OLDRADO da Ponte
OLDRADO da Ponte. – Nacque a Lodi, probabilmente intorno al 1270, da Guido, forse un miles, di famiglia non nobile, ma annoverata tra le più antiche della città.
In assenza di ogni notizia in merito, il dato cronologico può essere dedotto dalla circostanza che risultava già dottore intorno gli anni Novanta del Duecento, allorché dunque aveva completato gli studi giuridici.
Il percorso di formazione universitaria, conclusosi con il conseguimento della laurea in utroque iure, dovette avvenire a Bologna, dove seguì le lezioni di Dino del Mugello. Poco plausibile è invece la notizia, tramandata da Diplovatazio (1968, p. 251) sulla scorta di un passo di Baldo degli Ubaldi, di un suo rapporto di discepolato con Jacopo d’Arena, che non pare aver mai insegnato a Bologna. Secondo alcune fonti, sulle quali si è però espresso qualche dubbio (Conetti, 2010, p. 107), Oldrado si trovò ad avviare la propria carriera professionale assistendo come consigliere giuridico i cardinali Giacomo e Pietro Colonna, nella controversia che li opponeva al pontefice Bonifacio VIII. Il dato emergerebbe da una citazione papale redatta il 4 maggio 1297, nella quale figurerebbe tra i testi, peraltro con il nome erroneamente trascritto di «Olerado de Laude», indicato come appartenente alla familia di Pietro Colonna (Dupuy, 1655, p. 33). Più affidabili le indicazioni per gli anni immediatamente seguenti: Oldrado compare con il ruolo di teste rogante, qualificato con il titolo di legum doctor, in alcuni atti pubblici e privati di area lodigiana del 1299. Nel medesimo periodo svolse pure alcuni delicati incarichi come ambasciatore della sua città.
Ai primi del Trecento, a Bologna, ottenne la carica di assessore del capitano del Popolo, il suo concittadino Arnolfo Fissiraga, e qui probabilmente avviò al contempo l’attività di insegnamento. Circa gli sviluppi della sua carriera accademica, però, le notizie risultano nuovamente poco precise: l’indicazione di alcuni antichi biografi, che lo vorrebbero docente a Siena, non trova riscontro. Certo è invece che, almeno dal 1305, venne chiamato come professore di diritto civile a Padova, dove rimase alcuni anni e dove ebbe quale collega, tra gli altri, il grande canonista Giovanni d’Andrea, cui si deve la menzione di quaestiones pubblicamente disputate insieme. Suoi allievi furono Alberico da Rosciate e Guglielmo da Pastrengo – che espressamente lo ricordano come maestro – e forse Bartolo da Sassoferrato.
Agli anni patavini risalgono probabilmente alcune sue opere, strettamente legate all’insegnamento. Sarebbe infatti autore di una Lectura al Codice, non conservatasi tuttavia nella sua interezza. Vi si aggiungono Additiones alla Glossa e ad altri testi, civilistici e canonistici, giunte sparse in vari manoscritti, nonché distinctiones e repetitiones, del tutto coerenti con l’attività didattica. All’ambiente universitario si ricollegano pure alcune interessanti quaestiones disputatae, nelle quali Oldrado elaborò talora soluzioni giuridiche originali, accolte e seguite dalla dottrina. La loro conoscenza si deve a colleghi e allievi, e specialmente ad Alberico da Rosciate, che le cita profusamente. Qualcuna venne pure inserita in raccolte miscellanee di genere. Tutti questi scritti sono peraltro rimasti inediti.
Lasciata Padova nel 1311, Oldrado si spostò in Francia. Pur priva di conferme, non si può escludere la notizia (Diplovatazio, 1968, p. 253) di un iniziale incarico didattico a Montpellier, a seguito del quale sarebbe stato chiamato presso la Curia pontificia ad Avignone, dove giunse nello stesso 1311. Nella città francese trasferì anche la famiglia: con la moglie, Belcara, lo accompagnò, almeno in parte, la numerosa prole, costituita da dodici figli, quattro maschi e otto femmine.
A tutti i suoi discendenti, oltre che ai nipoti Paolo e Bongiovanni, figli del fratello Bassiano, a lui premorto, Oldrado provvide con puntualità nel testamento, rogato ad Avignone il 3 agosto 1334: dal prezioso documento (Conetti, 2010) si apprende che cinque delle otto figlie erano state sposate e adeguatamente dotate dal padre (Oldrado aveva fornito la dote anche alla nipote Caterina), mentre le tre più giovani risultavano in quel momento ancora nubili.
Secondo una prassi assolutamente consueta, istituì eredi i tre figli maschi maggiorenni, Giovanni, Pietro e Giacomo, il primo dei quali fu indicato, insieme alla madre, quale tutore del più giovane, Filippo, ancora minorenne. Tutti e quattro si indirizzarono agli studi giuridici e furono destinatari di diversi benefici ecclesiastici in Francia e in Italia.
Ad Avignone Oldrado forse insegnò e per lunghi anni ricoprì rilevanti incarichi, connessi specialmente all’attività della Sacra Rota: fu avvocato concistoriale (benché probabilmente tale figura all’epoca non fosse ancora istituzionalizzata), advocatus curiae, forse financo auditor, procuratore di diversi illustri personaggi (tra i quali spiccano alcuni membri della famiglia della Torre) e soprattutto apprezzato consulente giuridico, richiestissimo da una prestigiosa e varia committenza.
Il suo sapere è condensato nella raccolta di consilia, che da subito circolò largamente in forma manoscritta e fu tra le prime a essere perpetuata con la stampa, continuando a essere oggetto costante di citazione nell’ambito della scienza giuridica fino a tutto il XVII e ai primi del XVIII secolo. A un nucleo relativamente omogeneo, in origine costituito da 264 consilia e quaestiones, documentato da oltre 30 manoscritti e dalla editio princeps stampata da Adam Rot a Roma nel 1472, nella tradizione successiva si aggiunge un ulteriore insieme di testi, appartenenti in parte al diverso genere delle allegationes, fino a formare il significativo numero dei 333 brani con cui l’opera è sempre ristampata già dalla seconda edizione, ancora quattrocentesca, proposta a Roma da Vito Puecher nel 1478, e nelle molte cinquecentine.
Tra i temi più rilevanti sui quali Oldrado fu chiamato a esprimersi come consulente vi è in primo luogo la complessa materia beneficiale, che del resto rappresentava in quegli anni il principale oggetto dell’attività giurisdizionale della Rota papale e che egli mostra di dominare con sicurezza, accanto alle più varie questioni di diritto privato, matrimoniale, contrattuale, successorio e penale: su tutte si pronunciò con interpretazioni originali, destinate talora a fare scuola. Altrettanto celebri e discusse furono le opinioni su delicatissime tematiche di diritto pubblico e in specie sui poteri e rapporti rispettivi di pontefice e imperatore: con il suo parere tecnico (consilia 43, 69, 70), per esempio, fu redatta da Clemente V, nel 1314, la bolla Pastoralis Cura, che si interponeva nella guerra tra Enrico VII e il re di Napoli, Roberto d’Angiò, prendendo le difese di quest’ultimo. Negli anni Trenta, durante il durissimo scontro tra Giovanni XXII e Ludovico IV il Bavaro, Oldrado si espresse con decisione a sostegno delle posizioni ierocratiche. L’aperta scelta di campo non gli impedì tuttavia di rivolgersi con grande libertà al pontefice per suggerire clemenza verso alcuni poveri fratres romani, colpevoli di aver dato credito all’antipapa (consilium 65), o per invitarlo caldamente a riportare a Roma la sede apostolica (consilium 85).
Rimase ad Avignone fino al termine della vita, intessendovi importanti relazioni, anche personali.
Perdurarono, in specie, gli stretti rapporti con i cardinali Colonna, e nella loro cerchia assai probabilmente avvenne l’incontro di Oldrado con Francesco Petrarca, testimoniato dal poeta stesso, che lo ricorda come interlocutore autorevole, definendolo «iurisconsulto nostra aetate clarissimo» (Le familiari..., a cura di V. Rossi, in Edizione nazionale delle opere di Francesco Petrarca, X, Firenze 1968, IV, 16, p. 196; rist. anastatica, Firenze 1997).
I legami con l’Italia e con la città natia tuttavia non si spezzarono, come provano i vasti possedimenti immobiliari e i cospicui lasciti testamentari disposti per l’erezione e la cura di una cappella dedicata a S. Giovanni Battista e di una cappellania legata all’altare di S. Caterina nel duomo di Lodi, e altri.
Morì ad Avignone prima del 1348 e nella stessa città fu sepolto, presso la chiesa dei Padri predicatori.
Circa la data della morte non vi sono prove documentali: le fonti più risalenti la collocano nel 1335, traendo l’indicazione dal supposto testo della lapide tombale, ora perduta, la cui trascrizione risulta tuttavia inaffidabile. Altri riscontri, e in particolare le raccolte delle decisiones rotali trecentesche, parrebbero attestare che fosse ancora in vita negli anni 1336-37, mentre, secondo alcune ipotesi storiografiche, la sua morte andrebbe posposta almeno al 1343. È certo infine che la morte avvenne prima del 10 settembre 1348: reca infatti tale data la supplica rivolta per l’ottenimento di un canonicato dal figlio Filippo, che si qualifica come «quondam Oldradi de Ponte de laude legum doctor» (Archivio segreto Vaticano, Registri supplicarum, 17, c. 232r; cfr. Schmidt, 1995, p. 55).
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