FORTEBRACCI, Oddo
Figlio di Guido, della famiglia dei signori di Montone, magistrato itinerante, nacque presumibilmente tra il terzo e il quarto decennio del sec. XIV, forse nel castello avito di Montone o, più probabilmente, a Perugia, dove la famiglia possedeva varie case. Sposò la nobile Giacoma Montemelini, discendente da una delle più antiche famiglie comitali di Perugia, dalla quale ebbe, nel 1368, Andrea, detto Braccio da Montone, il celebre capitano di ventura e, se pur per breve tempo, signore della stessa Perugia. Sempre legata al nome di Giacoma è anche la prima delle avventure giudiziarie che costellano le pur scarse fonti documentarie che riguardano il Fortebracci.
Nel 1371, probabilmente (nel documento la data non è indicata), davanti al podestà del castello di Montone, Giacomo di Perugia, Francesco di Vanni di Montone chiedeva giustizia contro il F., perché gli venisse restituito un prezioso anello d'oro e diamanti (oppure il corrispettivo valutato in 4 fiorini d'oro), che era stato a suo tempo prestato a Giacoma con i patti di una sollecita restituzione, mai avvenuta. È probabile che la disavventura legata al monile costituisse, in realtà, episodio circostanziato ma facente parte di una fitta trama di alleanze e liti con un'altra potente famiglia di Montone, di simpatie ghibelline, con la quale i Fortebracci, e il F. in particolare, erano legati da vincoli di parentela - gli Olivi - di cui Francesco di Vanni era tra i massimi esponenti. Sempre nello stesso torno di anni si doveva infatti accendere un'altra vertenza tra il F. e i figli di Vanni di Raniero Olivi, questa volta a causa di alcuni diritti di immunità.
Inframezzato ad altre petizioni e denunce rivolte dal F. al vicario pontificio di Montone per pretendere la restituzione di somme di denaro prestate in "mutuo" a vari uomini del castello, si trova ancora un altro procedimento contro Angelo di Vanni Olivi colpevole di non aver restituito, negandolo, un prestito di 4 fiorini.
Mentre le cronache giudiziarie del castello di Montone si arricchivano delle proteste del F. e dei suoi parenti, in Perugia la situazione politica generale registrava la momentanea caduta del partito popolare dei raspanti e l'ingresso di Pierre d'Estaing cardinale di Bourges che dava inizio a un quinquennio di vicaria pontificia, interrotto dalla rivolta del dicembre del 1375, in cui si riuscì, tramite un'imprevedibile alleanza tra raspanti e beccherini, ovvero tra popolo, nobili e magnati, a cacciare l'allora vicario Géraud Dupuy. Proprio a seguito di tali avvenimenti, sulla metà del febbraio 1371, dopo la cancellazione dei capitoli statutari che riguardavano i bandi e le accuse contro i magnati, si elencarono nei verbali dei Consigli priorali tutti i nomi dei nobili riammessi a godere dei benefici civili. Tra le famiglie appartenenti al rione di Porta Sant'Angelo, dove il F. aveva la sua residenza e dove si vuole che nascesse lo stesso Braccio, si ritrovano diversi esponenti dei Fortebracci da Montone, tra i quali anche "Oddo domini Guidonis".
Nel 1372, poco più di un anno dopo aver riacquistato il privilegio della cittadinanza, il F. venne chiamato in Firenze a ricoprire la carica di capitano del Popolo. Tornato allo scadere del suo mandato in Montone, fu eletto tra i Dodici di credenza del castello. Ben presto fu però nuovamente coinvolto nei contrasti politici all'interno del Comune di Perugia, dove, con il riaccendersi della lotta, sempre più violenta, tra popolari e nobili con la conseguente vittoria dei primi e il bando e la confisca dei beni per i secondi, la situazione si era deteriorata ancora una volta.
Nel dicembre del 1376 l'allora capitano del Popolo di Perugia, Palla Strozzi, giudicava per ribellione, comminando severe pene, quattro illustri cittadini, tra cui Uguccione, marchese di Monte Santa Maria, e il Fortebracci. L'accusa, esplicita e circostanziata, partì dalle numerose denunce raccolte, che rivelarono l'esistenza di un accordo segreto stipulato dai quattro rei in una località della "cura" del castello di Montone chiamata Faldi. Il patto prevedeva l'assalto e la presa dello stesso Montone, che si sarebbe così armato contro Perugia e il partito popolare. Il F. in persona, poi, si sarebbe calato di nascosto dalle mura recandosi verso Gubbio per assoldare mercenari da portare in Faldi, dove un suo partigiano montonese, Bandiera di Vita, avrebbe loro aperto le porte. Il verbale stilato dai giudici del capitano aggiunge però che Bandiera, evidentemente spaventato da un'impresa troppo audace per lui, tradì il F., consegnandosi al podestà della vicina Fratta - l'odierna Umbertide - perché intercedesse per lui presso Perugia. Il risultato di tutta l'iniziativa fu il bando dei congiurati dalle terre soggette al dominio perugino, la confisca dei loro beni e, qualora si fossero ripresentati entro i confini, il taglio della testa. Nemmeno due anni dopo, il 12 marzo 1378, il Consiglio dei priori delle arti di Perugia, in seduta generale, dispose la demolizione di tutti i fortilizi e palazzi di Comunità e privati cittadini dove si presumeva si annidassero focolai di resistenza. Nell'elenco era compreso anche il palazzo che il F. possedeva a Montone.
Pochi giorni dopo, il 16 di marzo, con un'altra riformanza, i Priori di Perugia eleggevano anche i due bonihomines deputati a sovrintendere i lavori a Montone, dove, tra l'altro, si stabilì anche di far costruire, in luogo adatto alla difesa, un nuovo cassero. Le preoccupazioni perugine dovevano però fare i conti con le finanze comunali e le opportunità politiche e perciò, nell'ottobre successivo, il Consiglio decise un rapido voltafaccia e il conseguente rinsanguamento delle finanze pubbliche. Considerando che la pericolosa presenza di ribelli nel castello di Montone avrebbe costretto Perugia al mantenimento di un troppo oneroso corpo di guardia, fu deciso di abolire il bando e le relative condanne che pendevano sulla testa del F. che in tal modo sarebbe tornato alleato, se non proprio amico fidato, del Comune. Tutto questo però doveva avvenire dietro pagamento di un'ammenda di ben 500 fiorini d'oro da destinarsi integralmente alla costruzione del nuovo cassero di Montone al quale non si poteva in alcun modo rinunciare. Il 30 nov. 1378 il cognato Tiberio dei Montemelini si faceva garante della somma dovuta dal F. al Comune di Perugia.
Dopo il 1378 le fonti non registrano notizie riguardo al F. che, a detta dello storico e biografo della famiglia, G.V. Giobbi Fortebracci, dovette morire di lì a poco, intorno al 1380. Lasciò, oltre al già ricordato e ben più famoso Andrea detto Braccio, altri figli, tutti nati dal matrimonio con Giacoma: Carlo, Giovanni, Stella, Monalduccia e Giovanna.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Perugia, Arch. storico del Comune di Perugia, Consigli e riformanze, 26, cc. 83v ss.; 182, c. 46r; Arch. giudiziario antico, Capitano del Popolo, anno 1376, cc. 88v-89r; Montone, Arch. storico del Comune, regg. 311, cc. 12v ss.; 330, cc. 54v ss.; P. Pellini, Dell'historia di Perugia, I, Venetia 1664, p. 1235; G.V. Giobbi Fortebracci, Lettera istorico-geneal. della famiglia Fortebracci da Montone, Bologna 1699, pp. 26 ss.; G. Milli, Andrea Braccio Fortebraccio conte di Montone, Perugia 1979, p. 49.