OLIGOFRENIA
Il termine oligofrenia (dal greco ὀλίγος "poco" e ϕρήν ϕρενός, "mente"), o deficienza mentale, è usato per indicare uno sviluppo mentale inferiore alla norma, presente alla nascita o nella prima infanzia e caratterizzato soprattutto da una intelligenza limitata (W. Mayer-Gross). Tale definizione, apparentemente così semplice, nasconde però ancor oggi molte impostazioni dottrinarie diverse e numerosi problemi non risolti, da cui deriva una molteplicità di termini che descrivono lo stesso fenomeno, condizionati in parte da una preoccupazione eufemistica, che porta confusione sul piano scientifico e non è - in definitiva - apprezzabile nemmeno sul piano sociale: in pochi argomenti, infatti, più che in questo occorre parlare con la massima chiarezza, sostituendo ad un fallace ottimismo passivo l'attiva soddisfazione di contribuire all'azione di recupero, anche parziale. Sarà pertanto utile iniziare la trattazione con alcune brevi considerazioni semantiche.
Il termine frenastenia (XVI, p. 59) è tuttora usato ampiamente in Italia come sinonimo di oligofrenia, ma se ne propone giustamente l'abbandono, per uniformarsi ad una terminologia internazionale e perché esso può essere confuso con il concetto assai diverso di "psicastenia". Inoltre esso, tradotto in linguaggio comune, significa debolezza mentale, termine che è invece usato spesso per distinguere i gradi più lievi di deficit intellettuale. Conviene infine segnalare che di recente gli esperti dell'O. M. S. hanno proposto di unificare la terminologia sotto il concetto di insufficienza mentale.
Ciò premesso e fermo restando quanto altrove (v. deficiente, XII, p. 481) è stato già detto in termini che tuttora possono essere considerati validi, verranno in questa sede illustrati i progressi che nell'ultimo trentennio si sono ottenuti anche in questo campo, parallelamente al notevole sviluppo che in tale periodo ha raggiunto la neuropsichiatria infantile (v. psicopatologia dell'età evolutiva, in questa App.).
Lo studio delle o., infatti, affidato un tempo prevalentemente ai medici generici e agli educatori, è oggi uno dei compiti più impegnativi dello psichiatra dell'infanzia, che porta in esso la sua tecnica di esplorazione del fanciullo come personalità globale nel suo divenire e vi applica soprattutto l'accostamento pluriprofessionale (équipes di psichiatri, psicologi, pedagogisti, assistenti sociali) con il quale egli è abituato ad affrontare tutti i suoi problemi.
Agli psicologi poi, come opportunamente osserva il Mayer-Gross, si devono alcuni dei più importanti progressi recenti nello studio degli aspetti genetici della deficienza mentale. Essi infatti (da Ch. E. Spearman a R. L. Thorndike, fino ai contributi fondamentali di Fraser-Roberts), studiando campioni della popolazione con i reattivi di efficienza intellettuale, hanno dimostrato che l'intelligenza si distribuisce lungo una scala continua di variazioni nella cui parte inferiore stanno le variazioni patologiche, cioè con modalità analoghe a quelle di un'altra caratteristica individuale a trasmissione ereditaria, quale è la statura. Va però osservato che l'intelligenza, rappresenta l'effetto combinato di un gran numero di geni e di influenze ambientali.
La maggior parte dei deficit intellettuali nella parte più alta della scala di distribuzione, sono dovuti a variazioni normali; le variazioni patologiche, che possono disturbare a tutti i livelli l'andamento della scala, si raccolgono essenzialmente ai livelli più bassi.
Da questi risultati ricavano maggior luce le più semplici dicotomie di oligofrenia cerebropatica e biopatica (S. De Sanctis), organica e sub-culturale (E. O. Lewis), assoluta e relativa (L. Kanner). Quest'ultima definizione di Kanner aggiunge però al criterio del grado di deficienza mentale il concetto del successo sociale, per cui l'o. assoluta sarebbe tale in ogni ambiente, mentre la relativa potrebbe non compromettere l'adattamemo del soggetto in un ambiente sociale meno complicato (già il Bleuler aveva però da tempo delineato questa categoria sotto il termine di Verhältnissblödsinn). Il termine "relativo" viene usato con significato diverso dal Rosanoff, per indicare l'eventualità che di due gemelli uniovulari ed allevati insieme, anche intellettualmente iperdotati, l'uno, per l'influenza ritardante di una lesione cerebrale anche minima, presenti un Q. I. inferiore all'altro.
Da quanto abbiamo detto e dallo studio del diagramma di Benda si giunge dunque alla conclusione che il fenomeno della deficienza mentale trova le sue cause nei casi più gravi (Q. I. sotto 55), essenzialmente in lesioni cerebrali (v. encefalopatie, in questa App.), e nei più lievi (Q. I. tra 55 e 85) prevalentemente in minus varianti genetiche.
Quanto possa influire in questo quadro - che fin qui appare squisitamente biologico - l'effetto negativo di un ambiente inadeguato nei primi anni di vita, non è ancora stato chiaramente dimostrato, malgrado la ricchissima letteratura sull'influenza dell'eredità e dell'ambiente. È evidente, d'altra parte, che non è possibile sottoporre sperimentalmente un fanciullo a totale carenza di stimoli ambientali; in questo senso esiste però una osservazione del Maxwell (riportata da Zingg): una bambina allevata da parenti crudeli in condizioni di estremo isolamento fino all'età di sei anni e trovata muta e con arti inferiori atrofici, si riprese rapidamente con cure mediche e pedagogiche, fino ad apparire normale. Da un'altra esperienza di Dennis Wayne, condotta su due gemelle dalla nascita a 15 mesi, si rilevò la comparsa "autogena" di numerrisi schemi di reazione, salvo il linguaggio.
Molti casi di fanciulli "allevati" da animali, raccolti con diligenza da Zingg, sono in gran parte leggendarî (anche se Linneo ne fece la base della sua sotto-specie" homo ferus") e non vi è alcuna dimostrazione scientifica che non si trattasse comunque di idioti abbandonati nelle selve e ritrovati presso tane di animali: vanno compresi tra questi anche le famose "fanciulle-lupo" Amala e Kamala ed il fanciullo selvatico dell'Aveyron, che impegnò a lungo l'entusiasmo pedagogico del dott. Itard. Questi ultimi due esempî tuttavia, al di là della discussa origine del loro deficit mentale, hanno assunto un notevole valore sul piano ortopedagogico. Così la o. da estremo isolamento (ingl. isolation amentia), che Tredgold ammette nel suo trattato fino all'ultima edizione del 1956, va accolta con ogni riserva.
È invece ampiamente dimostrato che la carenza di stimoli ambientali nei primi anni di vita (bambini senza famiglia allevati in brefotrofî od in ambienti affettivamente male integrati) può determinare un ritardo mentale che non supera però il grado della ottusità e non discende mai al disotto delle minus-varianti genetiche, lasciando quindi un dubbio circa la probabile debolezza mentale di almeno uno degli ignoti genitori. In questo campo tuttavia, dei ritardi mentali di origine ambientale e psicogena, legati all'"istituzionalismo" od "ospedalismo" è stata raccolta negli ultimi anni una documentazione veramente imponente, dopo i contributi fondamentali di W. Goldfarb, R. A. Spitz e J. Bowlby. Ma tale tipo di ritardo, ancor più che dalla carenza di stimoli, deriverebbe dalla mancanza dell'affetto materno, alla quale il piccolo bambino reagirebbe con gravi squilibrî psicosomatici, con una perdita degli schemi psicomotorî già acquisiti e - se non si intervenga a tempo - con esito in spiccate anomalie della personalità di tipo psicopatico.
Ritorna qui il problema dei rapporti e della influenza reciproca tra intelligenza e carattere, senza aver superato la distinzione già proposta da S. De Sanctis (e oggi ripetuta anche da Mayer-Gross) tra debolezza mentale e instabilità, variamente distribuite negli individui, anche in rapporto alla maggiore difficoltà di un soddisfacente "saldamento ideo-affettivo" e tenendo conto delle situazioni ambientali e delle reazioni dei soggetti stessi alla loro minorazione.
Talvolta poi l'insufficienza mentale è l'espressione di un globale ritardo dello sviluppo somato-psichico, che si accompagna ad immaturità della sfera emotivo-affettiva, la quale può rimanere tale anche nell'età adulta, quando il deficit intellettuale non sia più rilevabile. Questo è stato descritto fin dai primordî della psichiatria moderna (Laségue, De Sanctis) con il nome di infantilismo psichico.
Un altro rapporto assai dibattuto è quello tra deficit intellettuale e disturbi del comportamento di tipo antisociale (delinquenza), risolto dagli autori in senso ora positivo, ora negativo. È stato però notato che se la tendenza a delinquere è relativamente frequente in deboli di mente non educati, essa diminuisce assai in coloro che han fruito di una azione ortopedagogica. Anche in questo caso dunque la delinquenza non sarebbe legata al substrato biologico, ma all'abbandono educativo, che per gli oligofrenici è particolarmente frequente.
Tutta la categoria dei ritardi mentali legati ad influenze negative dell'ambiente (dall'ospedalismo al pauperismo, dalle dissociazione familiare alle malattie fisiche esaurienti e prolungate, dai deficit motorî e sensoriali alle caratteropatie), quando naturalmente tali situazioni stressanti non abbiano facilitato processi organici cerebrali, si riassume nel concetto dei falsi anormali psichici di De Sanctis, ma rientra tuttavia nella concezione più moderna della insufficienza mentale, che non si rivolge alle cause, ma allo stato attuale di inadeguatezza dell'intelligenza.
Trattamento dell'oligofrenia. - Tale problema è inquadrato nel concetto che la o. non è una malattia, anche se spesso ne costituisce l'esito lontano, a meno che gli esiti della remota cerebropatia non si accompagnino alla epilessia od a quegli stati di permanente agitazione psicomotoria che esigono allora la somministrazione dei farmaci adeguati. Ma si tratta in generale dei casi più gravi, fortunatamente i meno frequenti, per i quali anche sono stati proposti, con varia fortuna, interventi neurochirurgici. Le terapie ormoniche tireo-ipofisarie sono indicate solamente quando esistano componenti disendocrine, i farmaci anabolizzanti, stimolanti o sedativi trovano le loro indicazioni caso per caso e così l'acido glutammico, la cui indubbia azione coadiuvante è risultata assai meno decisiva di quanto non si sperasse. Si cita infine il trattamento dietetico "protettivo" per la o. fenilpiruvica e forse per altre forme di o. su base dismetabolica. Ma dove invece lo psichiatra dell'infanzia può fare moltissimo è nello stabilire le direttive del programma di recupero in ogni caso di insufficienza mentale, dopo le prime due fasi della diagnosi etiologica e della assai più importante indagine sul quadro somato-psichico attuale, esplorando a fondo, sul piano neurofisiologico e psicologico, i deficit e le capacità esistenti o passibili di ulteriore sviluppo, anche per compensare o sostituire le facoltà mancanti. Tutto ciò avverrà, naturalmente, attraverso un lavoro in équipe con lo psicologo e con l'assistente sociale, il quale avrà il compito di portare al vaglio della diagnosi ed allo schema del trattamento il contributo fondamentale dello studio dei fattori ambientali.
A tutti i livelli della insufficienza mentale non vi sono casi irrecuperabili, ma gradi diversi di recuperabilità, nel senso della conquista di schemi di rapporto interpersonale dai più semplici, come l'autonomia nelle funzioni vegetative, ai più complessi, che restituiscono l'individuo al consorzio sociale, come membro attivo e indipendente.
Questo appassionante programma di attività lo psichiatra dovrà presentare ai genitori ansiosi piuttosto che ingannevoli ricette dilatorie o la conservazione del pregiudizio che "lo sviluppo" (inteso come la crisi puberale e non, correttamente in questo caso, come quel processo evolutivo continuo che ogni giorno può condurre a qualche miglioramento) risolva miracolosamente il troppo intricato problema.
Ma un tale programma può essere realizzato soltanto attraverso l'opera di tecnici specializzati: ortopedagogisti della scuola, del lavoro, del cosiddetto "tempo libero" nelle scuole speciali e negli istituti medico-psicopedagogici; prassiterapisti (detti anche con brutto neologismo terapisti "occupazionali") e fisioterapisti con particolare preparazione reflessologica nelle istituzioni che si dedichino ai minorati neuropsichici gravi.
Il problema delle "Scuole per deficienti" (v. XII, p. 482) si pone ancor oggi quasi come trent'anni fa. Le idee di S. De Sanctis sono state sviluppate sul piano medico (Vidoni, Carlo De Sanctis) e sul piano pedagogico (Cervellati, Rovigatti); alcune nuove istituzioni sono sorte, ma esse sono assolutamente insufficienti ad accogliere il numero notevole di fanciulli mentalmente ritardati che restano abbandonati a se stessi o rimangono per anni sugli ultimi banchi delle prime classi elementari.
Non esiste ancora nel nostro Paese una statistica sull'insufficienza mentale, come furono fatte in Inghilterra, su larga scala, nel 1904 e nel 1924-27 da Commissioni Reali di esperti ed in Francia da Heuyer nel 1950. L'unico lodevole esempio in Italia, sebbene su scala ridotta, è l'indagine condotta di recente sulla popolazione scolastica della provincia di Milano, dalla quale è risultata la presenza del 4,5% di fanciulli mentalmente insufficienti, che sale al 6% se si considerano anche i soggetti con disturbi del comportamento.
Carlo De Sanctis, insistendo ancora una volta sull'importanza sociale del problema, osservava di recente che, applicando all'Italia le statistiche inglesi, per 50 milioni di abitanti vi sarebbero almeno 400.000 fanciulli bisognosi di assistenza per irregolarità psichiche. Il problema deve dunque imporsi alla pubblica opinione per la sua mole attuale e per le ripercussioni future sull'andamento lavorativo e sociale e sulla formazione di nuovi nuclei familiari da parte di un numero così cospicuo di soggetti che possono essere recuperati attraverso l'opera medico-psico-pedagogica.
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