DELLE COLONNE, Oddo
Nato a Messina, probabilmente dalla stessa famiglia di Guido (di cui fu maggiore di età), altro e più famoso rimatore della scuola poetica siciliana, poetò nella prima metà del sec. XIII.
Per la posizione che occupa nei codici la sua opera, il D. è da annoverare tra i poeti più antichi della scuola. Non si conosce alcuna notizia certa della sua vita, né i pochi documenti reperiti permettono di tentare qualche plausibile identificazione. Decisamente da scartare la tesi del Monaci che lo volle identificare con quell'Oddo della famiglia Colonna che fu senatore di Roma nel 1238 e nel 1241, contro il quale Bonifacio VIII si scaglia nella sua bolla contro i Colonnesi del 10 maggio 1297, pur dicendolo morto da quarant'anni (Monaci, 1912, p. 75).
L'identificazione contrasta, tra l'altro, con le notizie dell'ottimo codice Vat. lat. 3793, il più autorevole tra quelli che hanno tramandato le rime della scuola siciliana. Il codice gli assegna come patria Messina e ne trascrive il cognome nella forma "delle Colonne" (ma il tardo codice cartaceo Parmense 1081, compilato nel XV sec., riporta, nella rubrica della canzone Distretto core e amoruso, "Dominus Oddus de Coluinna").
Fu di nobile famiglia secondo le ricerche del Restivo (ma lo attestano anche il titolo di "Messere" e di "Dominus", conferitogli dai codici citati), che individuò in un privilegio concesso ai Messinesi nel 1129 dal re Ruggero un certo "Ioannes de Colunina iurista" tra i sindaci della città. Se il documento è autentico, significa che assai prima del 1255, anno in cui secondo i genealogisti Federico Colonna, al seguito del fratello cardinale Giovanni, da Roma si recò a Messina e vi fondò un nuovo ramo della famiglia, i "de Coluinna" dovettero esistere ed avere potenza a Messina. È cosa molto dubbia se a questa famiglia appartenessero i rimatori Oddo e Guido: in tal caso bisognerebbe credere che il cognome di essa, in poco più di cent'anni, dovesse essersi alquanto modificato, diventando "de Columnis", trasformazione non del tutto inverosimile secondo il Torraca (p. 376).
Al D. appartiene senza dubbio la canzone tramandata per intero unicamente dal ms. Vat. lat. 3793, iniziante con il verso "Distretto core e amoruso" (A 25; b c. 107v, solo i primi nove versi) che reca la rubrica "Messer Odo de le Colonne di Mesina". Gli è contestata, invece, da più parti, la paternità del componimento che nello stesso manoscritto segue subito dopo (A 26), senza intestazione, e che comincia "Oi, lassa 'namorata", per quanto il postillatore del canzoniere, il noto umanista Angelo Colocci, nell'indice lo indichi come canzone del Delle Colonne. Il Panvini nella sua edizione lo inserisce tra le poesie anonime, mentre gli antologisti precedenti, compreso il Vitale, lo pubblicano generalmente di seguito a Distretto core e amoruso, pur segnalando l'incerta attribuzione. Reciso è il Contini che lo definisce adespota e falsamente attribuito al D., probabilmente sulla base delle abitudini scrittorie del canzoniere 3793, per il quale le poesie anonime sono veramente tali e non sono generalmente ascrivibili all'ultimo autore messo in epigrafe (cfr. anche dello stesso G. Contini, Questioni attributive nell'ambito della lirica siciliana, in Atti del Convegno internaz. di studi federiciani, Palermo 1952, pp. 367-95).
La prima canzone, Distretto core e amoruso, èformata da ottonari disposti secondo lo schema ab/ab/ac/ca, collegati dalla rima a, ripartiti regolarmente in cinque stanze di otto versi ognuna, capfinidas, in cui il primo verso di ciascuna stanza, sul filo di una tecnica preziosa e raffinata di derivazione occitanica, riprende una o più parole presenti nella fine della strofa precedente, in un gioco di corrispondenza verbale che prolunga di strofa in strofa l'eco dei termini più poeticamente pregnanti. Gli artifici metrici e retorici (dittologie verbali e nominali, ripresa di verbi analoghi o eguali) si fondono abilmente con un linguaggio calcolato ed intessuto del consueto formulario cortese. La matrice provenzale èpure evidente nel tema topico della "fina disianza" (v. 14), nella descrizione usuale della fenomenologia amorosa, accompagnata dalle consuete professioni di vassallaggio d'amore care alla lirica d'Oltralpe, nella altrettanto rituale contrapposizione tra il "leali arnadori" (v. 22) e "li rei parladori" (v. 23), che non sono altro che i lausengiers della lirica provenzale.
Meno legata a modi arcaici e provenzaleggianti è la seconda canzone, di incerta attribuzione, Oi, lassa 'namorata, nota tradizionalmente anche con il titolo di Lamento dell'abbardonata. Viè qui un'apertura maggiore verso modi mimici tradotti nei ritmi più facili della canzonetta (cinque strofe composte da dodici settenari di cui l'ultima funge da congedo, disposti secondo lo schema metrico ab/ab/ab/ cd/cd/cd) nel suo atteggiarsi oggettivo di lamento personale (tema comune a tutta la poesia romanza), tanto che l'Apollonio per questa poesia parla di un assai ricco approfondimento psicologico e di situazione drammatica che nasce dal contrasto nella donna tra il desiderio dell'amato e quello di vendetta. Non mancano nel tessuto lirico particolari realistici ("Mora di mala lanza / e senza penitenza": vv. 35 s., modo proverbiale di sapore popolaresco; "ferilo a la corina": v. 51) che tentano di introdurre una situazione narrativa che contrasta con l'uso del tradizionale linguaggio cortese. Cara al gusto romantico ottocentesco, è documento di quel filone popolareggiante dai modi più andanti e dimessi, se non propriamente giullareschi, che è possibile individuare e seguire all'interno della scuola siciliana accanto al genere della canzone illustre di impianto alto e solenne. Ambedue i generi, spesso, si affiancano e s'intrecciano nella produzione di poeti prestigiosi quali Federico II, Giacomo da Lentini, Rinaldo d'Aquino, Giacomino Pugliese. Non sembra inverosimile, dunque, che il curatore della raccolta contenuta nel ms. 3793 abbia scelto nel canzoniere del D., di cui non si conosce l'originaria consistenza, due canzoni rappresentative dell'uno e dell'altro filone.
Il codice Vat. lat. 3793 (A) della Biblioteca apostolica Vaticana fu pubblicato in edizione interpretativa da A. D'Ancona-D, Comparetti, con "annotazioni critiche" di T. Casini, Le antiche rime volgari secondo la lezione del cod. Vat. 3793, Bologna 1875-88 e poi in diplomatica da F. Egidi-S. Satta-G. B. Festa-G. Ciccone, Il libro de varie romanze volgare, Roma 1901-06. Per il codice Parmense 1081 (b) della Biblioteca Palatina di Parma si veda E. Costa, Il codice Parmense 1081, in Giorn. stor. d. letter. ital., XIII (1889), pp. 3, 18, 27. Le due canzoni compaiono nelle più note antologie della prima lirica italiana (Allacci, Andreola, Di Gregorio, Monaci ecc.) per le quali valga il rinvio a F. Zambrini, Le opere volgari a stampa dei secc. XIII e XIV, Bologna 1884, pp. 289 s., App., p. 138; al Suppl. di S. Morpurgo, Bologna 1929, nn. 105, 568 s., 574 ss., e all'ottima antologia di M. Vitale, Poeti della prima scuola, Arona 1951, pp. 189-93. Per l'edizione critica dei testi si rimanda a B. Panvini, Le rime della scuola siciliana, I, Introduzione, testo critico, note, Firenze 1962, pp. 91 s., 461 ss.
Bibl.: E. Monaci, Odo e Guido della Colonna, in Rend. d. R. Accad. d. Lincei, cl. di sc. mor. st. e fil., IV (1892), pp. 171 ss.; V. Di Giovanni, Guido delle Colonne giudice di Messina e i giudici in Sicilia nei secc. XIII e XIV, ibid., V (1894), pp.180 s.; F.E. Restivo, La scuola siciliana e O. D., Messina 1895 (rist. in Messana, III[1954], pp.225-38); E. Monaci, Per la storia della scuola poetica siciliana, in Rend. d. R. Accad. d. Lincei, cl. di sc. mor. st. e fil., V (1896), pp. 260 ss.; F. Torraca, Studi sulla lirica ital. del Duecento, Bologna 1902, pp. 374-77; G. Bertoni, Il Duecento, Firenze 1910, pp. 125 s.; E. Monaci, Crestomazia ital., Città di Castello 1912, p. 75; G. A. Cesareo, Le origini della poesia lirica e la poesia sicil. sotto gli Svevi, Milano-Palermo 1924, p. 134. Qualche scarna notazione sul D. si può trovare anche in M. Apollonio, Uomini e forme d. cultura ital. delle origini, Firenze 1943, p. 198; G. Contini, Poeti del Duecento, Milano-Napoli 1960, I, p. 48; II, Indice, p. 969; D. Mattalia, in Letter. ital. I minori, Milano 1961, p. 64; E. Pasquini, Le origini e la scuola siciliana, in La letteratura italiana, Storia e testi, I, Bari 1970, p. 188.