MORATO, Olimpia Fulvia
MORATO (Morata), Olimpia Fulvia. – Primogenita di Fulvio Pellegrino Morato e di Lucrezia Gozi, nacque a Ferrara fra la fine del 1526 e il principio del 1527.
Dopo un periodo trascorso a Vicenza, dove la famiglia si era trasferita nel 1532, fece ritorno nella città natale nel 1539, entrando a far parte l’anno successivo della corte estense come damigella al servizio delle figlie di Ercole II e di Renata di Francia. Qui, già istruita dal padre, grazie alla scuola femminile promossa dalla duchessa sotto la guida dell’umanista tedesco Kilian Senf (1506-63) ebbe la possibilità di studiare grammatica, retorica, geografia, le lingue classiche, ma soprattutto di approfondire la conoscenza dell’Antico e Nuovo Testamento con l’aiuto di sussidi e commentari, anche di provenienza eterodossa, acquistati in quegli anni espressamente per l’educazione delle fanciulle di corte. Tra il 1540 e il 1548 visse così un intenso periodo di operosità intellettuale e di scambio di rapporti amicali, affettivi, culturali e religiosi, in un ambiente aperto alle influenze della Riforma protestante, come era quello dell’entourage della duchessa, una piccola cellula protestante dove si dava rifugio a personaggi dalle idee eterodosse, si leggeva e si studiava la Bibbia, si celebrava la Cena alla maniera riformata. «Puella supra sexum ingeniosa» la definì Lilio Gregorio Giraldi nei suoi Dialogi duo de poetis nostrorum temporum esaltando le rare capacità intellettuali e la cultura della giovane donna (1999, p. 234).
La sua prima prova letteraria a corte fu, nel 1540-41, la composizione di una Defensio pro Cicerone, andata perduta. Precedenti al 1542 sono anche i tre Proemi a un commento dei Paradoxa stoicorum di Cicerone e di poco successiva la Laus Q. Mutii Scevolae. Di datazione meno certa sono invece le traduzioni latine delle prime due novelle del Decameron di Boccaccio, risalenti probabilmente al 1543-45. Otto carmi, cinque latini e tre greci (uno di questi redatto in occasione della morte di Pietro Bembo) furono composti dopo il 1540.
Nel 1548, in seguito alla malattia e alla morte del pa........dre, i rapporti con la corte estense si raffreddarono a causa di alcune non ben precisate maldicenze. L’allontanamento fu causato non solo dal nuovo clima di controllo inaugurato dal duca Ercole II ma anche da un vero e proprio mutamento interiore di Morato nei confronti della vita cortigiana, che la portò a dedicarsi a uno studio più individuale e autonomo, incentrato su argomenti religiosi e biblici piuttosto che finalizzato all’esibizione di un’erudizione classica fine a se stessa.
Fra la fine del 1549 e il principio del 1550 sposò il medico tedesco Andreas Grunthler (1518-55), il quale pochi mesi dopo fece ritorno in Germania, poiché per lui, così come per gli altri stranieri fino ad allora ospiti a Ferrara, non era possibile accettare il clima di crescente intolleranza religiosa, culminato con l’impiccagione e il rogo del fornaio Fanino Fanini (22 agosto 1550), evento che segnò l’inizio della disfatta dell’influenza di Renata di Francia a corte. Nei mesi di lontananza del marito, Morato compose il dialogo latino Lavinia Ruverensis Ursina et Olympia Morata colloquntuur, che vede come sua interlocutrice l’amica Lavinia Della Rovere (1521- 1601) ed è fonte preziosa per i numerosi spunti autobiografici e come testimonianza del sorgere di una nuova coscienza a seguito alle esperienze dolorose vissute. Dopo avere trovato una sistemazione adeguata a Kaufberen, nei pressi di Augusta (come medico di famiglia del consigliere del re Ferdinando di Boemia Ungheria, Georg Hörmann), Grunthler tornò in Italia a prendere la moglie. Il 12 giugno 1550 i coniugi giunsero in Germania insieme con il fratello più piccolo di lei, Emilio; forse già nell’estate 1551 si spostarono a Schweinfurt, libera città imperiale.
In questi anni Morato si dedicò totalmente allo studio della Bibbia (tradusse in greco sei Salmi, che il marito poi mise in musica) e della teologia, motivi principali per cui ella stessa affermava di essersi convinta ad abbandonare l’Italia. Si occupò anche dell’educazione di Theodora, figlia di Johannes Senf (Sinapius), che venne inviata a Schweinfurt nel 1552. Fu un periodo di entusiasmo per la nuova libertà intellettuale vissuta pienamente in un ambiente che suscitò in Morato stupore e ammirazione, nonché di intensi rapporti epistolari sia con gli affetti rimasti in Italia sia con alcuni dei maggiori teologi protestanti del tempo, come Mattia Flacio Illirico (al quale chiese di tradurre in italiano alcune opere di Martin Lutero da inviare in Italia), Pietro Paolo Vergerio, Filippo Melantone e Joachim Camerarius.
Nel dialogo Teophila et Philotima colloquuntur (Opera omnia, Basilea, P. Perna, 1580, pp. 42-52), composto nel 1551, approfondì ulteriormente il tema del passaggio dal vecchio, rappresentato dalla pena di Filotima, che rimpiange una vita vissuta con serenità vicino ai propri familiari, al nuovo, in cui le mortificazioni e i dolori possono essere accettati attraverso la speranza cristiana e la forza della fede che aiuta in tutte le prove.
La raccolta delle epistole (in volgare e in latino), curata post mortem dall’amico Celio Secondo Curione, rappresenta un documento di inestimabile valore per comprendere il viaggio concreto e spirituale compiuto dalla giovane umanista. Alla prima edizione, che presenta solo 14 delle 50 lettere (Basilea, P. Perna, 1558) ne seguirono altre due (edite ancora a Basilea da P. Perna nel 1562 e 1570, quest’ultima ristampata nel 1580), arricchite e ampliate nel contenuto grazie a un attento lavoro di recupero. I temi dell’epistolario spaziano dalla dignità femminile, alla fuga religionis causa, all’elogio della vera Chiesa martirizzata (con implicita condanna del nicodemismo), alla necessità della predicazione della veritas insita nel Vangelo, all’Anticristo, la cui figura è identificata non solo con il papa ma anche con tutti coloro che ne imitano la malvagità in altri luoghi d’Europa. Le lettere inviate in Italia ad amici e familiari rappresentano un vero e proprio sermo theologicus, in cui la sapienza stilistica modellata sull’eloquenza ciceroniana si coniuga con la struttura del discorso omiletico secondo lo schema agostiniano (insegnamento dottrinale, edificazione, parenesi). Dall’epistolario emerge così un nuovo modello femminile di responsabilità, che Morato incarna con orgoglio e profonda convinzione, certa della bontà della propria scelta religiosa e dell’abbandono volontario di una vita di lusso e ricchezza in nome della libertà di coscienza.
Nel 1553 la situazione di Schweinfurt divenne molto pericolosa a motivo delle guerre che devastavano la Germania. Attaccata dalle truppe di Alberto Alcibiade, duca di Brandeburgo-Kulmbach, e in seguito da quelle dei vescovi di Bamberga, Würzburg e Norimberga, la città subì un devastante incendio nel quale andarono persi tutti i beni della famiglia, compresa la biblioteca di Morato e i suoi scritti originali. Insieme con il marito fuggì, rifugiandosi in un primo momento ad Hamelburg, da dove furono cacciati, e nel 1554 a Heidelberg, dove il marito ottenne la cattedra di medicina presso l’Università. Fu probabilmente nel corso di queste tragiche vicende che Morato si ammalò di tubercolosi, malattia che minò la sua salute fino a condurla alla morte il 26 ottobre del 1555 a Heidelberg.
Fu seppellita nella chiesa di S. Pietro; nello stesso sepolcro la raggiunsero poco dopo il marito e il fratello, uccisi dalla peste che dilagava in città.
In edizioni critiche moderne sono disponibili: Opere, a cura di L. Caretti, Ferrara 1954 (I, Epistolae; II, Orationes, Dialogi et Carmina); Briefe, a cura di R. Köbling et al., Leipzig 1991; Olympia Morata. The complete writings of an Italian heretic, a cura di H.N. Parker, Chicago 2003.
Fonti e Bibl.: L.G. Giraldi, Dialogi duo de poetis nostrorum temporum, a cura di C. Pandolfi, Ferrara 1999, p. 234; J. Bonnet, Vie d’Olympia Morata. Episode de la Renaissance et de Réforme en Italie, Paris 1850; G. Weiss-Stälin, Per una biografia di O. M, in Miscellanea di studi in memoria di Cesare Bolognesi, a cura di L. Puttin, Schio 1976, pp. 79-107; M. Cignoni, Il pensiero di O. M. nell’ambito della Riforma protestante, in Atti dell’Accademia delle scienze di Ferrara, LXLXI (1982-84), pp. 191-204; N. Holzberg, Olympia Morata und die Anfänge des Griechischen an der Universität Heidelberg, in Heidelberger Jahrbücher, XXXI (1987), pp. 77-93; R.H. Bainton, Donne della Riforma, I, Torino 1992, pp. 307-324; D. Pirovano, Le edizioni cinquecentine degli scritti di O.F. M., in Le varie fila. Studi di letteratura italiana in onore di Emilio Bigi, a cura di F. Danelon et al., Milano 1997, pp. 96- 111; Olympia Fulvia Morata. Stationen ihres Lebens: Ferrara-Schweinfurt-Heidelberg. Katalog zur Ausstellung im Universitätsmuseum Heidelberg 1998, Ubstadt-Weiher 1998; D. Pirovano, Olimpia Morata e la traduzione latina delle prime due novelle del Decameron, in Annali della facoltà di lettere e filosofia dell’Università di Milano, LI (1998), pp. 73-109; F. Daenens, Olimpia Morata. Storie parallele, in Le donne delle minoranze, a cura di C. Honess et al., Torino 1999, pp. 101-112; C. Franceschini, La Corte di Renata di Francia (1526-1560), in Storia di Ferrara. Il Rinascimento. Situazioni e personaggi, VI, Ferrara 2000, pp. 198-201; S. Peyronel Rambaldi, Olimpia Morata e Celio Secondo Curione: un dialogo dell’umanesimo cristiano, in La formazione storica dell’alterità. Studi di storia della tolleranza nell’età moderna offerti a Antonio Rotondò, I, Firenze 2001, pp. 93-133; L. Saracco, «E le vostre figlie profeteranno»: vocazione alla parola e riflessione teologica nell’epistolario di O.F. Morata (1526- 1555), in Rivista di storia e letteratura religiosa, XL (2004), pp. 333-349; A. Dörner, Vom Selbstbild zum Vorbild: Olympia Fulvia Morata und die Konstruktion eines protestantischen Frauenmodells im 16. Jahrhundert, in Vorbild- Inbild-Abbild. Religiöse Lebensmodelle in geschlechtergeschichtlicher Perspektive, a cura di P. Burschel et al., Freiburg i.B. 2003, pp. 53-81; Olimpia Morata: cultura umanistica e Riforma protestante tra Ferrara e l’Europa, Atti del Convegno, Ferrara, Palazzo Bonacossi, 18-20 novembre 2004, a cura di G. Fragnito et al., in Schifanoia. Notizie dell’istituto di studi rinascimentali di Ferrara, 2005, 28-29, pp. 131-354.