato dei resti e dalla mancanza del suo nome nelle fonti scritte, che la città, così come Phaselis, venne abbandonata in conseguenza delle sempre più frequenti invasioni degli Arabi nel VII secolo. A partire dal IX sec. essa divenne a sua volta una base veneziana.
Metodio (300 d.C.) ci informa che la città era celebre per la produzione dello zafferano oltre che per una fiamma di gas naturale che ai suoi tempi doveva essere assai grande e brillante.
I resti archeologici di O. si dispongono ai due lati di una valle profonda, attraversata da un piccolo corso d'acqua che scorre verso il mare con andamento O-E. La necropoli ha inizio a partire dall'estremità meridionale della vallata; quasi tutte le tombe erano disposte su una sola fila. Con copertura a volta, esse presentavano sopra alla porta, che in genere era di marmo, un architrave con iscrizione.
Avvicinandosi alla città, si può notare che i due lati del fiumiciattolo erano stati sistemati a mo' di banchine, per consentire la discesa all'acqua e alle imbarcazioni. Per unire le due sponde del fiume, sistemato come un canale collegato col mare, era stato costruito anche un ponte, di cui resta, in buono stato di conservazione, il pilone centrale a due arcate.
A Ν del corso d'acqua è ancora ben conservata la porta monumentale di un edificio, in passato considerato un tempio, eretto all'epoca di Marco Aurelio. Proprio di fronte alla porta si trovano i resti di un teatro con caratteristiche tipiche dell'età romana, simile a quello di Phaselis o di Myra per la scena e per le pàrodoi con copertura a volta che immettono nell'orchestra.
A E del teatro i soli edifici visibili e riconoscibili sono un'agorà realizzata in età pre-bizantina, i resti di una basilica e di un grande edificio termale che si ricollega a una terma marittima.
Nel punto in cui il corso d'acqua sfocia nel mare, è possibile intravedere alcune tombe rupestri di stile licio. Qui, sulla roccia, rimangono anche resti, circondati da muri di fortificazione, molto probabilmente identificabili con l'acropoli della città. Tali mura, costruite con pietre di piccolo taglio legate con malta, vennero utilizzate come cittadella dai Veneziani. Resti di strutture dello stesso tipo sono riconoscibili anche a S del corso d'acqua, nella zona più protetta della città che serviva anticamente da base a Zeniketes.
Bibl.: O. Treuber, Geschichte der Lykier, Stoccarda 1887; W. Ruge, in RE, XVIII, ι, 1939, c. 315 ss., s.v.; D. Magie, Roman Rule in Asia Minor, Princeton 195o; F. Stark, Alexander's Path from Caria to Cïlicia, Londra 1958; H. von Aulock (ed.), SNG, Deutschland, 1o. Sammlung von Aulock, Berlino 1964, nn. 4374-4378, tav. Cxliii; G. E. Bean, Turkey's Southern Shore. An Archaeological Guide, Londra 1968, pp. 165-173; id., Lycian Turkey. An Archaeological Guide, Londra 1978; C. Bayburtluoglu, Lykia, Ankara 1981, pp. 2o-21.
(C. Bayburtluoğlu)