QUARTO, Oddo
QUARTO, Oddo. – Nato intorno al 1505-1506 a Monopoli, appartenne al ramo della famiglia padovana residente nella città pugliese.
Proveniva da una famiglia di elevata condizione sociale, come si deduce anche dalla sua buona conoscenza del latino e dalla vastità dei suoi interessi culturali. Poco più che ventenne entrò al servizio di Camillo Orsini, allora capitano dell’esercito veneziano inviato nelle Puglie a sostegno delle truppe francesi. Orsini era stato coinvolto in quell’impresa militare dal comandante francese maresciallo Odet de Foix, visconte di Lautrec, e fu uno dei protagonisti della conquista di Monopoli (1528-29) ai danni degli spagnoli. I due si conobbero probabilmente in quell’occasione. Pochi mesi dopo, all’indomani della morte di Lautrec, le sorti della guerra mutarono rapidamente e l’offensiva franco-veneta, spintasi fino a Napoli, si arrestò. Nella primavera del 1529 la controffensiva spagnola prese d’assedio la città pugliese senza tuttavia riuscire a espugnarla.
È probabile che Quarto abbia vissuto al fianco di Orsini quei drammatici momenti. A ogni modo, nel novembre 1529 Quarto era a Venezia quando Orsini vi fece ritorno all’indomani della pace di Cambrai. Da quel momento le sorti del giovane pugliese furono legate a doppio filo a quelle del condottiero romano, divenendo egli familiare di Orsini. Quest’ultimo rimase negli anni seguenti al servizio di Venezia come comandante di cavalleria nei presidi di Vicenza e Verona. In queste due città, Quarto e Orsini vennero in contatto con un tessuto religioso in fermento.
Sotto lo sguardo benevolo del vescovo Gian Matteo Giberti, un gruppo di predicatori, tra i quali l’eremitano agostiniano Ambrogio Quistelli, modellava la sua attività omiletica sulla fedele aderenza al testo evangelico e alla dottrina agostiniana. Nel corso degli anni Trenta i due rimasero fortemente affascinati, quasi rapiti, da quei sermoni ispirati al «dolce evangelo» e si convertirono a un’intensa vita spirituale e devozionale. Tale dimensione dovette assumere nelle vite di entrambi uno spazio preponderante, se è vero che molti uomini vicini al condottiero romano si lamentarono del fatto che la vita spirituale e la pratica devozionale lo distoglievano dalla vita familiare e dai suoi doveri militari. Chi li frequentava definì Quarto l’«anima del signor Camillo», colui che lo indirizzava alle «tante cerimonie» e a «tanta spiritualità».
Nel 1537 scoppiò la guerra di Zara che per tre anni impegnò la città di Venezia contro il nemico turco. Le truppe veneziane vennero affidate al comando di Orsini. Anche in questo caso Quarto fu al suo fianco in Dalmazia. I due furono ancora insieme a Roma nel 1539 e poi nuovamente a Verona, dove l’aristocratico romano ricoprì la carica di governatore tra il 1540 e il 1543. In quegli anni si consumò la rottura definitiva tra i due. Complice probabilmente l’amicizia veneziana con il protonotario apostolico Pietro Carnesecchi, Quarto si mosse probabilmente oltre i confini del perimetro religioso che aveva fino a quel momento condiviso con Orsini. Secondo la deposizione rilasciata qualche anno dopo da un testimone nel corso del suo processo inquisitoriale «questo messer Odo ragionava continuamente di queste opinioni nuove et... la cosa passò tanta avanti che il detto signor Camillo una mattina in colera lo cacciò via per heretico» (Archivio di Stato di Venezia, Sant’Uffizio, b. 21, deposizione di Salvator da Brescia, 6 luglio 1566).
Nel 1543-44 Quarto era a Padova, dove si legò in amicizia con il greco Francesco Porto, esponente del dissenso religioso cittadino. Dopo una permanenza a Bologna e un soggiorno a Ginevra, dove ebbe modo di ospitare anche Benedetto Accolti, figlio del cardinale Pietro Accolti e futuro ispiratore della fallita congiura del 1564 contro Pio IV, Quarto si trasferì nel 1545 a Venezia dove prese in affitto una casa di proprietà dei Sanuto da Banco.
Alla fine degli anni Quaranta tornò a Padova. In quegli anni il suo legame con le comunità clandestine eterodosse si consolidò. È probabile che a questo periodo sia da riferire il suo matrimonio con Laura Dondi dell’Orologio, membro di un’importante famiglia padovana. Con lei si mosse negli anni seguenti tra Padova e Monselice, dove gestì alcune terre da lui bonificate nella valle della Gambarara, scontrandosi con gli interessi economici dei frati del convento padovano di S. Maria delle Grazie di Padova. Quarto dimostrò una notevole predisposizione agli affari, costruendo nel tempo una solida rete di amicizie con esponenti del patriziato veneto.
La sua intraprendenza commerciale gli procurò invidie e inimicizie, ma non lo distolse dal coltivare la dimensione religiosa. Egli si legò in amicizia anche con Girolamo Donzellino, Leonardo Mocenigo, il conte Giulio da Thiene, di lì a poco esule religionis causa a Lione e a Ginevra, e con il ricco mercante vicentino Nicolò Pellizzari. Un ruolo importante nella vita religiosa di Quarto fu svolto dall’avvocato Gian Domenico Roncalli, tra i fondatori nel 1553 a Rovigo dell’Accademia degli Addormentati, le cui attività furono chiuse dal podestà nel 1562 in quanto «l’era un ricetto di heresie et forse d’altre male operationi» (Beccaria, 1996, p. 29). Quarto frequentò con una certa assiduità il suo «salotto», dove si «raggionava della Scrittura» e in particolare del «Testamento nuovo». Insieme con l’avvocato Domenico Mazzarelli, Roncalli fu uno dei massimi propagatori della dottrina riformata nel Rodigiano negli anni Cinquanta. Quarto collaborò intensamente alla sua attività di smercio clandestino di libri eterodossi, occupandosi di distribuire a Padova e a Monselice opere come la traduzione italiana del Catechismo e il Del fuggir le superstizioni di Calvino, o i Discorsi di Pietro Martire Vermigli.
Tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta, Quarto proseguì la sua attività di proselitismo tra Monselice e Padova, entrando in contatto con eterodossi come Ulisse Martinengo, fratello di Celso, e Prospero Provana, ricco banchiere trasferitosi a Cracovia. Nel novembre 1562 Quarto fu arrestato con l’accusa di essere «un grandissimo heresiarca» e di aver trasformato la sua abitazione in un «recettacolo de far congregationi». Era stato il Consiglio dei dieci, sollecitato dagli oratori veneziani al Concilio di Trento, a comunicare alcuni sospetti sul suo conto ai rettori di Padova, i quali a loro volta li trasmisero all’Inquisizione.
Durante i primi interrogatori subiti nel gennaio del 1563, egli avvalorò la tesi di una congiura ordita ai suoi danni dai domenicani padovani. Le sue affermazioni in tema di battesimo e confessione sembrarono però confermare i sospetti inquisitoriali, laddove sostenne, tra l’altro, che al cristiano basta unicamente aver fede nella «passion di Christo» e che la remissione dei peccati viene concessa dalla volontà divina dietro «libera et gratuita ellectione ab aeterno». Fra i temi del confronto con gli inquisitori vi fu la proibizione dei libri, della quale Quarto, riferendosi pur senza far nomi al caso di Erasmo, negava il carattere vincolante per la coscienza.
Dopo che l’imputato presentò alcuni documenti difensivi nel luglio del 1563, il processo rimase fermo fino alla primavera del 1564. Allora, di fronte all’accusa di eresia e all’invito all’abiura formulati dagli inquisitori padovani, Quarto ripropose la tesi della congiura domenicana ai suoi danni, sottolineando che uno dei giudici, il vescovo suffraganeo di Padova, era membro dell’Ordine di san Domenico. Il 29 luglio 1564 l’ambasciatore veneziano a Roma informò i capi dei Dieci che il papa aveva avanzato una richiesta di estradizione a Roma per l’imputato. È probabile che l’Inquisizione romana fosse venuta a conoscenza dei contatti di amicizia intrattenuti da Quarto con esponenti dell’eterodossia italiana come Camillo Orsini e Pietro Carnesecchi. La richiesta di Roma rimase però inascoltata. Il processo si arenò nuovamente fino alla fine del 1565 allorquando furono avviate le procedure per il trasferimento della causa al tribunale di Venezia.
Nonostante la ferma opposizione dell’imputato che reclamava insistentemente di voler «esser giudicato in Padova», la fase veneziana si svolse regolarmente tra il 12 febbraio 1566, data del primo interrogatorio dell’imputato, e il procedimento difensivo conclusosi nel gennaio del 1567. Quarto confessò soltanto di avere biasimato la vita scandalosa di molti preti concubinari e di non auspicare «se non la pace, unione et concordia di tutta la Christianità» (Archivio segreto Vaticano, Sant’Ufficio, b. 21, memoriale di Quarto, 26 giugno 1567). Egli consegnò due memoriali difensivi manifestando la volontà di dimostrare la sua piena adesione alla Chiesa cattolica. Rifiutò però ostinatamente di ammettere le sue responsabilità e di abiurare le accuse formulate ai suoi danni. Il 1° luglio 1567 giunse così la sentenza definitiva che lo condannò al carcere a vita in quanto «reum convictum de multiplicibus erroribus haereticam praevitatem sapientibus» (b. 21). La decisione del tribunale suscitò le ire di Pio V, indignato che tale «relapso e impenitente» non fosse stato condannato a morte.
Non abbiamo notizie circa la data e il luogo di morte.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Sant’Uffizio, b. 21; A. Stella, Anabattismo e antitrinitarismo in Italia nel XVI secolo. Nuove ricerche storiche, Padova 1969, pp. 195-198; S. Seidel Menchi, Erasmo in Italia 1520-1580, Torino 1987, ad ind.; C. Vasoli, Il processo per eresia di O. Q. da Monopoli, in Monopoli nell’età del Rinascimento, Monopoli 1988, pp. 569-624; A. Olivieri, Riforma ed eresia a Vicenza nel Cinquecento, Roma 1992, pp. 284-300; R. Beccaria, L’esperienza religiosa dell’eterodosso O. Q. da Monopoli, in Bollettino della Società di studi valdesi, CLXXVIII (1996), pp. 3-48; F. Ambrosini, Storie di patrizi e di eresia nella Venezia del Cinquecento, Milano 1999, pp. 54 s., 169 s.; M. Firpo - D. Marcatto, Il processo inquisitoriale del cardinal Giovanni Morone, I, Processo d’accusa, con la collaborazione di L. Addante - G. Mongini, Roma 2011, pp. 239 s. n. 134.