SPINOLA, Odoardo
– Del ramo degli Spinola di Luccoli, nacque verosimilmente a Genova dopo la metà del XIII secolo da Oberto, capitano del Popolo tra il 1270 e il 1291, e da Iacopa, di cui s’ignora il casato.
Fratello di Corrado, capitano del Popolo tra il 1296 e il 1299, e di Rainaldo, prese parte alla vita politica genovese ricoprendo incarichi di natura militare e sostenendo il processo di avvicinamento del proprio ramo, di antiche tradizioni ghibelline, a Carlo II d’Angiò, sino a ottenere la carica di grande ammiraglio del Regno di Sicilia.
Nulla è noto della sua formazione, che dovette contemplare, come era d’uso nella società genovese del tempo, l’apprendimento della gramatica ad usum mercatorum e un periodo di praticantato nella mercatura, benché il suo impegno nel commercio mediterraneo non sia evidente dal punto di vista documentario come per altri membri della famiglia. Con tutta probabilità, la sua giovinezza e la sua maturità furono influenzate dal ruolo di primo piano svolto dai propri congiunti nelle istituzioni.
La prima attestazione certa risale al 9 maggio 1301, quando Spinola compare tra i sottoscrittori dell’alleanza stipulata tra Genova e Carlo II d’Angiò. Nell’ambito dei moti sviluppatisi tra la fine del 1305 e il principio del 1306, sostenne le rivendicazioni del nipote Opizzino, figlio del fratello Corrado, eletto, il 7 gennaio, capitano del Popolo e del Comune di Genova assieme a Bernabò Doria. Con tutta probabilità, prese parte alle lotte sviluppatesi tra i sostenitori e gli oppositori del nuovo regime, culminate, in dicembre, con una pace precaria. Tra il 1307 e il 1308 fu coinvolto nei complessi, e presto guastatisi, rapporti fra i due capitani. Nel novembre del 1307 mediò, per conto del Comune di Genova (nelle vesti di «admiratus dicti communis» (I.C. Lünig, Codex Italiae Diplomaticus, 1726, II, col. 2095), nominato per l’occasione, assieme al giurisperito Levantino di Levanto, sindaco e procuratore dei capitani, dell’abate del Popolo, del Comune e del Popolo), un accordo con Carlo II d’Angiò. Come corrispettivo, il sovrano riconobbe, tra le altre cose, i diritti di Teodoro Paleologo, genero di Opizzino, sul Monferrato, deludendo le aspirazioni avanzate sul medesimo territorio da Manfredo di Saluzzo, genero di Bernabò.
Nell’ottobre del 1308 ottenne, inoltre, che Sorleone Curolo da Tortona, podestà di Genova, Ruffino da Voltaggio, abate del Popolo, e i due capitani ingiungessero ai castellani di Quiliano, nel Savonese, di cedergli la metà del castello e di tutti i suoi redditi. Il fatto non dovette risultare gradito al padre di Bernabò, Branca, che vantava diritti sull’area dal 1288, segnando, pertanto, un ulteriore raffreddamento dei rapporti tra i capitani in carica.
L’8 maggio 1308, nel corso d’una breve sosta presso il capoluogo ligure, Carlo II d’Angiò nominava Spinola grande ammiraglio del Regno di Sicilia; la carica fu normata da appositi Capitula ad officium ammiratie, emanati il 30 settembre dello stesso anno, e suggellata, il 2 gennaio 1309, dal pagamento del salario di 100 once d’oro, seguite da altre 100 once corrispostegli nel corso dell’anno tramite il figlio Corrado, viceammiraglio del Regno. Nonostante ciò, l’azione di riorganizzazione della flotta angioina portata avanti da Odoardo Spinola è poco evidente; tra le pochissime tracce, la nomina, l’8 marzo 1309, «in executione officii ammiratie regni Sicilie» (I registri della Cancelleria Angioina, a cura di B. Mazzoleni, 1980, XXXI, n. 126, pp. 186-189), d’un certo Razoppo di Napoli ad aguzzino d’una delle galee regie.
Il nuovo impegno non lo distolse dal sostenere la politica del nipote Opizzino. Il 18 novembre 1308 Spinola irruppe in armi in una seduta del Consiglio dei capitani, prendendo in custodia Bernabò Doria e conducendolo nella propria abitazione, prima di tradurlo nel palazzo del Comune (da cui sarebbe evaso, protetto dagli Spinola di San Luca). Ciò permise a Opizzino d’essere nominato, il 22 novembre, capitano unico e rettore a vita. Come corrispettivo, Odoardo Spinola fu preposto al controllo del castello di Monaco, tornato in mano genovese dopo gli accordi con Carlo II, benché non sia certo in quali vesti. Con tutta probabilità, ebbe un ruolo nell’organizzare l’esercito che, nelle intenzioni del nipote, avrebbe debellato gli oppositori del nuovo regime: i Doria, gli Spinola di San Luca, i Grimaldi e parte dei popolari, unitisi alle forze di Manfredino del Carretto e di Guglielmo di Ceva. Allo stesso modo è possibile che egli prendesse parte alla battaglia di Sestri Ponente, combattuta il 10 giugno 1309, a seguito della quale Opizzino fu costretto a rifugiarsi a Gavi. Senza dubbio, al pari del nipote e del fratello Rainaldo, subì la distruzione delle proprie case e la messa al bando. Non pare, a ogni modo, che abbia partecipato ai successivi scontri nell’Oltregiogo, dove gli Spinola di Luccoli avevano ampi possessi. È possibile, anzi, che agisse sul mare di concerto con il figlio Galeotto – circa il quale rimane attestazione certa –, portando disturbo alla navigazione dal castello di Monaco.
A seguito della pace tra le due fazioni in lotta, stipulata il 5 agosto 1310 alla presenza dell’arcivescovo Porchetto Spinola, ottenne, assieme agli altri membri della famiglia, un risarcimento di 40.000 lire per i danni subiti, promettendo in cambio di sospendere i combattimenti, di liberare i prigionieri e di restituire i beni predati. Pare che, per qualche tempo, si rifiutasse d’aderire al trattato, seguitando a mantenersi a Monaco. Un anno dopo, a ogni modo, la sua opposizione venne meno: il 4 agosto 1311, acconsentì, infatti, alla cessione al Comune di Genova del complesso dei diritti esercitati sui castelli di Quiliano e Albisola, in cambio delle somme sborsate per ottenerli; ciò che mostra com’egli avesse accettato le clausole dell’accordo di pace. Con tutta probabilità, Spinola rientrò a Genova il 21 ottobre assieme al nipote Opizzino, al seguito dell’imperatore Enrico VII di Lussemburgo, con cui instaurò un forte legame, come suggerito dall’imposizione a uno dei figli del nome Lucemburgo.
La supposta scelta filoimperiale non fu, peraltro, pregiudizievole rispetto al mantenimento della carica di grande ammiraglio del Regno di Sicilia, che mantenne sino alla morte, sopraggiunta nel 1313.
Anche i figli Corrado e Gherardo rimasero fedeli alla causa angioina. Il primo gli successe nella carica di grande ammiraglio; il secondo divenne, più tardi, consigliere di Roberto d’Angiò, la cui signoria su Genova sarebbe stata rovesciata da Galeotto, forse il secondogenito, capitano del Popolo nel 1335 e capostipite dei rami di Tassarolo, Rocchetta Ligure e Roccaforte.
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