MANNONI, Octave
Psicoanalista francese, nato da genitori di origine corsa a La Motte-Beuvron en Sologne (Loir-et-Cher) il 29 agosto 1899, morto a Parigi il 30 luglio 1989. Conclusi gli studi di filosofia a Strasburgo, dal 1925 al 1945 visse in Madagascar, dove insegnò al liceo Gallieni di Tananarive e diresse poi il Servizio generale dell'informazione; studiò la flora e la fauna dell'isola e si dedicò alla poesia (scrivendo, tra l'altro, il poema Andrianampoinimerina) e all'etnografia; nel 1945, stanco di quello che definiva un "bric à brac etnographique", passò alla psicologia, scrivendo Psychologie de la colonisation, pubblicato nel 1950 e ripresentato nel 1984 col titolo shakespeariano di Prospero et Caliban, in cui sostenne la tesi che "il negro è la paura che il bianco ha di se stesso". A questa svolta teorica corrispose nel 1947 l'inizio di un'analisi con J. Lacan e l'attività clinica in un servizio dell'ospedale psichiatrico di Evreux insieme con il lavoro di analista al Bureau d'Aide Psychologique Universitaire (BAPU). Si dedicò poi alla professione libera come analista associato nella Società psicoanalitica di Parigi. Nelle complesse polemiche sorte all'interno della Société Française de Psychanalyse si schierò sempre con Lacan, difendendolo di fronte alla commissione d'indagine inviata dall'IPA (International Psychoanalytical Association), e lo seguì nelle due scissioni del 1953 e del 1963; divenne quindi analista dell'Ecole Freudienne. Fondò nel 1982, con la moglie Maud e con P. Guyomard, il Centre de Formation et de Recherche Psychanalytique (CFRP), che costituisce, in rivalità con l'Ecole Freudienne de Paris, la seconda grande componente del lacanismo degli anni Ottanta.
Rimasto sempre su posizioni defilate rispetto alle istituzioni, fino ad aderire negli anni Settanta all'antipsichiatria, M. ha mantenuto un atteggiamento di reale indipendenza nei confronti di Lacan, pur nella filiazione teorica ribadita fino alla morte, portando avanti un proprio, originale discorso. Pensatore asistematico, ha scritto articoli su riviste, riuniti in volume con voluta casualità: egli stesso ha paragonato i suoi libri a un arcipelago le cui isole si incontrano soltanto sotto il mare.
Il ritorno a Freud, di stampo lacaniano, è una delle costanti dei suoi scritti, che affrontano la teoria e la tecnica della cura e la teoria del funzionamento psichico. Il suo volume su Freud (1969; trad. it., 1970), opera che lo ha reso noto in Italia, non è solo una biografia ma segna una tappa nella storia della psicoanalisi perché, nei rapporti con i predecessori, evidenzia la novità di Freud, fondata sull'autoanalisi e sulla scoperta del transfert attraverso la corrispondenza con W. Fliess. In Clefs pour l'imaginaire, ou L'autre scène (1961), M. ribadisce l'originalità della psicoanalisi, ai cui esordi bisogna tornare per cogliere finalmente tutta la "ricchezza sconvolgente e inquietante degli inizi". Da notare, in quest'opera, il saggio d'esordio Je sais bien mais quand même, concentrato sulla nevrosi ossessiva e definito da A. Green un "piccolo gioiello della letteratura psicoanalitica".
M. si è occupato anche di letteratura, scrivendo saggi sul teatro e su Mallarmé (in Clefs pour l'imaginaire, cit.). Un'opera molto particolare è Fictions freudiennes (1978), un pastiche sotto forma di romanzo epistolare in cui M. ironizza sulla tecnica analitica e approda a una scrittura creativa.
Bibl.: Hommage à Octave Mannoni: témoignages de R. Tostain, L. Israel, M. Safouan, N. Le Guérinel, A. Green, F. Roustag, in Esquisses psychanalytiques, 1990 (con bibliografia completa degli scritti di Mannoni, a cura di J. Lagarrigue).