BRAYDA, Oddone de
Di nobile e influente famiglia albese, il B. nacque nella prima metà del, sec. XIII, a quel che pare da Ruggiero. Il suo nome è ricordato per la prima volta nel 1259, in un momento cruciale della storia del Comune di Alba. Il 23 agosto di quell'anno il B. fu incaricato dal Consiglio generale del Comune, dominato in quel momento dalla fazione cittadina capeggiata dalla consorteria dei Brayda, di recarsi, insieme con Corrado Corrardengo, alla corte del conte di Provenza, Carlo d'Angiò, per offrirgli la signoria della città.
Il Comune albese, che nel 1259 era caduto in conseguenza di una clamorosa sconfitta nella sudditanza della vicina e potente Asti, ghibellina, con questa decisione seguiva l'esempio di Cuneo, che già il 24 luglio 1259 aveva invocato l'aiuto dell'Angiò per liberarsi dalla tutela del marchese di Saluzzo. I due plenipotenziari albesi, seguiti dagli ambasciatori di Cherasco, il 13 nov. 1259 poterono concludere a Saint-Remy, dopo lunghe trattative, i patti di sottomissione che aprirono al conte di Provenza la strada dell'Italia. Carlo d'Angiò non mancò di apprezzare il prezioso servigio resogli dalla famiglia Brayda e dal B. in particolare: nel gennaio del 1260 liberò questo e altri della sua famiglia da ogni prestazione della "guaita" (il servizio di guardia diurna e notturna al quale erano tenuti) e dal pagamento della tassa di focatico.Il B., che va considerato uno dei principali artefici della dedizione di Alba alla signoria dell'Angiò, si recò poco tempo dopo di nuovo in Provenza, per presenziare a Salon, il 23 apr. 1260, all'atto di sottomissione del conte Emanuele di Biandrate, vassallo del Comune di Alba, a Carlo d'Angiò. Nel 1261 egli era ritornato in Piemonte: il 4 dicembre di quest'anno figura infatti tra i componenti del Consiglio generale di Alba che approvò la concessione del castello di Pollenzo al cugino Pietro de Brayda.
Per gli anni successivi, che videro il progressivo estendersi e consolidarsi dell'influenza angioina in Piemonte, del B. non si hanno notizie. Egli tuttavia non dovette restarsene in disparte, visto che figura come testimone nell'atto steso il 23 genn. 1265 a Aix-en-Provence, con il quale Milano, Bergamo, Como, Novara e Lodi dichiaravano di passare dalla parte del conte di Provenza e della Chiesa. È probabile che si sia associato all'esercito provenzale che nel tardo autunno del 1265 si mise in marcia alla conquista del Regno di Sicilia. Certo è che egli partecipò alla battaglia di Tagliacozzo (23 ag. 1268) contro Corradino di Hohenstaufen, guadagnandosi la particolare benevolenza di Carlo d'Angiò che lo premiò con un dono di 80 libbre. Probabilmente partecipò anche alle operazioni militari dirette a eliminare la resistenza degli ultimi seguaci di Corradino ancora attivi nel Regno, come lascia supporre la circostanza che il 23 febbr. 1269 il re gli concesse in feudo la terra di Moliterno in Basilicata, confiscata al ribelle Giovanni di Moliterno.
Il giorno prima della concessione del feudo, Carlo d'Angiò gli aveva affidato una missione diplomatica in Lombardia: il 22 febbr. 1269 lo incaricò di trattare, insieme a Bertrando di Montiliis, la sottomissione di Brescia. Questa città, signoreggiata dal 1266 dai Della Torre, che malgrado la loro iniziale adesione alla politica angioina avevano mostrato in occasione della discesa di Corradino di Hohenstaufen aperti sentimenti filoghibellini con la conseguente espulsione da Brescia, aveva iniziato trattative per offrire la signoria al re di Sicilia. Quale sia stato l'operato dei due ambasciatori angioini in questi negoziati non è noto, ma sta di fatto che il 22 maggio 1270 si venne alla formale dedizione di Brescia a Carlo d'Angiò. Con tutta probabilità il B. e il suo collega parteciparono anche nell'autunno del 1269al congresso di Cremona, dove un gran numero di signori e città guelfe dell'alta Italia giurarono fedeltà al re di Sicilia.
Rientrato nel Regno, il B. fu nominato nel 1275castellano di Taranto: il castello fu interamente restaurato sotto la sua direzione. Morì, mentre ricopriva ancora questa carica, nei primi mesi del 1280.
Aveva sposato nel 1273Oddolina di Aimone d'Aquino, sorella di Rainaldo, il famoso poeta, e nipote del santo, imparentandosi con una delle più potenti famiglie del Regno. Dal matrimonio nacquero tre figli: Ruggiero, Margherita e Oddone, che venne alla luce dopo la morte del padre e fu affidato dal re alla tutela di Giovanni di Bois. La vedova si risposò più tardi con Vinciguerra d'Aversa, notaio della Regia Curia.
Fonti e Bibl.: Acta Imperii inedita, a cura di E. Winkelmann, I, Innsbruck 1880, n. 750, p. 592; Appendice docum. al "Rigestum comunis Albe", a cura di F. Gabotto, Pinerolo 1912, n. CXXXVII, p. 192, n. CCXXXIX, pp. 172-175; I registri della cancelleria angioina, a cura di R. Filangieri, II-V, Napoli 1951-1953; XII-XIII, ibid. 1959, ad Indices; P.de Brayda, O.de B. di Alba barone di Moliterno in Basilicata, in Boll. stor. bibl. subalpino, XXXI(1929), pp. 413-455; XXXII (1930), pp. 331-393; XXXIII (1931), pp. 275-325; G. M. Monti, La dominazione angioina in Piemonte, Torino 1930, ad Indicem.