OCCHIO (XXV, p. 116; App. II, 11, p. 432)
Fisiologia. - I recenti progressi nelle conoscenze sulla fisiologia dell'o. riflettono soprattutto la elettrofisiologia, la circolazione dell'umore acqueo e la biochimica dei processi visivi.
Nell'elettrofisiologia da segnalare anzitutto la larga diffusione assunta dai procedimenti di elettroretinografia (abbr. ERG) che consentono oggi la registrazione delle correnti di azione della retina, quando venga illuminata, in modo assai più preciso ed attendibile che in passato. Si tratta di variazioni di potenziale che si determinano fra le superfici interna ed esterna della retina, in seguito ad esposizione alla luce, e che sono registrabili con i cosidetti elettroretinografi, o anche con elettroencefalografi dotati di adeguate caratteristiche di amplificazione. Per un'analisi completa dell'ERG nelle sue diverse componenti è indispensabile un sistema di amplificazione e di oscillazione (oscillografo catodico). Con opportuni accorgimenti tecnici, per es. il montaggio dell'elettrodo attivo su lente a contatto da applicarsi sull'occhio del soggetto, è stato possibile passare dalla fase sperimentale della registrazione degli elettroretinogrammi negli animali a quella a scopo clinico nell'uomo. Nell'elettroretinogramma si constata dopo un certo periodo di latenza dalla stimolazione luminosa della retina un'onda negativa, onda a, cui segue un'onda positiva b, le cui caratteristiche: latenza, durata, altezza, ecc., sono particolarmente importanti per la valutazione dell'ERG. Questo potrà rivelarsi di tipo normale o alterato: ipernormale (onda b troppa alta), iponormale (onda b troppo bassa), negativo (onda a aumentata), o estinto. Diremo più oltre delle applicazioni cliniche dell'elettroretinografia, alle quali si affiancano quelle dell'elettromiografia (registrazione delle curve del potenziale muscolare della muscolatura oculare estrinseca), quelle della elettrooculografia e della elettronistagmografia, colle quali si ricorre alla registrazione del cosidetto potenziale di riposo, per avere curve che ci informino di talune caratteristiche della muscolatura oculare.
Quanto alla circolazione dell'umore acqueo si sono andate esaminando sempre meglio le condizioni di produzione di quest'ultimo, tra l'altro con isotopi radioattivi, stabilendo che non si tratta di un puro meccanismo di ultrafiltrazione, ma che a livello dell'epitelio ciliare si svolge un'attività selettiva o secretiva per determinati componenti dell'acqueo. Si sono anche studiate la rapidità della circolazione e la facilità del deflusso dell'umore acqueo, indagando dal punto di vista morfologico e funzionale le condizioni degli emuntori di tale liquido all'angolo della camera anteriore.
Collegati con lo studio della circolazione dell'umore acqueo sono anche i mezzi di misura della tensione oculare, che forniscono oggi dati molto più attendibili che in passato. Si tiene infatti oggi nel dovuto conto il fattore rigidità della parete sclerale, che incide sensibilmente sui valori tonometrici ricavati con l'abituale tonometro ad impressione di Schiötz. Tale inconveniente viene eliminato con l'uso del tonometro ad applanazione di Goldmann. Questo ha anche il vantaggio di non provocare un abbassamento del tono oculare, quando si ripetano le determinazioni, data la minima quantità di liquido endoculare spostato dalla manovra tonometrica con questo apparecchio.
In materia di processi chimici della visione sappiamo che oggi sono ben conosciuti quattro pigmenti visivi e precisamente la rodopsina e la porfiropsina nei bastoncelli, la iodopsina e la cianopsina nei coni. La rodopsina si trova nell'Uomo, nei Vertebrati terrestri, nei pesci marini; la porfiropsina nei pesci d'acqua dolce, in certi anfibi e nei Ciclostomi. La distribuzione precisa dei pigmenti dei coni non è ancora stabilita con sicurezza: la iodopsina comunque è stata trovata nel pulcino e la cianopsina nella tartaruga. Con l'esposizione alla luce dei pigmenti visivi si mette in libertà dalla rodopsina e iodopsina il carotinoide retinene 1 (aldeide della vit. A1), mentre dalla porfiropsina e cianopsina si libera retinene 2 (aldeide della vit. A2). La componente proteica dei pigmenti visivi è data dalle cosidette "opsine" e precisamente dalla scotopsina per i pigmenti dei bastoncelli e dalla fotopsina per quelli dei coni. Si è anche pensato che la iodopsina, la cianopsina e la rodopsina potessero essere alla base di un sistema tricromatico per la visione dei colori. Ciò non è provato, mentre invece si continua ad annettere importanza alle sferule oleose agenti come una sorta di filtro colorato.
Patologia. - Un gruppo di acquisizioni riflette l'importanza degli adenovirus (virus adenoideo-faringo-congiuntivali o APC) per la genesi di congiuntiviti follicolari. Il tipo 8 si è riconosciuto così responsabile della "cherato-congiuntivite epidemica", mentre il tipo 3 (e anche i tipi 1, 4, 5, 6, 7) provocano altre forme, principalmente la febbre faringo-congiuntivale. Isolati sono stati anche i virus del tracoma (v., in questa App.) e quello apparentato della congiuntivite da inclusi o congiuntivite da piscine (oftalmoblenorrea, v. App. II, 11, p. 440). Anche il virus della malattia di Newcastle (pseudo-peste aviaria) è suscettibile di provocare una congiuntivite follicolare a base per altro più tossica che infettiva.
Varî virus, ma principalmente quelli dell'herpes simplex e dell'herpes zoster e talune rickettsie, sono ritenuti responsabili di uveiti sulla cui etiologia, spesso incerta, continuano con fervore gli studi. Uveiti vengono così attribuite oggi, oltre che ai più noti agenti ammessi in passato (sifilide, tubercolosi, piogeni varî a punto di partenza focale, reumatismo, ecc.), anche alla toxoplasmosi, alla leptospirosi ed alla sarcoidosi, per non citare che le etiologie più studiate. Si sono inoltre accresciute le conoscenze su alcune forme di uveite accompagnate da manifestazioni extraoculari (ad es. l'uveite recidivante con ipopion, stomatite aftosa, ulcerazioni genitali, piodermiti: mal. di Behçet; la malattia di Vogt-Koyanagi e quella di Harada: uveite rispettivamente anteriore e posteriore con alopecia, vitiligo, sordità, segni meningitici), per le quali è stata sospettata, ma non del tutto comprovata, una etiologia virale.
Un altro quadro, sulla cui natura si è fatta ormai luce, è quello della cosidetta "fibroplasia retrolenticolare" che colpisce tipicamente neonati prematuri e che nei casi più gravi, non arrestati tempestivamente, può condurre alla cecità per un'organizzazione di tessuto nella camera vitrea al di dietro del cristallino. Si è infatti potuto stabilire che l'eccessivo apporto di ossigeno, che viene spesso somministrato generosamente ai nati prematuri, determina una proliferazione degli elementi vascolari retinici (particolarmente sensibili all'iperossia), che è la prima responsabile dell'organizzazione summenzionata. L'ossigeno pertanto deve essere somministrato al prematuro non indiscriminatamente, ma solo in rapporto a precise esigenze che però possono essere diverse da caso a caso.
Ampliate si sono anche le conoscenze oftalmologiche sui rapporti fra malattie generali e manifestazioni oculari. Si sa così che nella galattosemia si può osservare una cataratta. Quest'ultima accompagna anche la cosidetta malattia di Takayasu (o sindrome senza polso, o sindrome dell'arco aortico), caratterizzata da mancanza del polso radiale, alterazioni dei vasi retinici e cataratta di tipo complicato. Aumentato è anche il novero delle forme cutanee, cui può accompagnarsi un opacamento del cristallino (pemfigo foliaceo, neurodermite disseminata, ittiosi congenita, lichen spinuloso, ecc.). Anche nell'iperaminoaciduria si è constatata una cataratta. Altre acquisizione riflettenti la partecipazione dell'o. a malattie generali dovute ad anomalie costituzionali del ricambio, sono poi quelle relative alla cosidetta sindrome oculo-cerebro-renale di Lowe (nanismo, ritardo psico-motorio, voce stridula, febbre intermittente, alterazioni cutanee ed ossee, disturbi renali, cataratta e glaucoma), la cistinosi (depositi di cristalli nella cornea e nella congiuntiva), le porfirie (diminuzione della secrezione lacrimale, alterazioni corneo-congiuntivali, pigmentazioni palpebrali, papillite, edema retinico, retinopatia angiospastica con emorragie, focolai di coroidite disseminata). L'o. partecipa altresì sotto varî aspetti, interni ed esterni, alle collagenosi.
Cataratte congenite sono dovute, insieme ad altre alterazioni oculari ed extraoculari di tipo malformativo, a varie virosi sofferte dalla madre nei primi mesi di gravidanza, (per es. rosolia).
Le conoscenze nel campo della patologia si sono poi arricchite in virtù anche di nuovi e più perfezionati mezzi diagnostici.
Abbiamo già accennato ai miglioramenti nella tecnica della tonometria, ciò che agevola la diagnosi del glaucoma. Il riconoscimento di quest'ultimo è reso più facile non solo con il ricorso alle varie cosidette prove di carico, ma anche alla tecnica d'esame della tonografia (Grant). Questa, che viene eseguita preferibilmente con un tonometro elettronico, consente di registrare mediante successive pesate, nel corso di 4-5 minuti, il comportamento del tono oculare. Quando esista una normale facilità al deflusso dell'umore acqueo, questo si abbassa gradualmente, perché l'applicazione del tonometro ad impressione provoca una maggiore fuoriuscita dell'umore acqueo dal globo, ciò che non avviene, o avviene in misura minore, quando il deflusso stesso sia ostacolato per alterazioni delle vie di scarico del suddetto liquido endoculare.
Le tecniche di indagine elettrofisiologica, cui si è accennato precedentemente, hanno migliorato anche le nostre possibilità diagnostiche. Così l'elettroretinografia si è rivelata utile metodo sussidiario di indagine clinica in alcuni casi particolari e soprattutto nella retinite pigmentosa, nel distacco di retina, in affezioni vascolari oculari, per l'accertamento di certi casi di simulazione. L'elettromiografia può invece servire per riconoscere la sede di lesioni della muscolatura oculare esterna (sede muscolare, nel neurone e sopranucleare). L'elettrooculografia e l'elettronistagmografia servono pure a fini diagnostici. Quest'ultimo metodo è particolarmente utile per la registrazione e l'analisi delle varie forme di nistagmo.
Un notevole miglioramento è infine da registrare nelle attrezzature dirette ad esplorare lo stato della visione monoculare e binoculare nello strabismo, e al relativo trattamento a registrare con finezza le caratteristiche del campo visivo (perimetria quantitativa con perimetro a proiezione: Maggiore, Goldmann, Harms), come pure alla obiettivazione delle misure del visus e del senso luminoso.
Tale obiettivazione, che può essere utile in caso di simulazione o di individui non in grado di rispondere con precisione, per la loro età o per le loro condizioni psichiche, può essere ottenuta con l'osservazione del cosidetto nistagmo ottocinetico; questo viene provocato quando l'esaminando percepisca oggetti in movimento di grandezza determinata, le cui dimensioni vengono opportunamente scelte e variate, onde consentire di graduare le risposte ed avere così notizie esatte del grado della funzione che si deve esplorare.
Quanto ai recenti apparecchi destinati alla diagnosi ed alla rieducazione degli strabici, ricordiamo soprattutto il visuscopio e l'eutiscopio di Cüppers, il pleottoforo di Bangerter e varî tipi di sinottoforo, derivati dall'amblioscopio di Worth. Il visuscopio serve alla precisa localizzazione dell'area di fissazione, mentre il pleottoforo e l'eutiscopio consentono con tecniche di abbagliamento di regioni retiniche ove si è sviluppata una fissazione extracentrale e sollecitando la fissazione con la cosidetta tecnica delle immagini postume, di combattere l'ambliopia. Il sinottoforo serve al trattamento di anomalie della visione binoculare.
Terapia. - Anche l'oftalmologia ha naturalmente risentito in modo favorevole dell'introduzione in terapia dei nuovi mezzi medicamentosi, che vanno dai recenti antibiotici, ai cortisonici, ai ganglioplegici ed ai tranquillanti, ai diuretici inibitori dell'anidrasi carbonica, varî dei quali sono in grado di abbassare la tensione oculare e di essere pertanto utilizzati contro il glaucoma.
Ma i progressi forse più specifici sono stati realizzati nel campo chirurgico. Ricorderemo anzitutto l'introduzione della "zonulolisi enzimatica" per opera di J. Barraquer. Questi ha veduto come l'irrigazione della camera anteriore per qualche minuto con una soluzione di alfachimotripsina provochi una lisi del legamento sospensore del cristallino o zonula di Zinn. Ciò facilita notevolmente l'estrazione totale del cristallino nell'operazione della cataratta, specialmente nei casi ove il suddetto legamento si presenta più resistente ad esempio nei soggetti giovani.
Altri progressi sono da registrare nella terapia del distacco di retina, ove le percentuali di guarigione sono sensibilmente aumentate (attorno all'80%) in grazia di nuovi procedimenti adottati. Questi sono rappresentati dai trapianti di vitreo, sopratutto liofilizzato, dalle resezioni della sclera e da varie forme di ripiegamento o depressione di questa, ciò che consente un più intimo contatto tra retina distaccata e tessuto coroideale sottostante, con maggiore facilità di cicatrizzazione delle rotture retiniche e quindi di guarigione del distacco. Per questi ultimi procedimenti si ricorre all'applicazione sulla sclera (che viene depressa o invaginata) di bottoni o cilindretti di sostanze plastiche (poliviol, polietilene, silicone, ecc.), che restano definitivamente in sito, essendo ben tollerate dai tessuti.
Le sostanze plastiche sono state saggiate nella chirurgia oftalmologica anche per altri scopi (ricanalizzazione delle vie lacrimali, operazioni di chirurgia plastica sugli annessi oculari, drenaggi in operazioni di glaucoma, sostituzione del cristallino dopo operazioni di cataratta, trapianti corneali, ecc.). Per quanto la tolleranza da parte del globo oculare e dei suoi annessi sia in generale buona, vi sono tuttavia alcuni problemi soprattutto di indole meccanica, che attendono di essere pienamente risolti per poter permettere all'uso di sostanze plastiche in chirurgia oculare di uscire completamente dalla fase in parte ancora sperimentale.
Un'importante acquisizione in materia di terapia oftalmologica è infine rappresentata dal fotocoagulatore di Mayer-Schwickerath. Si tratta di un apparecchio con una sorgente luminosa particolarmente intensa, costituita da una lampada allo xenon ad alta pressione, donde parte un raggio luminoso di intensità regolabile, che viene fatto cadere sulla retina per mezzo di un oftalmoscopio manovrato dall'operatore nel preciso punto nel quale si vuole effettuare una coagulazione. Si ripete cioè artificialmente ciò che avviene quando un o. fissi troppo a lungo il disco solare senza protezione. Il fotocoagulatore era stato originariamente ideato per il trattamento del distacco di retina, per la chiusura sotto controllo oftalmoscopico di fori retinici, in particolare di quelli maculari, in retine già sufficientemente aderenti; successivamente si sono effettuate fotocoagulazioni anche per chiudere i vasi sanguinanti nelle emorragie recidivanti e nelle periflebiti della retina. Anche tumori retinici e coroideali, di estensione e di spessore limitati, sono stati coagulati e distrutti con successo (angiomatosis retinae, glioma retinico, melanomi maligni della coroide e metastasi carcinomatose). Il fotocoagulatore consente altresì di trattare piccoli tumori del bordo palpebrale, della congiuntiva del limbo sclero-corneale e dell'iride e di effettuare in certi casi iridectomie incruente.