occhio
Si hanno le occorrenze seguenti: Vita Nuova 56, Rime 68, Convivio 71, Inferno 67, Purgatorio 101, Paradiso 95, Fiore 6.
O. è dato dalle Concordanze dell'I.B.M. come il sostantivo più frequente della Commedia (con 263 occorrenze, seguito da ‛ mondo ' con 143); ricorre frequentemente anche nelle altre opere. Le ragioni di questo, vanno ricercate, oltre che nell'importanza dell'o. nella vita fisica, spirituale e affettiva dell'uomo ciò che facilita anche l'uso traslato del termine -, nell'interesse di D. per l'atto visivo nel suo aspetto fisiologico (Cv III IX, Paradiso passim), nel valore simbolico che la voce riceve nel Convivio e nella Commedia e nel fatto che la Commedia è essenzialmente una visione, che culmina poi nella visione intuitiva di Dio, in cui si fonda la beatitudine umana (Pd XXVIII 109-114). Per avere un'idea completa della questione si vedano anche i numerosi sinonimi di o. e quelli del verbo correlativo ‛ vedere '.
1. In generale: " organo visivo " (con questo significato o. viene usato al singolare e corrisponde a un oculus o a un visus nei testi latini ai quali, per lo più, le notizie sono state attinte): Vn XLI 6 con ciò sia cosa che lo nostro intelletto s'abbia a quelle benedette anime sì come l'occhio debole a lo sole, confrontato con Cv II XIII 15 l'altra [proprietà] si è che l'occhio nol [il sole] può mirare, e con Pd X 48 sopra 'l sol non fu occhio ch'andasse (e per il concetto, cfr. Cv III Amor che ne la mente 55-60, commentato in VIII 14, Pd XXX 25-27, nei quali si ha ‛ viso ', e anche Pd I 54).
Le altre occorrenze sono in Cv II IX 4 e 5 (due volte), III VII 4, IX 7, 8, 9, 10 e 13, e Mn III VI 7 homo potest videre et audire: ergo oculus potest videre et audire. Nei seguenti testi del Convivio o. ha sempre significato generale, filosofico, ma è usato al plurale: I XI 3 Si come la parte sensitiva de l'anima ha suoi occhi; III VIII 8 E però che ne la faccia massimamente in due luoghi opera l'anima - però che in quelli due luoghi quasi tutte e tre nature de l'anima hanno giurisdizione - cioè ne li occhi e ne la bocca; VIII 9 e 10 (prima occorrenza), IX 14, X 1.
Alle succitate occorrenze vanno accostate altre in cui o., pur sempre usato con significato generale, fa parte di un paragone, di una massima, di una sentenza: al singolare: Cv III I 6 [chi biasima il proprio amico] a se medesimo dà del dito ne l'occhio; IV XXVII 5, Pg III 81 l'altre [pecorelle] stanno / timidette atterrando l'occhio; VIII 78 si comprende / quanto in femmina foco d'amor dura, / se l'occhio o 'l tatto spesso non l'accende; XV 134, XXX 27, Pd XVIII 45 com'occhio segue suo falcon volando, XIX 60, XX 120, XXX 48, XXXI 74, XXXIII 45; al plurale: Vn XX 5 Bieltate appare in saggia donna più, / che piace a gli occhi; XXXIV 10 11 con una voce che sovente mena / le lagrime dogliose a li occhi tristi; XXXVI 4 4, Rime XCI 55 così dinanzi a li occhi del piacere / si fa 'l servir merzé d'altrui bontate, e XCV 10; Cv I XI 4 colui che è cieco de li occhi sensibili; II IV 17, III Amor che ne la mente 79, I 10, X 1, IV XXIX 7, Pg XXVIII 57, XXXI 62 e 65, Pd XII 26, XV 15, XX 147, XXVII 92 e 123.
2.1. Con riferimento preciso a una o più persone: nella Vita Nuova, 36 delle 52 occorrenze (tutte al plurale) si riferiscono a D. stesso. Nei primi 36 capitoli o. ricorre generalmente in modo del tutto naturale nel racconto dell'amore giovanile del poeta. Il termine si trova per lo più come complemento oggetto di un verbo normalmente alla I persona del singolare: XXIII 13 ‛ aprire li o. '; XXIII 4 e 22 ‛ chiudere li o. '; XIV 4, XVI 10, XXIII 25, XXVI 1, XXXV 2 ‛ levare li o. '; XXII 4 ‛ ricoprire li o. ', XXXIV 1 ‛ volgere ', e una volta in costruzione dipendente da verbo in III persona: XXIII 17 4 Donna pietosa... veggendo li occhi miei. Ricorre inoltre due volte come complemento di specificazione (XI 2 lo tremare de li occhi miei, XV 6), due volte con ‛ con ' (XXIII 6 ‛ piangere con li o. ', XXXV 6 8 dimostrar con li occhi mia viltate), due con ‛ in ' (V 2 la linea retta che... terminava ne li occhi miei, XV 8), due volte come complemento di termine (II 1 a li miei occhi apparve la... donna de la mia mente, XXXIX 1 Beatrice... apparve... a li occhi miei), e una volta con ‛ fuori di ': XXXVI 2 questa pietosa donna... parea che tirasse le lagrime fuori de li miei occhi. Dal capitolo XXXI in poi gli o. acquistano maggiore importanza e sono per lo più personificati. Sono perciò spesso soggetto del verbo: XXXI 1 e 8 1 (anticipato al § 1) ‛ lagrimano ', XXXV 3 ‛ vogliono piangere ' (e v. anche XXXVI 5 9 Eo non posso tener li occhi distrutti / che non reguardin voi... / per desiderio di pianger ch'elli hanno: / e voi crescete sì lor volontate, / che de la voglia si consuman tutti; / ma lagrimar dinanzi a voi non sanno, e XXXIX 4); si veda ancora XXXIX 6 e 8, XXXV 5 (cfr. § 4), XXXVII 1, 2 (due volte), 3, 4 e 6 2, XXXVIII 6; XXXII 5 5 li occhi mi sarebber rei / ... di pianger... la donna mia.
Le occorrenze che riguardano direttamente Beatrice sono solo quattro, ma vi è già in esse il tema dell'influsso del suo sguardo che sarà ripreso con tanta insistenza nella Commedia: XIX 12 51 De li occhi suoi... / escono spirti d'amore infiammati (ripreso al § 19) e 53, XIX 20; XXI 2 1 Ne li occhi porta la mia donna Amore (anticipato al § 1), e 5; III 1. Per l'influsso prodotto dalla bellezza e dallo sguardo di Beatrice in chi la guarda, cfr. XXVI 1, 5 4 (li occhi no l'ardiscon di guardare) e 7 10.
Le altre occorrenze si riferiscono all'Amore (IX 4), alla Donna gentile (XXXV 3, XXXVIII 3 e 10), a una donna che rivolge la parola a D. (XVIII 3), alle donne che piangevano una donna giovane (VIII 5 4) e a quelle che piansero il padre di Beatrice (XXII 9 2 e 10 12).
2.2. Anche le 61 occorrenze delle Rime (comprese le 16 delle Rime dubbie) sono tutte al plurale. Quelle riferite a D. riguardano la nascita e la manifestazione dell'amore nel poeta LVIII 2 Deh, Violetta, che in ombra d'Amore / negli occhi miei sì subito apparisti; CIV 81 E se non che de gli occhi miei 'l bel segno / per lontananza m'è tolto dal viso; LIX 14, LXVIII 5, XCI 23, CII 40, Rime dubbie V 15, XII 9, XIII 7. Anche qui, come già nella Vita Nuova, gli o. sono spesso personificati: sono di pianger vaghi (Cv 1: v. anche Rime dubbie XII 2 e XV 6); sono colpevoli (LI 2, CXVI 30); conversano (LXVII 16); sono il soggetto di sentimenti (LXV 10, LXVI 14, Rime dubbie II 5, VIII 8). Altre numerose occorrenze si riferiscono alla donna o alle donne che, con i loro o., hanno innamorato il poeta: LXV 1 Degli occhi de la mia donna si move / un lume... gentil; LXVII 7 entro 'n quel cor che i belli occhi feriro, 49 e 86, LXIX 5, LXXX 14 e 24, LXXXVII 11 e 23, LXXXIX 2, XC 30 e 60, XCI 15 e 17, CII 43, CIII 74, CXVI 23 e 45, Rime dubbie III 5 5, XIV 9, XVII 1, XXVI 1, XXVII 1. In due casi inoltre gli o. sono personificati (LXVII 84 e LXXI 13); altrove, invece, essi sono concepiti come sede di Amore: LVII 2 Madonna, quel signor che voi portate / ne gli occhi; Rime dubbie XIV 7, XVI 10.
Un accenno a parte richiedono le sei occorrenze delle tre canzoni commentate da D. nel Convivio, sia nel loro senso letterale, sia in quello ‛ allegorico e vero ' (cfr. Cv II XII 1). In Cv II Voi che 'ntendendo 25 Chi veder vuol la salute, / faccia che li occhi d'esta donna miri, il senso letterale, peraltro facile a intendersi, viene dichiarato in VII 12, mentre in XV 4, dove cita nuovamente il verso, D. ci fa sapere che gli o. della donna sono le dimostrazioni della filosofia. Cfr. anche il v. 36 (ripreso in IX 6). Invece, al v. 33 De li occhi miei dice questa affannata (ripreso in IX 3 e XV 7) l'anima parla contra gli occhi (IX 3), cioè contro l'o. intellettuale di D. (cfr. anche l'ultima occorrenza di IX 5). Anche in Cv III Amor che ne la mente 57 Cose appariscon ne lo suo aspetto / ... dico ne li occhi e nel suo dolce riso, richiamato in III VIII 8, gli o., secondo il senso allegorico, significano le dimostrazioni della filosofia. Al v. 34 si parla degli o. di color dov'ella [la filosofia] luce (e cfr. III XIII 11). In IV Le dolci rime 19 chiamo quel signore / ch'a la mia donna ne li occhi dimora, il già ricordato motivo di Amore negli o. di madonna diventa la verità che ne le dimostrazioni de la filosofia dimora (II 17). Si aggiungano, per affinità di argomento, le due occorrenze della canzone allegorica Tre donne intorno al cor (CIV), in cui o. si riferisce a Drittura e ad Amore (vv. 44 e 56).
Con allusione ad altre persone: LIX 1 Volgete li occhi a veder chi mi tira; LXXX 6 Tanto [la donna] disdegna qualunque la mira, / che fa chinare gli occhi di paura; CIII 28, CIV 66, CXIII 12.
2.3. Nel Convivio il termine ricorre 25 volte (tre al singolare). A D. si allude solo in II II 2 e III IX 16, mentre le occorrenze più numerose e più significative riguardano la Donna gentile, che, nell'interpretazione allegorica, s'identifica con la Sapienza o la Filosofia: II IX 5 li occhi suoi e li miei si guardaro; XV 4 li occhi di questa donna sono le sue demonstrazioni... O dolcissimi e ineffabili sembianti, e rubatori subitani de la mente umana, ché ne le mostrazioni de li occhi de la Filosofia apparite; e così II VII 11 e 12 (due volte), IX 3 e 6, III X 4, XV 2 (due volte), 3 e 19, IV II 17 e 18 (cfr. anche Pg XXVII 106).
Altre occorrenze si riferiscono agli o. di persone ricordate nominatamente: II III 6 Aristotile... vide con li occhi... la luna... entrare sotto a Marte; III VIII 10 e IV XXV 8 (due volte); o di persone ricordate solo in modo generico: I I 10, III 5, III I 3, VIII 12 (con costruzione impersonale: Ahi mirabile riso de la mia donna, di cui io parlo, che mai non si sentia se non de l'occhio!), IX 14, IV XI 9.
2.4. Anche nell'Inferno la maggior parte delle occorrenze (48 su 66) sono al plurale, in senso letterale e con riferimento preciso a una o più persone. Non di rado, l'uso del singolare, con significato sostanzialmente identico, si deve a esigenze di rima.
Numerosi i riferimenti a Dante. Si tratta di un incontro apparentemente fortuito (I 62 dinanzi a li occhi mi si fu offerto / chi per lungo silenzio parea fioco; XVIII 40, XXIII 110), o di un disturbo fisico (XVIII 108 una muffa / ... che con li occhi e col naso facea zuffa), di una scena che gli si para innanzi (XIV 18 ciò che fu manifesto a li occhi miei), di un'aggiunta puramente descrittiva (VIII 6 a pena il potea l'occhio tòrre). Altre volte un oggetto o un suono attira fortemente la sua attenzione (e, talvolta, anche quella di Virgilio): VIII 3, IX 35, XXVII 5 un'altra [fiamma]... / ne fece volger li occhi a la sua cima / per un confuso suon che fuor n'uscia; XXXI 15. Il più delle volte, invece, o. si trova come complemento di una frase che indica il desiderio vivo di D. (unito spesso allo sforzo fisico necessario nell'oscurità infernale) di tutto vedere, la brama insaziabile di conoscere quanto era possibile del regno dei morti: IV 4 l'occhio... intorno mossi / ... e fiso riguardai; VII 129 con li occhi vòlti a chi del fango ingozza; VIII 66 l'occhio intento sbarro; e così anche IX 109, XV 26, XVII 52 e 120, XVIII 115, XXIX 19, XXX 47, XXXIV 88. Invece in XXIV 70 e XXV 145 l'intensità viene resa da un attributo. Non di rado, poi, è Virgilio stesso a esortare il discepolo a guardare: VII 120, IX 73 Li occhi mi sciolse e disse: " Or drizza il nerbo / del viso... "; XII 46, XIV 88, XVIII 129, XXXIII 107. Unico fra i dannati, Capocchio invita D. a fissarlo con gli o. per poterlo riconoscere: XXIX 134 aguzza ver me l'occhio. Altre due occorrenze, infine, esprimono i sentimenti del poeta: III 79 con li occhi vergognosi e bassi, e XXI 98.
Al solo Virgilio si allude in VIII 118, IX 5, XVI 117, XXIII 75; a Beatrice in II 55 Lucevan li occhi suoi più che la stella, e 116, X 131. Con riferimento ai dannati o nella descrizione di scene che si svolgono tra questi e i due poeti: piangono per la loro pena gli usurai (XVII 46 Per li occhi fora scoppiava lor duolo; e si noti il contrasto solo apparente con il v. 57 e quindi par che 'l loro occhio si pasca), gl'indovini, il cui pianto de li occhi / le natiche bagnava per lo fesso (XX 23), i traditori (XXXII 38 e 46, XXXIII 95 e 149). Piangono anche gl'ipocriti, ma il termine ricorre solo nella descrizione dei cappucci bassi / dinanzi a li occhi (XXIII 62) che essi portavano, e del modo con cui due di essi guardavano D., con l'occhio bieco (v. 85). Si vedano ancora IV 112 (gli o. tardi e gravi degli spiriti del nobile castello), e 123 (gli o. grifagni di Cesare), V 130 (Paolo e Francesca), VI 91 (Ciacco), XVIII 48 (Venedico Caccianemico), XXX 123 (maestro Adamo), XXXII 105 (Bocca degli Abati), XXXIII 76 (gli o. torti del conte Ugolino).
Uguale valore psicologico presentano le descrizioni di alcuni custodi e diavoli e di scene in cui essi sono coinvolti: Caronte 'ntorno a li occhi avea di fiamme rote (III 99: l'immagine è stata suggerita da Aen. VI 300 " stant lumina flamma "), e si rivolge ai dannati con occhi di bragia (v. 109); Cerbero li occhi ha vermigli (VI 16), Lucifero con sei occhi piangëa (XXXIV 53). Così nella scena vivacissima che si svolge tra Ciampolo e i dieci demoni, Farfarello stralunava li occhi per fedire (XXII 95) e, per stare alle regole della sfida, ciascun [diavolo] da l'altra costa li occhi volse (v. 119).
O. ricorre, finalmente, nella descrizione di personaggi reali o fittizi ricordati solamente: Guido Cavalcanti (X 69), XIII 65 (La meretrice che mai da l'ospizio / di Cesare non torse li occhi putti), XX 32, XXVI 37.
2.5. Nel Purgatorio, per la prevalenza delle occorrenze plurali (78 contro 9), valgono le stesse osservazioni fatte per l'Inferno.
I primi 27 canti presentano una notevole analogia con l'Inferno, con un buon numero di occorrenze riferite a Dante. Ritorna qui con insistenza il motivo fondamentale della sete del sapere: VIII 85 Li occhi miei ghiotti andavan pur al cielo; IX 79 come l'occhio più e più v'apersi; e inoltre IV 55 e 87, V 7, X 5, 25, 54, 103 e 117, XV 140 (con riferimento anche a Virgilio), XVIII 144, XIX 34, XXIII 1, XXIV 101. Anche qui, è talvolta il maestro a invitare il discepolo a guardare (XIII 43 e 46 Ma ficca li occhi per l'aere ben fiso / ... Allora più che prima li occhi apersi; al v. 43 l'edizione '21 ha Ma ficca 'l viso; si veda Petrocchi, Introduzione 199, mentre, per la situazione inversa, v. Pd V 3 e la n. del Petrocchi): cfr. XII 13, XIX 62; o a frenare lo sguardo: XXV 119 Per questo loco / si vuol tenere a li occhi stretto il freno (in III 61 " Leva ", diss'io, " maestro, li occhi tuoi ... ", le parti s'invertono). Con gli o. D. comunica a Virgilio i suoi pensieri, i suoi desideri (I 111, II 20, XIX 85 volsi li occhi a li occhi al segnor mio: / ond'elli m'assentì con lieto cenno / ciò che chiedea la vista del desio); per mezzo degli o. riceve sensazioni liete e tristi (I 16 e 18) e manifesta i vari sentimenti dell'animo: XII 37 O Nïobè, con che occhi dolenti / vedea io te segnata in su la strada; XIII 57, XXI 111, XV 122. Talora le condizioni particolari (persone, luoghi, ecc.) costringono il poeta a chiudere gli o., o comunque gli procurano fastidio: II 39 l'occhio da presso nol [l'angelo nocchiero] sostenne, / ma chinail giuso; VIII 35, XV 145 questo [il fumo] ne tolse li occhi e l'aere puro; XVI 7. Altrove non sa credere ai suoi o.: X 62 al fummo de li 'ncensi / ... li occhi e 'l naso / e al sì e al no discordi fensi. All'o. si riconoscono D. e Nino Visconti (VIII 50), e per il fatto che D. usa gli o. è riconosciuto come persona viva dagl'invidiosi (XIII 131, XIV 3), la cui pena D. prevede per sé dopo la morte, ma per picciol tempo (XIII 133).
Hanno la loro importanza nell'economia della seconda cantica i passi in cui si allude agli o. di Virgilio (XIII 13, XIX 30, XXVII 126), a quelli di Cristo (VI 120 son li giusti occhi tuoi rivolti altrove?), di s. Lucia (IX 62) e di Beatrice (XXVII 54).
Come già nella prima cantica, o. ricorre come nota caratteristica nella descrizione di taluni gruppi di penitenti o di uno di essi in particolare: la gente che fonde a goccia a goccia / per li occhi il mal che tutto 'l mondo occupa, sono gli avari (XX 8); XXIII 22 Ne li occhi era ciascuna [anima dei golosi] oscura e cava (l'immagine pare suggerita da Ovid. Met. VIII 801 " cava lumina "); VI 63 e XIX 8. E ancora a proposito dei golosi: Forese del profondo de la testa / volse a me li occhi (XXIII 41); l'ombre... / per le fosse de li occhi ammirazione /, traean di me (XXIV 5); invece: Forese drizzò li occhi al ciel (XXIV 89). Con allusione ad altri personaggi, in I 85, VIII 11 e 18, XI 77. A persone semplicemente ricordate si riferiscono le occorrenze di I 78 (gli o. di Marzia), IX 35 (Achille), XV 111 (s. Stefano), XXVII 106 (Rachele); a D. stesso allude Catone in I 97.
Nei canti XXVIII-XXXIII del Purgatorio, così diversi dagli altri, il termine acquista ancor maggiore importanza, per l'indole particolare dei canti in cui D. è sì protagonista, ma a tratti piuttosto veggente. Pertanto, non solo il sostantivo ricorre più spesso che negli altri canti (31 volte in tutto), ma abbondano i sinonimi (‛ luci ', ‛ smeraldi ', ‛ viso ', ' vista ') e la forma ‛ vidi ' ritorna ben 15 volte (8 volte nel solo c. XXXII).
Tredici occorrenze si riferiscono direttamente a Dante. Predomina qui, ovviamente, il desiderio di conoscere e soprattutto la brama di vedere e contemplare Beatrice: XXVIII 34 Coi piè ristetti e con li occhi passai / di là dal fiumicello; XXX 37, XXXI 78 e 119, XXXII 1 e 92. Una volta, poi, è Beatrice stessa a ordinargli di guardare: XXXII 104 e 108 al carro tieni or li occhi... / la mente e li occhi ov'ella volle diedi. Negli altri passi, se eccettuiamo XXVIII 3 (puramente descrittivo), D. è per lo più passivo, subisce l'effetto dello sguardo e dei rimproveri di Beatrice: XXX 76 e 99, XXXII 11, XXXIII 18.
Il motivo dell'influsso degli o. di Beatrice su D. si ha già, come si è visto, nella Vita Nuova. Esso viene qui ripreso e approfondito e vi s'intreccia l'allegoria (Beatrice simboleggia la sapienza o verità rivelata, gli o. suoi raffigurano la visione della verità in Dio, eccedente la ragione umana): XXX 66 e 122 mostrando li occhi giovanetti a lui, / meco il menava in dritta parte vòlto; XXXI 109, 119 e 133, XXXIII 18.
Le altre ricorrenze riguardano Matelda (XXVIII 63), la Prudenza, ch'avea tre occhi in testa (XXIX 132), la puttana sciolta (XXXII 154), e i quattro animali dalle penne piene d'occhi; e li occhi d'Argo, / se fosser vivi, sarebber cotali (XXIX 95); gli stessi ‛ o. d'Argo ' ricorrono altre due volte in un paragone (XXXII 65 e 66).
2.6. Nel Paradiso, il carattere visivo del viaggio ultraterreno, che, come si è già notato, ha più risalto negli ultimi sei canti del Purgatorio, si accentua ulteriormente. D., pur conservando la sua piena attività spirituale, è essenzialmente un veggente, un contemplante; a lui e a Beatrice si riferiscono la maggior parte delle occorrenze (il plurale prevale sempre sul singolare), anche perché le anime dei beati nei cieli successivi al secondo sono semplici luci. Nell'economia della cantica ha particolare importanza l'elemento visivo, espresso, oltre che con o., con termini equivalenti quali ‛ luce ', ‛ viso ', ‛ vista ', preferiti non di rado per evitare ripetizioni sgradevoli (I 66, XXIII 91, ecc.), e i verbi ‛ guardare ', ‛ mirare ', ‛ rimirare ', ‛ vedere '.
Inoltre, i grandi temi danteschi qui si uniscono e s'integrano a vicenda. D. guarda Beatrice più intensamente di quanto non osasse nella vita terrena ed è da lei guardato. In lei gusta di quel cibo / che, saziando di sé, di sé asseta (Pg XXXI 128-129). E poiché Beatrice simboleggia la verità rivelata, ecco che in lei si unificano, si fondono l'amore della donna ormai spiritualizzata, il desiderio della scienza, la spinta verso Dio. Ora, tutto questo si attua in gran parte attraverso la vista: i due si guardano, il poeta, che sempre desidera vedere cose nuove, contempla quanto gli viene presentato dalla donna amata, e, negli ultimi canti, da s. Bernardo. È naturale, pertanto, che in molte occorrenze la voce o. rispecchi tutta questa complessità.
Per maggior chiarezza divideremo le occorrenze nel modo seguente: il ricordo dell'antico amore (XXVI 14 li occhi, che fuor porte / quand'ella entrò col foco ond'io sempr'ardo; XXVIII 11 [i] belli occhi / onde a pigliarmi fece Amor la corda: cfr. Pg XXXI 115-117); la bellezza degli o. di Beatrice, tema che si fonde con quello del suo riso, per cui cfr. Cv III VIII 8 (Pd III 24 sorridendo, ardea ne li occhi santi: cfr. Aen. V 277 " ardens... oculis ", e 648 " ardentis... oculos "; Pd IV 139 e 142, X 62, XIV 82, e 131 il piacer de li occhi belli; XV 34 dentro a li occhi suoi ardeva un riso / tal, ch'io...; XVIII 9 e 21, XXIII 23); lo sguardo di Beatrice e il suo influsso su D. (I 52 e 54 de l'atto suo, per li occhi infuso / ne l'imagine mia, il mio si fece, / e fissi li occhi al sole oltre nostr'uso, 65 e 101; XVII 114 lo monte del cui bel cacume / li occhi de la mia donna mi levaro; XVIII 67, XXI 1, XXVI 76, XXVII 90, XXX 14); rapporti particolari tra Beatrice e D. (II 99, VIII 40 Poscia che li occhi miei si fuoro offerti / a la mia donna reverenti, ed essa / fatti li avea di sé contenti e certi; IX 16, XXII 154 [due volte], XXIII 46, XXX 75, XXXI 70); la sete del sapere, senza riferimento esplicito ad altra persona (III 21 quelle [facce] stimando specchiati sembianti, / per veder di cui fosser, li occhi torsi; V 114, XXX 60, 86 e 133, XXXI 47, 118, 122 e 139, XXXIII 78, e 129 Quella circulazion... / da li occhi miei alquanto circunspetta. D., poi, trovandosi in un mondo così diverso da quello terreno, ha bisogno ancora di più che nei due regni precedenti di essere guidato, e di conseguenza viene invitato da Beatrice prima e da Bernardo poi a guardare: XXI 16 Ficca di retro a li occhi tuoi la mente; XXII 22, XXV 38, XXXI 97 e 114, XXXII 115 e 142, XXXIII 26); occorrenze che si riferiscono ai santi, ai beati, a incontri con essi: XXXII 104, XXXIII 40 Li occhi da Dio diletti e venerati, quelli di Maria; s. Bernardo diffuso era per li occhi e per le gene / di benigna letizia, XXXI 61; Piccarda appare pronta e con occhi ridenti, III 42; cfr. ancora V 125, XXVI 112, XXVIII 134, XXXI 135; e inoltre XIV 78, XVI 31, XVIII 72, XIX 6, XXIII 81, 87 e 118, XXVII 10.
Delle 5 occorrenze al singolare, due si riferiscono all'aquila del cielo di Giove, presentataci di profilo, e pertanto il singolare appare più che logico (XX 35 e 85). In XVI 57 e XXI 92 esso è determinato dalla rima. In XXXII 135 non move [Anna] occhio per cantare osanna, alcuni codici hanno il plurale, ma nel contesto sembra preferibile la lezione del testo critico.
2.7. Le sei occorrenze del Fiore sono tutte al plurale e riguardano i soliti motivi della lirica amorosa del Duecento: I 9, XXVI 9, LIII 12, LVII 5, C 13, CLXVI 10.
3.1. I concetti della ‛ vista interiore ' dell'intelletto e della volontà sono biblici: II Paral. 20, 12 (citato in Mn II VII 8); Ps. 36, 2; Marc. 8, 18; Paul. Ephes. 1, 18 (" oculi cordis "). La stessa terminologia è frequentissima sia presso quei padri della Chiesa che D. consultava comunemente (Agostino, ‛ oculi mentis ', ‛ oculi interiores ', ‛ oculi fidei ', ‛ oculi cordis '; Cristosomo, ‛ intellectuales oculi '; Leone M., ‛ oculi mentis '; Gregorio Magno, ‛ mentis oculi ', ‛ oculi cordis '), sia presso s. Tommaso (in Sum. theol. I 12 3 si ha l'antitesi tra ‛ oculus carnis ' e ‛ oculus mentis '; v. anche 67 1, ecc.). D. ha continuato questo uso, sia, ovviamente, com'egli stesso dichiara (Pd IV 43-45 Per questo la Scrittura condescende / a vostra facultate, e piedi e mano / attribuisce a Dio e altro intende), quando o. si riferisce a Dio (Ep VII 29 sume tibi fiduciam de oculis Domini Dei Sabaoth; Pd X 12 quel maestro... che mai da lei [una parte delle sfere celesti] l'occhio non parte), sia con riferimento all'uomo. Per le opere latine ricorderemo ‛ oculi mentis ' o ‛ mentis oculi ' (Mn II I 3, Ep II 4, V 29, X 3), ‛ oculi mentales ' (Ep XI 21), ‛ fidi oculi ' (Ep XIII 3), ‛ oculi ' (Mn II I 6, IX 10) e, con sinonimo, ‛ lumen rationis ' (Mn III III 4).
3.2. Con riferimento al senso interno dell'intelletto: Rime CVI 49 gli occhi ch'a la mente lume fanno; Cv I IV 3 li occhi de la ragione; II IV 16 e 17, XIII 19, XV 4 e 7, Pd X 121 (si confrontino anche i seguenti passi: Pg X 122 la vista de la mente; XVIII 16-17 l'agute luci / de lo 'ntelletto) .
3.3. Con vario riferimento spirituale: Rime LVIII 12 drizza li occhi al gran disio che m'arde; Cv I VIII 4, XI 3 Sì come la parte sensitiva de l'anima ha suoi occhi... così la parte razionale ha suo occhio, con lo quale apprende la differenza de le cose in quanto sono ad alcuno fine ordinate; XIII 11, II Voi che 'ntendendo 33 (ripreso in XV 7), II 1, III VII 16, VIII 5, XV 17, IV XV 10 tempo è d'aprire li occhi a la veritade; Pg VIII 19 Aguzza... li occhi al vero; XXXIII 126, Pd IV 68 e 92, VI 87, VII 59 e 94, XIII 49 e 106, XX 123, XXIV 72, XXIX 128.
3.4. Con riferimento al senso interno della volontà, ossia l'affetto: Cv II VII 11 la potenza di questo pensiero... ragiona dinanzi a li occhi del mio intelligibile affetto; III V 22 E voi... in quanta cechitade vivete, non levando li occhi suso a queste cose, tenendoli fissi nel fango de la vostra stoltezza!; IV XII 15, 17 e 19, XIV 150 l'occhio vostro pur a terra mira; XIX 118, Pd X 12.
4. Indicano il sole e la luna li due occhi del cielo (Pg XX 132; l'immagine è presa da Virgilio Georg. I 5-6 " clarissima mundi / lumina "). Per sineddoche: tutta la persona: Rime LXXXV 14 ov'è 'l disio de li occhi miei?; If XXXI 99 vorrei / che de lo smisurato Brïareo / esperïenza avesser li occhi miei; Pg XXI 124 Questi che guida in alto li occhi miei, / è quel Virgilio; XXVII 136 Mentre che vegnan lieti li occhi belli (Beatrice).
Bibl. - G. Ovio, L'occhio nel linguaggio comune, 2 voll., Roma 1941; W. Deonna, Le symbolisme de l'oeil, Parigi 1965; H. Van Den Berg, Gli occhi di D., alcune note relative al loro martirio, Utrecht 1965; V. Bertolucci Pizzorusso, Gli smeraldi di Beatrice, Pisa 1969.