ADAM, Ognibene (Salimbene) de
Figlio di Guido e di Iumelda de Cassio, nacque a Parma il 9 ott. 1221. Entrato nell'Ordine francescano il 4 febbr. 1238 a Parma, venne accolto dallo stesso generale, frate Elia, che riuscì a sventare i numerosi tentativi paterni di riportare il figlio nella famiglia. Trasferitosi a Fano, vi continuò gli studi, già iniziati mentre era ancora laico, sotto la guida di fra' Umile da Milano, scolaro di fra' Aimone di Favesham. Sempre per sottrarsi agli interventi del padre, si portò poi a Iesi, dove si fermò nella quaresima del 1239, per raggiungere poi Lucca, sua nuova residenza.
Durante il viaggio a Città di Castello l'A. incontrò l'ultimo (ma ne ignoriamo il nome) dei frati accolti nell'Ordine direttamente da s. Francesco, che gli rimproverò l'ambizioso nome Ognibene proponendogli di mutarlo nell'altro, più umile e più augurale di Salimbene, che da allora in poi adoperò fino alla morte.
A Lucca, ove rimase dalla metà del 1239 ai primi mesi del 1241, continuò i suoi studi di sacra scrittura e di teologia, a cui unì quello del canto sacro, in cui gli fu guida fra' Vita da Lucca. Vi si fece molti amici e vi incontrò l'imperatore Federico II. Mandato a Siena, nel 1241, vi conseguì il suddiaconato; allargò inoltre il suo mondo spirituale e culturale, perché vi conobbe il primo seguace di s. Francesco, Bernardo di Quintavalle ed Ugo di Digne, dal quale udì, forse per la prima volta, parlare delle dottrine gioachimitiche.
Da Siena passò a Pisa, ove nel 1243 dovette vincere l'ultimo tentativo del padre di riportarlo in seno alla famiglia con l'appoggio del pontefice Innocenzo IV, da poco eletto, che era anch'egli parmense ed imparentato, anzi, con gli Adam; ma proprio durante questi maneggi il padre morì, nel 1244. Il soggiorno pisano ebbe molta importanza per la formazione culturale dell'A., perché vi acquistò, sotto la guida di Rodolfo di Sassonia, "maximum Ioachista", un'ampia e precisa conoscenza degli scritti di Gioacchino da Fiore, da quelli autentici ai meno certi, come il Liber figurarum,ed ai sicuramente falsi commentari ad Isaia e Geremia.
Nel 1247 fu a Cremona e poi a Parma, ove fu spettatore dell'eroica resistenza della città natia alle forze di Federico II; mentre ancora durava l'assedio fu inviato in Francia per chiedere aiuto ed informare il pontefice. Partito tra il settembre e l'ottobre, a Lione era ricevuto dal papa il 1 nov. 1247; quindi iniziò, per tornare in patria, una serie di spostamenti di città in città, di cui ci restano vividi ricordi nella Cronica,come a Villefranche, ove incontrò Giovanni da Pian dei Carpini, che gli riferì molte notizie sui suoi viaggi fra i Tatari; a Troyes, a Provins, ove restò dal 13 dic. 1247 al 2 febbr. 1248 ed ebbe occasione di approfondire ancora le sue conoscenze gioachimitiche; a Parigi, a Sens, incontrandovi ancora Giovanni da Pian dei Carpini, ed infine ad Auxerre, che doveva essere la sua nuova residenza. Qui incontrò il re Luigi IX del quale scriverà un ritratto in cui risulta, vivacemente, più l'uomo ed il credente che il sovrano.
Trasferito in Provenza, dopo il capitolo provinciale della Pentecoste del 1248, raggiunse Arles il 21 giugno 1248 recandosi poi ad Aix-en-Provence ed infine, per Hyères e Marsiglia, a Tarascone, ad incontrarvi il generale dell'Ordine e suo concittadino Giovanni da Parma: in tale occasione superò l'esame necessario per poter predicare in pubblico; ma ricevette anche l'ordine di prendere stabile residenza in Genova, poiché il generale era malcontento di quel continuo peregrinare.
Sia nel viaggio a Tarasconne sia in quello a Genova, fra' Salimbene incontrò a Hyères (ove nel 1248, al secondo viaggio, si trattenne dal 5 ottobre al 1 novembre) il suo confratello Ugo di Digne, col quale si intrattenne lungamente a parlare delle idee gioachimitiche, come ci riferisce distesamente nella Cronica.Poté anche assistere a vivaci discussioni tra Ugo e gli avversari delle idee di Gioacchino.
A Genova, ove era ai primi di dicembre 1248, l'A. fu ordinato sacerdote; poco dopo ripartì per la Francia (il 28 febbr. 1249 era per la terza volta ad Hyères), incontrandosi ad Avignone con Giovanni da Parma, che lo portò con sé a Lione, ove però il provinciale di Bologna ne chiese il ritorno alla provincia d'origine.
Dalla Francia ancora una volta tornò in Italia attraverso la Savoia, puntando su Genova e di lì,per Bobbio, su Parma, ove incontrò fra' Giovanni che era sul punto di partire per la Grecia. Ebbe allora fissata la sua residenza a Ferrara, ove restò sette interi anni che furono in molta parte dedicati alla sua attività di scrittore e di uomo di chiesa.
Per circa due anni, tra il 1256 ed il 1258, fu poi a Reggio Emilia, ove conobbe Gerardo da Borgo S. Donnino, con il quale si trattenne a discutere di gioachimismo, a cui continuava ad aderire sempre fervidamente.
Nel 1260 - egli è anche uno dei più vivaci ed efficaci testimoni del moto dei flagellanti a Modena - maturò la crisi che doveva sconvolgere la sua coscienza religiosa: avendo visto cadere nel vuoto le profezie di Gioacchino se ne distaccò decisamente e definitivamente.
Dopo questi anni è difficile seguire i movimenti di fra' Salimbene: le testimonianze che egli ce ne ha lasciato, non sistemate come la prima parte della sua vita in un ricordo organico e coerente (frutto forse anche di una stesura tranquilla, quale gli fu possibile solo nei sette anni di residenza ferrarese), ci danno molte notizie, ma in gran disordine cronologico, da cui emergono solo alcuni dati sicuri.
Sappiamo che nel 1261, dopo il marzo, fu a Bologna e che visse, ad intervalli, cinque anni a Rimini: ma nel 1265 era a Faenza per il Natale, nel 1265-66 a Ravenna, ove fu spettatore dell'episodio della falsa figlia di Paolo Traversari; fu poi, in data imprecisabile, ad Assisi, a Perugia, alla Verna; nel 1270 ad Imola, alla fine del 1273 e nel 1274 a Faenza.
Per otto anni (1275-83) non è possibile precisare i suoi spostamenti; sola data sicura è che nel 1283-84 era di nuovo a Reggio, poi fino all'8 sett. 1287 si trovava al convento di Monfalcone. Ignoriamo l'anno preciso della sua morte, che però può fissarsi a dopo il 1288.
Alla data del 1288, come ultima della Cronica e quindi termine post quem per la morte dell'A., si è giunti con un calcolo di approssimazione che, sulla base dei fogli mancanti (di cui è possibile conoscere il numero dall'indice del codice), ha cercato di determinare il numero degli anni che potevano essere stati oggetto del racconto.
Una così larga esperienza di vita fu accompagnata da una formazione culturale non meno complessa, sebbene non maturata ed organizzata in un approfondito ripensamento: certo l'A. nella sua Cronica mostra conoscenza vasta, pronta e precisa della Scrittura, che cita ad ogni possibile occasione, anche per solo sfoggio di dottrina; ampie ed articolate dovettero essere anche le sue conoscenze di teologia, se compose un trattato scolastico sulla Trinità, entrando nella polemica relativa alla dottrina trinitaria di Gioacchino da Fiore. In stretta connessione con i suoi studi di Scrittura e di teologia è anche il suo confessato, lungo studio delle opere di Gioacchino da Fiore, di cui accettò l'interpretazione diffusa in seno all'Ordine francescano.
A questi studi, che ben si inquadrano nella sua preparazione di uomo di chiesa, vanno aggiunte conoscenze (non scarse né comuni) di diritto, di letteratura e di poesia. In conclusione, la valutazione frequentemente restrittiva della sua cultura, da parte anche di studiosi recenti, è certo solo conseguenza del fatto che l'unica sua opera pervenutaci, la Cronica,secondo quanto egli stesso ci dice, fu scritta a diletto ed informazione d'una sua nipote monaca. Però la Cronica stessa, al di là di certe apparenze estrinseche, come la sciattezza del latino, intriso di elementi volgari, è fondata su buone cronache anteriori per le parti in cui l'A. racconta fatti e vicende a cui non ha personalmente partecipato. Adopera infatti una redazione, non giunta fino a noi, della cronaca di Sicardo di Cremona e, pare, quella di Alberto Milioli da Reggio; si discute, invece, fra i critici, sui modi e le forme con cui sono state usate da fra' Salimbene nella sua opera. L'A. inserisce la lettera del khan dei Tatari al papa, che viene trascritta immediatamente dall'esemplare nelle mani di Giovanni di Pian dei Carpini; il decreto di condanna della dottrina trinitaria di Gioacchino da Fiore che è ripresa da qualche circolare, allora in giro nell'Ordine francescano; e poi testi di poesie in latino ed in volgare, trascritte di volta in volta, durante i suoi viaggi, come quella di Ugo d'Orléans e di Gherardo Patecchio.
Ma la fonte principale della Cronica è l'A. stesso, che con franchezza ci dà le notizie della sua esperienza diretta, colte da una personalità pronta e recettiva, senza troppo preoccuparsi della propria coerenza interiore. In forma annalistica, le anima spesso della sua speranza gioachimita, fino al 1260; poi, deluso, si lascia andare più che mai al gusto del racconto ed al piacere del ricordo: esprimendo, senza preoccupazioni periodizzatrici, i sentimenti di un francescano, di parte guelfa, parmense, parente di un papa, al di là dell'ossequio sincero, ma formale verso i supremi poteri universali, nei limiti e nel travaglio della borghesia della città italiana del sec. XIII.
Lo stesso fra' Salimbene ci parla di altre sue opere, come i Duodecim scelera Friderici (forse la Cronica brevior a cui attinse per le sue Historiarum decades l'umanista Flavio Biondo), il Tractatus de Heliseo,il Tractatus pape Gregorii decimi,il Liber tediorum composto sul modello delle Noie di Gherardo Patecchio, mentre era a Borgo S. Donnino, e un trattatello sulla Trinità: ma di tutte queste opere nulla ci è giunto.
La Cronica,conservata acefala e mutila nel Codice Vat. lat.7260 (mancante di alcune pagine nell'interno dell'opera) è quasi certamente autografa.
Fu pubblicata, con molti errori, da una copia, a cura del parmense Antonio Bertani per la prima volta nel 1857: Chronica fr. Salimbene Parmensis Ordinis Minorurn ex codice Bibliothecae Vaticanae nunc primum edita,in Monumenta Historica ad provincias Parmensem et Placentinam pertinentia,Parmae 1857. Altre edizioni: Chronica fratris Salimbene de Adam Ordinis Minorum,a cura di O. Holder-Egger, in Monumenta Germ. Hist., Scriptores,XXXII, Hannoverae et Lipsiae, 1905-1913; Salimbene de Adam, Cronica,a cura di F. Bernini, 2 voll., Bari 1942.
Bibl.: La bibliografia su fra' Salimbene fino al 1931 è riunita da F. Bernini, Bibliografia Salimbeniana, in Studi Francescani,s. 3, IV (1932), pp. 80-85.
Per la bibliografia successiva si veda G. Prezzolini, Repertorio bibliografico della storia e della critica della letteratura italiana dal 1902 al 1932,II, Roma 1939, pp. 911 s.; Id., Repertorio bibliografico della storia e della critica della letteratura italiana dal 1933 al 1942,New York 1948, p. 198. In generale su di lui si veda: E. Michael, Salimbene und sein Chronik,Innsbruck 1889; P. M. Bizilli. Salimbene. Episodi della vita italiana del sec. XIII,Odessa 1916, introvabile in Italia, e per cui si veda la notizia che ne dà V. Zabughin, in Giorn. stor. d. letter. ital.,LXXII (1918), pp. 133-142, ed in Arch. stor. per le prov. parmensi,n. s., XIX (1919), pp. 253-261.
Sulla famiglia di fra' Salimbene sono importanti e decisivi i documenti raccolti da F. Bernini, Il parentado e l'ambiente familiare del cronista fra' Salimbene da Parma secondo nuovi documenti,in Archivum Francisc. Hist.,XX (1935),pp. 345-373; Id., Nuovi documenti sulla famiglia del cronista frate Salimbene, ibid.,XXXI (1938), pp. 198-201. Si veda inoltre: I. Affò, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani,I, Parma 1789, pp. 208-233; M. Tabarrini, Della Cronaca di fra Salimbene,in Arch. stor. ital.,n. s., XVI (1862), pp. 25-69; XVIII (1863), pp. 42-89; A. Dove, Die Doppelchronick von Reggio und die Quellen Salimbene's,Leipzig 1873; L. Clédat, De fratre Salimbene et de eius Chronicae auctoritate,Parisiis 1878; F. Novati, La Cronaca di Salimbene,in Giorn. stor. d. letter. ital.,1 (1883), pp. 384-388; L. Clédat, La Chronique de Salimbene,in Annuaire de la Faculté des Lettres de Lyon,I (1883), pp. 201-214; O. Holder-Egger, Reise nach Italien 1884,in Neues Archiv,X (1885),pp. 222-224; P. Scheffer-Boichorst, Salimbene und Biondo,in Zur Geschichte des XII. und XIII. Jahrhunderts,Berlin 1897, pp. 284-289; O. Holder-Egger, Salimbene und Albert Milioli,in Historische Aufsatze Karl Zeumer zum sechzigsten Geburtstag als Festgabe dargebracht von Freunden und Schidern,Weimar 1910, pp. 451-482; Id., Zur Lebensgeschichte des Bruders Salimbene de Adam,I, in Neues Archiv,XXXVII (1912), pp. 163-218; II, ibid.,XXXVIII (1913), pp. 469-481 (postumo); F. Bernini, Noterelle in margine a Salimbene,in Arch. stor. per le prov. parmensi,n. s., XXVIII (1928), pp. 35-41; Id., Che cosa vide e raccontò di Ferrara il cronista Salimbene da Parma,in Riv. di Ferrara,1934 (estr.).
Per un giudizio letterario su fra' Salimbene si veda specialmente A. Momigliano, Motivi e forme della Cronica di Salimbene,in Cinque Saggi,Firenze 1945, pp. 71-108, con la discussione di F. Bernini, Di un recente giudizio critico su Salimbene,in Belfagor, II (1947), pp. 588-591. Un inserimento di fra' Salimbene nel mondo culturale del suo tempo è tentato da G. Toffanin, Il secolo senza Roma,Bologna 1942, pp. 147-165 e, con molto maggiore aderenza storica, da C. Violante, Motivi e carattere della Cronica di Salimbene,in Annali d. Scuola Normale Superiore,s. 2, XXII (1953), pp. 108-154, che completa ed arricchisce i dati di N. Scivoletto, Fra Salimbene da Parma, Bari 1953.
Sui rapporti tra gioachimismo e fra' Salimbene si veda, oltre alle notizie generali di G. Bondatti, Gioachinismo e francescanesimo nel Dugento,Santa Maria degli Angeli 1924, in particolare: E. Benz, Ecclesia Spiritualis,Stuttgart 1934, pp. 175 ss., 182, 191 ss., 199, 205 ss.
La fortuna di fra' Salimbene infine è stata oggetto di un apposito studio di F. Bernini e di A. Boselli, La fortuna della Cronica di Salimbene,in Bullett. d. Istituto sror. ital. per il M. E e Arch. Muratoriano, LII (1937), pp. 265-281.