DAUPHIN (Dolfin), Olivier
Figlio di Louis, nacque intorno al 1634 a Troyes, in Francia, come si rileva dall'atto di morte. Ancor giovanissimo, raggiunse in Italia jean Boulanger, allievo di G. Reni, attivo, dal 1643 al 1655, alla decorazione pittorica della residenza estense in Sassuolo; manca ogni documentazione circa una parentela del D. con Boulanger, che nella storiografia locale italiana è indicato come suo zio. Non risulta avesse rapporti di parentela con il contemporaneo pittore lorenese Charles Dauphin.
Il primo intervento artistico dei D. pare individuabile nell'opera prestata per otto mesi consecutivi, senza riceverne compenso alcuno, alla realizzazione delle Storie di Bacco nella galleria di quel palazzo estense nel 1651: tanto si apprende da una sua lettera, senza data, rivolta al duca Francesco I, primo documento della sua attività (Pirondini, 1969, p. 18). Convincente è quindi l'ipotesi (Pirondini, 1969-1983) che sottrae all'appena diciassettenne pittore la paternità, pur tradizionalmente ascrittagli, delle vedute paesaggisti.che di tali Storie, e che configura l'apporto non retribuito del D. come quello di apprendista, sotto la guida del già celebre Boulanger, circoscrivendolo di conseguenza ai più agevoli brani, quali le campiture dei fondali di cielo nella teoria dei finti arazzi. In una lettera da Sassuolo dell'11 luglio 1669 (Campori, 1855) il D. annunciava al conte di Novellara l'invio di due quadri desunti dalle Storie di Bacco del ßoulanger, identificabili in un Trionfo di Sileno e in un Sileno e le tre nutrici di Bacco, ora presso il palazzo di Sassuolo (cfr. Ghidiglia Quintavalle, 1967 e Pirondini, 1983).
Ancora nell'ambito del fecondo cantiere sassolese il D. eseguì la serranda dei camino nella camera della Musica, raffigurandovi la Contesa tra Apollo e Marsia, ora dispersa, come dispersa risulta la tela della Resa di Mortara, già nella camera di Fetonte, alternativamente ascritta dalle fonti ora al D. ora al Boulanger, ma forse prodotto di una collaborazione tra i due.
Entrato al servizio di Alfonso IV d'Este nel giugno del 1659, il D. coadiuvò il Boulanger in varie commissioni successive all'impresa sassolese; di rilievo la decorazione condotta, tra il 1658 e il 1660, in sodalizio con Giovan Giacomo Monti e Baldassarre Bianchi, nella villa ducale delle Pentetorri presso Modena (distrutta nel 1944), dove forse spettava al D. la placca al centro della volta nella sala di Esculapio (cfr. presso il Museo civico di Modena, nell'album fotografico Orlandini, l'unica testimonianza iconografica dell'affresco). Il legame professionale e affettivo coi Boulanger trova conferma nel testamento del Boulanger stesso (1660), in cui il D. viene nominato erede universale (Pirondini, 1969, p. 95 n. 1).
Ritenendo di non ricevere la dovuta ricompensa per la realizzazione di alcuni disegni (Venturi, 1883) il D. chiese ed ottenne licenza dalla corte il 10luglio 1661, e si trovò poi impegnato a fronteggiare una fitta richiesta di opere devozionali.
Si ricordano così una Visitazione e un S. Giovanni che rimprovera Erode per l'oratorio superiore della Confraternita-di S. Giovanni o della Buona Morte, un S. Filippo Neri per la chiesa dei serviti di S. Salvatore, l'affrescatura della cupola in S. Teresa delle carmelitane con la Gloria di s. Teresa e di s. Giovanni della Croce, una Addolorata con Cristo morto, la Maddalena e s. Giovanni per la chiesa delle monache di S. Eufemia, una S. Maddalena de' Pazzi adorante il Redentore in gloria, con s. Apollonia a cui un angelo addita il martirio per S. Biagio del Carmine, un S. Pietro d'Alcantara sollevato dagli angeli per la parrocchiale di S. Margherita, le SS. Apollonia e Lucia e tutta gloria d'angeli a contorno di una miracolosa immagine della Vergine nel coro del tempio di S. Agata, un'Estasi di s. Giovanni della Croce collocata nel 1710 presso la chiesa della Beata Vergine del Paradiso, trasferita, nel 1808, nella parrocchiale di S. Barnaba e ora nell'oratorio dei cappuccini, una nutrita serie di dipinti per la chiesa delle monache della Madonna, comprendente un S. Agostino, una S. Monaca e cinque quadretti nella volta della cappella maggiore, ovvero la Beata Vergine deposta nel sepolcro, Re Davide e altro santo, la Trinità, S. Giuseppe in gloria e il Transito della Madonna (il Davide e il S. Giuseppe sono stati rintracciati nei depositi della chiesa di S. Biagio).
Dell'imponente mole di opere indirizzate a luoghi di culto cittadini, andate m gran parte disperse, rimane del D., presso la chiesa di S. Carlo, l'ancona con S. Francesco di Sales, S. Antonio da Padova e S. Vincenzo martire con la Madonna e il Bambino in gloria, tela presumibilmente ordinata dall'arte della seta che a quell'altare celebrava le sue funzioni (Campori, 1878; Solis 1979).
Traspaiono, da tale saggio pittorico di ambiziosa complessità compositiva, segnali indubbi circa l'influenza boulangeriana sul lessico stilistico del Dauphin. Chiara è la derivazione dalla pala del Boulanger raffigurante la Madonna coi Bambino in gloria e sei santi (Sassuolo, chiesa di S. Giorgio), da cui viene mediata la struttura, discesa a sua volta al Boulanger dagli esempi del Reni, sui due sovrapposti livelli; livelli che si rinvengono poi similmente raccordati, sulla scorta delle esperienze maturate sul barocco romano, nel dialogo di atteggiamenti e di sguardi che lega tra loro i personaggi, e questo, nell'interpretazione del D., non senza punte d'enfasi gestuale ed espressiva. Ancora affinità tra le due ancone si ravvisano nella tipologia delle figure, come in particolare si palesa nella Vergine, desunta in maniera quasi pedissequa dalla tela del maestro, e nel discorso luministico, nell'esemplare boulangeriano unificante e diffusa luce neoveneta, nella versione dell'allievo partito chiaroscurale senz'altro più netto e indurito. Tutto ciò in un procedimento che vede l'offuscarsi delle eleganze formali come dello spessore emotivo dei maestro, rimanendo a livello di trascrizione di poco più che mere formule e stilemi.
Ancora per committenza conventuale è l'inedito episodio della stesura di un "disegno per dipingere la cupola" di S. Vincenzo, tempio dei teatini, consegnato l'8 marzo 1670 (Archivio di Stato di Modena, Arch. dei padri Teatini, Soppress. napoleon., Libro dei capitoli, 1655-1750, c. 25v), cupola che consta esser stata affrescata. l'anno successivo, da Sebastiano Sansoni e da Tommaso Costa. Nel 1673 il D. compare nuovamente in Sassuolo a dipingere la tela a copertura del Crocifisso nella chiesa di S. Francesco, dipendente dal palazzo ducale, su commissione della Confraternita del Crocifisso (tela non più esistente, soggetto non specificato: cfr. Pirondini, 1983).
Sul finire dell'anno seguente egli terminò l'ancona in sostituzione di un analogo quadro del Boulanger, distrutto nel corso di un incendio nel 1670 (Pirondini, 1969, p. 67), per il santuario della Beata Vergine di Fiorano, con S. Nicola di Bari e S. Nicolò da Tolentino a cui un angelo addita il cielo.
Il D. ribadiscé qui la dipendenza dai modi del maestro, anche per la probabile derivazione dell'opera dal perduto esemplare boulangeriano; eloquente in tal senso è l'inserto della balaustrata, tema consueto nell'iconografia del Boulanger, a scandire l'addentrarsi sino al lontano paesaggio della dimensione spaziale. Si ravvisa, al tempo stesso, e più marcatamente nella figura dei santo vescovo, un diretto influsso dal "verismo" del Guercino, i cui alti modelli erano presenti in numero cospicuo in territorio modenese. Altri saggi superstiti sono la pala con i SS. Antonio Abate e Francesco Saverio nella parrocchiale di Formigine, con palesi affinità con i modi veneti di S. Caula (Garuti, 1986, p. 124) e la tela con la Madonna del Carmine e i ss. Antonio da Padova e Caterina d'Alessandria, nella parrocchiale di Casalgrande (ibid., p. 125).
Tra gli incarichi di corte, il D. compì per la duchessa Laura Martinozzi vari soggetti sacri da collocarsi nel tempio e nel convento della Visitazione in Modena (Righi, 1979) e ancora partecipò alla grandiosa impresa della decorazione nel soffitto della chiesa modenese di S. Agostino, Pantheon estense, affiancandosi a Sigismondo Caula, Francesco Stringa, Giovanni Peruzzini, Giovan Giacomo Monti e Baldassarre Bianchi, in particolare attendendo al riquadro con S. Contardo d'Este benedetto dall'angelo custode, dalle fonti lodato per il "bellissimo paese" sullo sfondo (Lazarelli, 1714). Si ricordano inoltre gli affreschi in due soffitti nel palazzo vescovile di Reggio Emilia con Abacucportatodaun angelo in volo ed Elia sul carro di fuoco (Pirondini, 1985, p. 14) e una volta con un'Allegoria in un palazzo di Sassuolo (piazza Garibaldi, lato ovest).
Vanno senz'altro dissociati dal nome del D. i due splendidi ritratti equestri dei principi Luigi e Borsod'Este (Sassuolo,palazzo ducale), ascritti a lui in un antico inventario (Inventario..., 1692-94), e questo in considerazione dell'alto livello qualitativo degli elaborati, probabilmente da ricongiungersi a una personalità artistica di cultura oltremontana, se non francese.
Godette, il D., grande fama soprattutto come incisore; l'Orlandi (1704) lo ricorda unicamente perché "con grande maestria pubblicò all'acquaforte"; Malvasia (1678) cita varie acqueforti tratte da dipinti della Gall. Estense, tra i quali la serie dei quattro ovali dei Carracci, Galatea, Flora, Venere e Plutone, e la Deposizione e la Sacra Famiglia di Annibale; ricavò inoltre frequenti stampe da opere del Boulanger, come i sedici "scudi" della galleria di Bacco a Sassuolo, incisi in altrettante tavole ovali dedicate al duca di Modena, la Sacra Famiglia presso la chiesa di S. Francesco in Sassuolo e un Riposo dalla fuga in Egitto che fu detto "notabile... per franchezza di maneggio e accuratezza di disegno" (Campori, 1882).
Il D. morì in Sassuolo il 21 nov. 1683.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Modena, Archivio per Materie, Arti Belle, Pittori, cassetta 14/2 (sub vocibus Dolfini e Dofen); Ibid., Invent. di tutto quello che si trova nel ducale palazzo di Sassuolo [nis., 1692-1694], Fabbriche e villeggiature, b. 14; C. C. Malvasia, Felsina pittrice [1678], I, Bologna 1841, ad Ind.; P. A. Orlandi, Abecedario pittorico. Bologna 1704, p. 299 (Dolfin Oliviero); M. A. Lazarelli, Pitture delle chiese di Modena [1714], a cura di O. Baracchi Giovanardi, Modena 1982, ad Ind.; G. F. Pagani, Le Pitture e sculture di Modena, Modena 1770, pp. 17, 24, 27, 43, 50; G. Fabrizi, Sposizione delle pitture in muro del ducale Palazzo della nobil terra di Sassuolo. Modena 1784, pp. 157 s.; P-J. Mariette, Abecedario..., II,Paris 1853-54, p. 114; G. Campori, Gli artisti ital. e stranieri negli Stati estensi, Modena 1855, pp. 177 s.; Id., Storia del collegio S. Carlo in Modena, Modena 1878, p. 54; Id., Gl'intagliatori di stampe e gli Estensi, Modena 1882, p. 82; A. Venturi, La R. Galleria Estense di Modena, Modena 1883, p. 278; C. Malmusi, La Beata Vergine di Fiorano Modena 1885, p. 15; A. Venturi, Affreschi nella Delizia estense di Sassuolo, in L'Arte, XX (1917), p. 74; S. Bonetti, Il patrimonio stor. artistico della Congregazione di carità in Modena, Modena 1920, p. 17; G. Bucciardi, Fiorano dalle origini al 1859, Modena 1934, p. 183; A. Ghidiglia Quintavalle, Arte in Emilia (catal.), III, ModenaMilano 1967, p. 106, schede nn. 83 s.; M. Pirondini, G. Boulanger, Modena 1969, pp. 3 20, 22, 28, 38 ss., 67, 70, 75 s., 80, 85; G. Soli: Chiese di Modena, a cura di G. Bertuzzi, Modena 1974, 1, pp. 14, 44, 106, 115, 198, 444; 11, pp. 169 s., 294. 383; 111, pp. 28 s., 268, 321; L. Righi, Note su Jan van Gelder, pittore fiammingo alla corte estense, in Atti e mem. d. Deputazione di storia Patria per le antiche prov. modenesi, s. 11, I (1979), p. 149; G. Soli, La chiesa di S. Carlo del Castellaro in Modena, ibid., p. 331; A. Lugli, Erudiz. e Pittura alla corte estense: il caso di S. Caula (1637-1724), in Prospettiva, 1980, n. 21, pp. 60, 70 n. 5, 71 nn. 6 s., 72 n. 9; M. Pirondini, in Ducale palazzo di Sassuolo, Genova 1983, ad Ind.; M. Pirondini, in La pala di Sassuolo (catal.), Modena 1985, pp. 13 ss., 17, n. 21; A. Garuti, in L'arte degli Estensi. La pittura del Seicento e Settecento a Modena e Reggio (catal.), Modena 1986, pp. 123 ss.; L'arte degli Estensi. Itinerario in Modena e provincia, a cura di G. Guandalini, Modena 1986, pp. 3, 5 s., 19 ss.; U. Thieine-F. Becker, Künstlerlexikon, VIII, p. 439.