BONISOLI, Ognibene (Ognibene da Lonigo, Omnibonus Leonicenus o Leonicensis Vicentinus, Pantagathus Vicentinus, Panágathos Leonikēnos)
Nato a Lonigo verso il 1412 da un Enrico, si recò giovanissimo a Mantova dove studiò fin circa al 1433 sotto la guida di Vittorino da Feltre. In seguito fu a Basilea, forse in occasione del concilio, e poi si stabilì a Vicenza, dove tenne scuola privata e sposò intorno al 1436 Agnese di Bartolomeo Calderari; tra il 1436 e il 1438 seguì nella milizia il condiscepolo Ludovico Gonzaga, allora al servizio di Filippo Maria Visconti.
Il 24 genn. 1441 il Maggior Consiglio di Treviso lo chiamò da Vicenza ad insegnare grammatica e retorica: quello stesso anno rifiutò un più lucroso ufficio, forse una magistratura, offertogli da Francesco Barbaro; nel 1443 abbandonò la cattedra trevigiana per quella analoga che a Vicenza era stata lasciata da Bartolomeo Borfoni. Pur adempiendo onorevolmente al suo ufficio, tanto da esser ammesso nel 1445 al Collegio vicentino dei notai col privilegio dell'esenzione dalla tassa, nel 1447 fu sul punto di perdere o di veder diminuito il suo compenso: già aveva ottenuto la riassunzione dai Trevigiani quando l'eloquente difesa di Leonardo Nogarola convinse il Maggior Consiglio di Vicenza a confermargli le spettanze pattuite. I Vicentini poi non vollero lasciarlo partire nemmeno quando fu richiesto a Venezia per la Cancelleria e a Milano come istitutore di Galeazzo Maria Sforza; cedettero tuttavia a malincuore nel 1449 alle insistenze di Ludovico Gonzaga che lo volle precettore del primogenito Federico e successore di Vittorino da Feltre. A Mantova restò quattro anni ed ebbe tra gli allievi il Platina, cui nel 1453, insistentemente richiamato da Vicenza, lasciò la cattedra; e a Vicenza trascorse il resto della vita, considerato ormai una gloria cittadina: del 22 marzo 1456 è l'onorifica deliberazione in cui il Collegio dei notai, cedendo in affitto alla sua scuola la sala delle riunioni, lo chiama "maximum fundamentum et ornamentum collegii nostri notariorum".
Talora si allontanava brevemente dalla città: il 31 ott. 1454 recitò nel vescovado di Padova il discorso per la laurea in diritto canonico di Pietro Foscari, e forse a Padova entrò in amicizia con John Freee e, attraverso questo, con John Tiptof che, nel corso del suo viaggio in Italia (1459-61), ottenne dal B. la traduzione latina e la dedica del De venatione attribuito a Senofonte. Fu anche a Venezia, dove recitò un'orazione greca, ricevendone grandi lodi dal cardinal Bessarione, che lo ebbe in tanta considerazione da inviargli nel '69 copia dell'Incalumniatorem Platonis appena pubblicato. Godeva anche di qualche prestigio nella Curia romana, se il Platina incarcerato invocava la protezione del cardinale M. Barbo "per illam amicitiam, quae est tibi cum optimo viro O. L., praeceptore meo..."; da escludere tuttavia ch'egli abbia presentato personalmente al vescovo di Treviso la famosa protesta del Platina contro Paolo II: in realtà fu il Platina ad affermare, nel consegnarla, che si trattava d'un opuscolo del B. perché il prelato la accettasse.
Morì a Vicenza nel 1474.
Schivo d'onori, lontano dalle polemiche umanistiche, profondamente religioso, padre affettuoso dei suoi alunni, che, se poveri, faceva studiare a sua spese, il B. fu l'erede più fedele della figura morale di Vittorino: ma l'esempio guariniano e le mutate esigenze dei tempi lo spinsero ad abbandonare il Quadrivio e ad accentrare l'insegnamento sulla retorica, anche se nell'ampiezza dei suoi programmi - comprendenti storici, poeti, retori, filosofi, Padri della Chiesa - si riconosce la tradizione enciclopedica della "Giocosa".
Alla scuola è riconducibile gran parte della sua vasta opera di scrittore ed editore. Studente, commentò e tradusse, dedicandole a G. F. Gonzaga, 120 favole esopiane che assai più tardi vennero stampate (Fabulae Aesopi de graeco in latinum per Panagathum Vicent. traductae, Venetiis, Christoph Valdarfer, 1471 circa) e volse elegantemente in latino, dalle Vite parallele di Plutarco, la Vita Camilli, dedicata anch'essa al Gonzaga (Bibl. Apost. Vat., Vat. lat. 1875, cc. 112v-125; Pal. lat. 918, cc. 317v-334v; San Daniele del Friuli, Bibl. Guarneriana, mss. 85 e 115; la dedicatoria fu pubblicata dal Sabbadini nelle Lettere ined. diO. da L., pp. 76-78).
Divenuto insegnante si dedicò alla divulgazione dei classici: dal greco tradusse, oltre al citato De venatione (prima edizione all'inizio dei Xenophontis opera varia latine, Mediolani 1467), varie omelie di s. Giovanni Crisostomo (Bibl. Apost. Vat., Vat. lat. 409, cc. 60v-64v; Vicenza, Bibl. Bertoliana, ms. 481, cc. 16-29; San Daniele del Friuli, Bibl. Guarneriana, ms. 30, cc. 91 ss.); ma la sua traduzione di maggior impegno fu quella, chiara e corretta, delle più importanti opere antiariane e antipagane di s. Attanasio, dedicata a Paolo II; il codice Vat. lat. 261 ci ha conservato il testo e, al f. 1, la bella immagine miniata dell'umanista nell'atto di consegnare l'opera al pontefice. Nel 1482 B. Celsano, allievo del B., emendò la traduzione e la fece pubblicare a Vicenza da Leonardo da Basilea col titolo Contra haereticos et gentiles.
Ma fu alla letteratura latina che il B. dedicò le sue maggiori cure di insegnante: un corso su Quintiliano, tenuto verso il 1469, lo spinse ad emendare le Institutiones oratoriae (Quintilianum... aberuditissimoO.L. emendatum..., Venetiis, N. Jenson, 1471) e dalle lezioni dovettero nascere i commenti, pubblicati postumi, di opere ciceroniane. Quelli al De officiis, al De amicitia e ai Paradoxa furono più volte stampati insieme ed ebbero forse come prima edizione quella intitolata O. L. Vicentini... in M. T. Ciceronem examinata interpretatio, stampata probabilmente a Padova verso il 1481: in essa e nelle seguenti il commento dei Paradoxa è anonimo, ma stile e metodo rendono probabile l'attribuzione al Bonisoli. Commentò anche le Quaestiones Tusculanae (prima edizione, Venetiis 1499, assieme al commento del Beroaldo) e curò un'eccellente edizione della Rhetorica ad Herennium di Cornificio e del De inventione ciceroniano (Ciceronis Rhetoricorum novorum et veterum libri, Venetiis, N. Jenson, 1470) emendandone il testo; ma la sua opera più notevole è il commento del De Oratore (prima edizione, Vicentiae 1476): dopo un'Oratiode laudibus eloquentiae, prolusione d'un corso di retorica tenuto a Vicenza, e una Praefatio in M. Tüllium oratorem, lezione introduttiva sull'opera, viene il testo con un amplissimo commento che, nella sua minuziosa accuratezza, dà la misura dell'erudizione e della passione didattica del Bonisoli. Tra le opere storiche commentò il De coniuratione Catilinae di Sallustio (prima edizione tra le opere di Sallustio stampate a Venezia dal Tacuino nel 1500) e i Factorum dictorumque memorabilium libri di Valerio Massimo: di tale commento ci resta quello che il discepolo Oliviero d'Arzignano, per restaurare la fama del maestro, oscurata da un mediocre commento pubblicato col nome del B. da un Pallacini per poterlo smerclare più facilmente, fece stampare così come ricordava d'averlo sentito dal B. (Mediolani, Pachel e Scinczenzeller, 1487: ma nelle successive edizioni il commento è a nome dell'Arzignano).
Si occupò anche di poesia, e commentò le Satire di Giovenale (Cesena, Bibl. Malatestiana, cod. XXII, II e Venezia, Bibl. Marciana, cod. Lat. XIV, 240) e di Persio (Vicenza, Bibl. Bertoliana, cod. 491: forse altrui il commento mitologico dell'Arsamandi ovidiana in fine del manoscritto); a lui si deve anche l'ampio ed erudito commento all'editio princeps della Pharsalia (O. Vicentinus in Lucanum, Venetiis, V. de Spira, 1475: nel 1486 poi G. Taberio, circolando sotto il nome del B. scadenti commenti lucanei ed essendo la prima edizione assai scorretta, emendò l'opera e la fece ristampare a Brescia da G. Britannico; su questa seconda edizione si esemplarono le numerosissime altre). Si ha notizia infine di un perduto commento terenziano.
Insegnando a Mantova dedicò all'allievo Federico Gonzaga una breve grammatica latina tratta da Prisciano; avendogliene nel 1473 Federico chiesto una copia, il B. la riscrisse e la pubblicò col titolo De octo partibus orationis (Venetiis, J. Gallicus, 1473). Nonostante lo scarso valore, l'operetta fu ristampata più volte, spesso col titolo Grammatica latina e aggiuntovi un trattatello variamente intitolato De artemetrica,De syllabis,De quantitatesyllabarum, che vide la luce anche da solo (prima edizione, Omni Boni Vicentini Brevis et utilissimus adscandendum Tractatus, Ferrariae, A. Belfortis, 1475 c.). Di metrica scrisse anche il De versu heroico liber (Mediolani, A. Zarothus, 1473). Di un'Exercitatio dicendi ex Graecorum commentariis excepta abbiamo il solo titolo all'inizio di due manoscritti (Vicenza, Bibl. Bertoliana, cod. 508 e San Daniele del Friuli, Bibl. Guarneriana, cod. 165).
A testimoniarci la sua lunga opera di maestro ci restano anche, oltre all'Oratiode laudibus eloquentiae ealla Praefatio in M. Tullium oratorem citate, una raccolta di altre lezioni introduttive (Oratiode laudibus Titi Livi; Prohemium in Ciceronem de Officiis; Prohemium in IustiniEpitome Historiae Trogi Pompeii; Oratio de Rhetorica; Prohemium in Xenophontem de Venatione; Oratio de laudibus S. Bernardini)nel cod. 106 della Bibl. Guarneriana di San Daniele del Friuli e un'Oratio in V. Maximum (pubblicata dal Müllner in Reden und Briefe ital. Human.);curò anche l'oratoria sacra (Oratio de corpore Christi a cc. 153-56 del cod. A 172 della Bibl. dell'Archiginnasio di Bologna) e quella encomiastica: oltre all'orazione citata per la laurea di P. Foscari, in lode del giovane e della sua famiglia (Oratio in laudem familiae Foscarae. Ode et elegia, Leonici 1855 e Venetiis 1863 con l'errata indicazione "nunc primum edita"), abbiamo quattro Orationes nuptiales (Bibl. Apost. Vat., Barb. lat. 1808, cc. 59v-66v; tre di esse anche a cc. 25-29 del Vat.lat. 3141).
Di scarso interesse l'epistolario del B., di cui gran parte fu pubblicato dal Sabbadini nelle Lettere inedite:degne di nota l'epistola XVIII, De unitate et concordia civium ad populum Vicentinum, vero e proprio trattato di tono biblico sui tragici effetti della discordia e sulla dolcezza del perdono, e la XV, indirizzata nel 1449 a Federico Gonzaga per lodarne il padre Ludovico, di cui ad esempio per il figlio è narrata la gioventù e sono testimoniate affettuosamente le nobili qualità morali. Due lettere, a Zaccaria Barbaro e a Lorenzo Valla, giacciono inedite nella Bibl. Civica di Bergamo (cod. Lambda II 32, cc. 145-46); un'altra ancora è a pp. 176-78 delle Epistolae diF. Barbaro.
Corretto prosatore latino, il B. si provò con minor successo anche nella poesia: di lui conosciamo l'ode saffica In funere Victorini Feltrensis e il giovanile poemetto Charis (ambedue a pp. 19-23 dell'Oratio in laudem familiae Foscarae);altri versi sono a Ravenna, Bibl. Classense, cod. 287, cc. 14-24; Ferrara, Bibl. Ariostea, cod.I, 240, cc. 5v-7v; Bologna, Bibl. Univ., cod. 3977, cc. 67v-69; probabilmente non sua la collana d'epigrammi anonimi che nel Regin. lat. 1583 (cc. 110v-113) della Bibl. Vaticano segue la saffica in morte di Vittorino da Feltre.
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