OLAV II, Re di Norvegia, Santo
Nato nel 995 e discendente di Aroldo I Haarfager (da cui il patronimico Haraldsson), nel 1016 salì al trono di Norvegia, che resse fino al 1028.O., destinato a passare alla storia con l'appellativo di Rex Perpetuus Norvegiae e come santo nazionale del paese scandinavo, fu uno dei molti comandanti vichinghi che con i loro eserciti operarono, nei secc. 10°-11°, nei mari dell'Europa settentrionale, alleandosi ora con i principi locali ora con altri signori della guerra scandinavi. Le fonti, pur scarse (Lönnroth, 1981), attestano la sua partecipazione alle conquiste normanne in Inghilterra, dove probabilmente prese parte all'assalto di Canterbury e alla divisione del favoloso bottino proveniente dalle chiese di quella città. Più tardi O. comandò i mercenari vichinghi nella Francia settentrionale, dove, secondo la tradizione, egli abbracciò la fede cristiana e venne battezzato a Rouen negli anni 1013-1014.Nel 1015 sbarcò in Norvegia, dove riuscì a vincere la resistenza organizzata contro di lui sia dai signori locali sia dal re di Danimarca. Basando la pretesa al trono sulla propria discendenza dal fondatore della dinastia, Aroldo I Haarfager, O. conquistò il potere e poté avviare l'opera di costruzione di uno stato più forte, facendo della cristianizzazione uno dei principali strumenti per la stabilizzazione e la pacificazione del paese. Costretto dai suoi nemici a fuggire nel 1028, O. cercò rifugio presso suo cognato, il principe di Kiev Jaroslav I il Saggio. Riorganizzato un piccolo esercito, egli tentò di riconquistare il suo regno, ma venne sconfitto e ucciso nella battaglia decisiva a Stiklestad, il 29 luglio 1030. Le saghe, e in particolare il poema Glaelognskvida, del 1032, narrano di come il suo corpo fosse raccolto sul campo di battaglia e trasportato a Trondheim, dove venne sepolto in segreto: esumata un anno più tardi, la salma apparve miracolosamente intatta e venne collocata dapprima nella chiesa dedicata a s. Clemente, per essere poi deposta sull'altare delle chiese che in successione furono erette sul sito della sua sepoltura.Il culto di O. si affermò assai precocemente tanto in Norvegia quanto nelle regioni circostanti, trovando un veicolo di diffusione attraverso i mercanti e i marinai norvegesi che si spostavano tra le città portuali del mare del Nord; già nel sec. 11° in Inghilterra gli erano dedicate moltissime chiese, una delle quali a Londra. Nella Scandinavia il numero di quelle intitolate a O. aumentò rapidamente, fino a superare le quattrocento unità prima della Riforma; il culto penetrò gradualmente anche nella Germania settentrionale e in Olanda e presentò alcune attestazioni anche nelle regioni meridionali; la presenza a Betlemme di immagini di O. e del suo equivalente danese s. Canuto appare peraltro legata soprattutto all'attività dei pellegrini scandinavi. Nel sec. 14° O. venne elevato a protettore dei mercanti delle città anseatiche tedesche.L'iconografia di O. rivela significative variazioni che si ricollegano da un lato al pensiero teologico e dall'altro alle credenze popolari (Wallem, Irgens Larsen, 1947; Blindheim, 1981). Un aspetto particolare è rappresentato dal crescente affermarsi dell'idea di una sua similitudo Christi: una leggenda creata già alla metà del sec. 11°, che narra di un'eclissi solare che avrebbe avuto luogo il giorno della morte di O. a Stiklestad, presenta ovvi riferimenti all'agonia di Cristo sul Golgota, cui del resto rimanda anche il particolare della ferita mortale costituita da un colpo di lancia al costato, illustrato nelle rappresentazioni dipinte della scena della battaglia.In una leggenda tedesca del 1300 ca. questo processo di identificazione raggiunge il culmine con la narrazione di come O., dopo essere stato catturato a Stiklestad, venisse schernito, torturato e infine crocifisso alla maniera di Cristo. Questo caso di imitatio virtuale è illustrato, in modo drammatico e diretto, da un trittico di produzione anseatica, oggi a Tromsö (Tromsö Mus., Univ. i Tromsö) ma proveniente dalla chiesa di Andenes, nella Norvegia settentrionale.In scultura, le più antiche rappresentazioni conservate di O. sono datate a partire dal sec. 12°, ma più numerose sono le statue del 13° e 14° secolo. Il tipo iconografico che domina in queste sculture è quello di O. in trono, incoronato e con gli abiti regali da cerimonia: l'ascia che gli inferse una delle ferite mortali appare come il suo principale attributo, mentre sotto i suoi piedi si trova accovacciata una figura umana, interpretata come uno dei suoi avversari sconfitti.A partire dal 1300 ca. si affermò l'immagine a figura eretta e nel corso del sec. 15° si cominciò a diffondere un nuovo tipo, probabilmente creato nell'ambito delle botteghe di grandi artisti che lavorarono a Lubecca, nella Germania nordorientale: rappresentato in posizione stante, coronato, ma con l'armatura, O. appare nei panni del santo guerriero; sotto i suoi piedi si trova un dragone con testa umana coronata somigliante a Olav. Questo animale, tratto dalle versioni più tarde della leggenda, sembra rappresentare il fratello del sovrano stesso, il pagano Aroldo, che si convertì alla fede cristiana dopo che il dragone era miracolosamente apparso sulla scena della Passione di O. (Blindheim, 1981).
Bibl.:
Fonti. - Passio Olavi, a cura di E. Skard, Oslo 1940 (19702).
Letteratura critica. - S. Undset, Hellig Olav, Norges Konge [S. O., re di Norvegia], Oslo 1930; F.B. Wallem, B. Irgens Larsen, Iconographia Sancti Olavi, Trondheim 1947; s.v. Olav den hellige, in KLNM, XII, 1967, coll. 561-583; A. Holtsmark, s.v. Olavslegenden, ivi, pp. 584-588; St. Olav, seine Zeit und seine Kult, a cura di G. Svahnström, Visby 1981; E. Lönnroth, Olav der heilige als nordeuropäische Erscheinung, ivi, p. 9ss.; M. Blindheim, St. Olav. Ein skandinavischer Oberheiliger. Einige Beispiele der Literatur und Kunst, ivi, p. 53ss.P.J. Nordhagen