CANAVESI, Oldebrando (Oldebrandus de Canavixiis)
Uomo politico milanese, esponente del ceto dei capitanei e dei valvassori, da cui proveniva, viene ricordato dalle fonti per il periodo compreso tra il 1192 e il 1216. Poco sappiamo della sua famiglia, che era nobile e che aveva dato al Comune, secondo il Manaresi, magistrati eminenti e uomini politici: forse era suo parente quel Guifredo Camerario, che fu console di giustizia nel 1184 e nel 1191, e che nel 1202 ricoprì il consolato del Comune.
Il cronista milanese Galvano Fiamma (Chron. maius, p. 716) riferisce che il C. fu console del Comune nel 1172; la notizia fu ripresa dal Calco, dall'Argelati, dal Mazzuchelli e dal Giulini. All'inizio del nostro secolo, tuttavia, il Manaresi ha potuto dimostrare (p. 544) che l'elenco dei consoli del 1172 fornito dal Fiamma doveva essere assegnato, per ragioni di critica interna, al 1192. A quest'anno si deve dunque datare il primo consolato comunale del C., che dovette occuparsi in tale veste, anche se le fonti non lo indicano esplicitamente, delle questioni relative alla pace tra Parma e Piacenza sottoscritta in quell'anno nel castello di Crema. Le fonti non menzionano più il nome del C., dopo questa data, sino alla sua podesteria del 1204, che fu un anno cruciale per l'evoluzione sociale e civile del Comune di Milano. Solamente il Giulini, basandosi su di un passo da lui male interpretato degli Annales Mediolanenses minores, affermò che il C. fu podestà anche nel 1203, insieme con altri nobili e ragguardevoli concittadini. Il Manaresi e il Franceschini ritennero destituita d'ogni fondamento la notizia fornita dal Giulini, stabilendo al 1204 la data della podesteria del Canavesi.
Il vuoto di potenza, venutosi a creare in seguito alla morte di Enrico VI (1197) e alla lotta per la corona imperiale, aveva avuto delle gravi ripercussioni anche nella situazione interna di Milano: la crisi del partito che si appoggiava all'Impero e l'inasprirsi improvviso del contrasto latente fra le famiglie magnatizie, che in pratica detenevano il potere, ed i semplici cives - artigiani, piccoli commercianti, modesti imprenditori -, che alimentavano in modo determinante, col pagamento delle imposte e dei tributi, le finanze municipali, ma non partecipavano che in minima misura alla gestione del potere, erano giunti al loro apice. Appoggiati nella loro lotta dal popolo minuto, i cives chiedevano di partecipare alla gestione della cosa pubblica, in misura proporzionale alla loro importanza economica. Travagliato da questa grave crisi sociale e costituzionale, il Comune di Milano si era retto, tra il 1200 ed il 1203, grazie a un precario equilibrio di forze instauratosi fra la Credenza di S. Ambrogio (il Commune populi costituito dai semplici cives e dal popolo minuto in opposizione al Commune militum, l'antico organismo politico municipale) e le famiglie magnatizie, riunite nella Società dei gagliardi. Ma nel 1204 il dissidio esplose in lotta aperta.
Creato podestà insieme con Guglielmo della Pusterla, il C., che rappresentava la fazione dei nobili, dovette affrontare la crisi. In seguito a gravissimi dissensi circa la ripartizione delle entrate comunali, il C. cercò con la forza di imporre la volontà del suo partito alla Credenza di S. Ambrogio: scoppiarono tumulti in città, che sfociarono ben presto in veri e propri combattimenti, nel corso dei quali i popolari riuscirono a prevalere. Incapace di controllare la situazione anche per la sconfitta dei suoi partigiani, il C. venne cacciato da Milano, e con lui furono espulsi gli aderenti alla Società dei gagliardi. L'esilio non durò a lungo poiché, probabilmente nel successivo 1205, i nobili furono riammessi nella città; dovettero però accettare una serie di provvedimenti, soprattutto economici, che soddisfecero in parte le richieste popolari, alla formulazione dei quali il C. ebbe certamente parte.
Secondo il Manaresi, il Consiglio della credenza avrebbe eletto nel corso dell'anno 1204 ben sei podestà, tra cui Guglielmo della Pusterla ed il Canavesi. Tuttavia, solo questi ultimi due vengono ricordati dall'anonimo autore degli Annales Mediolanenses minores, che li contrappone tra loro, indicando nel C. il capo della Società dei gagliardi e il principale esponente della fazione magnatizia. Riferisce il Fiamma che i nobili, prima di essere riammessi in Milano, dovettero scontrarsi ancora una volta con i popolari in campo aperto. La prova di forza, che si volle incruenta - gli avversari dovevano affrontarsi senz'altre armi che le mani nude -, si svolse nel suburbio, in una località detta "prati del Comune". Per un'intera giornata nobili e popolani si azzuffarono a pugni e calci, nonostante i numerosi feriti e i contusi: dopo questo sfogo manesco i Milanesi si rappacificarono e rientrarono insieme in città.
In seguito il C. fu console di giustizia per la faggia di porta Romana e Cumana nel 1216: in tale veste il 19 ottobre partecipò ad una sentenza nella lite mossa da Resonado di Sesto contro Guido da Terzago, arciprete di Monza, per questioni relative ai diritti sulle acque. È questa l'ultima notizia riguardante il C. riportata nelle fonti a noi note.
L'Argelati afferma che il C. fu autore di numerose leggi del Comune di Milano, tra cui quelle promulgate nel 1171 e nel 1204 in realtà possiamo dire soltanto che il C. fu uomo politico e che, in quanto tale, si occupò anche di legislazione, partecipando però soltanto alla redazione dei provvedimenti legislativi del 1204-1205.
Fonti e Bibl.: Annales Mediolanenses minores, in Mon. Germ. Historica, Scriptores, XVIII, a cura di G. H. Pertz, Hannoverae 1863, p. 398; G. Fiamma, Chronicon maius, a cura di A. Ceruti, in Misc. di storia ital., s. 1, VII (1869), p. 752; C. Manaresi, Gli atti del Comune di Milano sino al 1216, Milano 1919, pp. 531, 544, 550, 556, 562; Bibl. Apost. Vat., Vat. lat. 9265: G. M. Mazzucchelli, Gli Scrittori d'Italia, f. 45v; T. Calco, Historiae patriae libri viginti, XIII, Mediolani 1628, pp. 243, 266; F. Argelati, Bibliotheca scriptorum Mediolanensium, I, 2, Mediolani 1745, col. 269; G. Giulini, Memorie spettanti alla storia... della città diMilano..., Milano 1855, III, p. 740; IV, pp. 141, 146; G. Franceschini, La vita sociale e politica nel Duecento, in Storia diMilano, IV, 1954, pp. 134 ss.