OBNUNZIAZIONE
. Nel regime repubblicano a Roma, nei rapporti fra magistrati, oltre all'esercizio del veto e dell'intercessio, vi era l'obnuntiat10, cioè un'opposizione motivata dall'annunzio di segni celesti incompatibili con la convocazione dei comizî. La ragione invocata essendo di natura religiosa, l'obnuntiatio colpiva di nullità con maggiore efficacia dell'intercessio l'atto che si era per compiere. Questa maniera di eliminare il conflitto fra magistrati fu regolata dalle leggi Aelia e Fufia, alla metà del sec. II a. C.
Sembra che queste leggi abbiano riconosciuto ai consoli e ai pretori il diritto di adoperare l'obnuntiatio in confronto dei tribuni, con reciprocità. Fu certamente un passo importante questo modo di agire verso i tribuni resistenti a qualsiasi altro modo d'intercessio. Tuttavia non servì che a screditare i pubblici poteri e ad essa si debbono molti dei grandi scandali che caratterizzarono la fine del regime repubblicano. Una legge proposta da Clodio nell'anno 58 a. C. tentò di abolire l'obnunziazione ma i suoi avversarî ne contestarono la legalità, ciò che aumentò l'anarchia. L'impero abbandonò del tutto l'uso della obnunziazione.
Bibl.: A. Bouché-Leclercq, Manuel des Institutions romaines, Parigi 1886, p. 45 segg.; id., in Daremberg e Saglio, Dictionnaire des antiquités grecques et romaines, I, Parigi 1873, p. 582, s. v. Auspicia.