OBIEZIONE DI COSCIENZA
Si parla di o. di c. nei casi in cui un singolo intende sottrarsi all'osservanza di un dovere imposto per legge adducendo la giustificazione che le sue personali convinzioni morali non gli consentono di tenere il comportamento cui per legge sarebbe tenuto. L'o. di c. − quando riconosciuta e ammessa dalla legge − rappresenta quindi una legalizzata manifestazione di dissenso che consente, a chi non condivide una decisione maggioritaria, di dissociarsi da questa restando fedele alle sue convinzioni morali, senza incorrere nelle sanzioni previste dalla legge per l'inosservanza dei suoi precetti. L'esempio più noto è quello dell'o. di c. che comporta il rifiuto del servizio militare e che ha trovato in Italia riconoscimento e disciplina con la l. 15 dicembre 1972 n. 772, modificata dalla l. 24 dicembre 1974 n. 695. A questa si è poi aggiunta la speciale ipotesi di o. di c. di cui all'art. 9 della l. 22 maggio 1978 n. 194, che, depenalizzando entro certi limiti l'interruzione volontaria della gravidanza, espressamente consente al personale sanitario e a quello esercente attività ausiliarie di essere dispensato dal prendere parte agli interventi d'interruzione della gravidanza sulla base di una semplice dichiarazione di o. di coscienza. Infine, sempre in Italia, in questi ultimi tempi si è delineato un movimento di opinione per il riconoscimento dell'o. di c. fiscale, in particolare promosso da quanti non tollerano di concorrere con il pagamento di imposte alle spese militari del paese e vorrebbero destinare i relativi importi a vantaggio di iniziative pacifiste e antimilitariste.
Il riconoscimento dell'o. di c. e la sua depenalizzazione vengono spesso ricondotti all'esistenza di un ordinamento democratico, così sottolineando nel comportamento dell'obiettore il profilo del dissenso minoritario rispetto a decisioni delle autorità governanti, e in particolare del Parlamento, adottate a maggioranza con il presunto consenso della maggioranza dell'opinione pubblica. Questo modo di ragionare non è soddisfacente in quanto sottovaluta la componente libertaria dell'o. di c. che è anche, se non anzitutto, manifestazione della libertà morale e, quando legittimata, implica la tutela di comportamenti individuali indipendentemente dalla dinamica del rapporto maggioranza-minoranza. Con la disciplina dell'o. di c. si vuole cioè fare in modo che l'individuo sia libero di affermare le sue personali convinzioni traducendole in un comportamento adeguato, quale che sia la posizione fra i gruppi che si contendono il potere nell'ambito del sistema democratico.
L'o. al servizio militare si pone in antitesi al dovere costituzionalmente statuito del servizio militare che è componente essenziale e funzione del più ampio "sacro dovere del cittadino" di difesa della patria (art. 52 Cost.). Il livello costituzionale dei precetti cui consente di derogare segnala l'importanza del riconoscimento legislativo della posizione dell'obiettore e giustifica le particolari cautele che la legge introduce ai fini della concreta ammissione del cittadino a "soddisfare l'obbligo del servizio militare", mediante la prestazione di un "servizio militare non armato" o di un "servizio sostitutivo civile". Ogni provvedimento al riguardo è legato all'accertamento a opera di apposita commissione della fondatezza e sincerità della dichiarazione resa dall'obiettore di essere contrario "in ogni circostanza all'uso personale delle armi per imprescindibili motivi di coscienza". Secondo la Corte costituzionale "durante l'intero periodo che va dalla presentazione della domanda alla conclusiva decisione", pur restando la chiamata alle armi sospesa, l'interessato è considerato appartenente alle Forze armate. Egli dismette tale status, "acquisito in forza dell'arruolamento", solo con l'ammissione al servizio sostitutivo civile (ma non nel caso di ammissione a servizio militare non armato). Il che esclude l'assoggettabilità dell'obiettore − dopo il provvedimento di ammissione − alla giurisdizione militare (sent. 23-24 aprile 1986 n. 113).
La stessa Corte costituzionale non ha ritenuto d'intervenire per circoscrivere al minimo indispensabile i disagi dell'obiettore derivanti da un eccessivo prolungamento della procedura di ammissione ai benefici della legge, pur invitando il legislatore a provvedere (sent. 6-24 maggio 1985 n. 164). Ha invece ritenuto illegittime, perché contrastanti con la Costituzione, le disposizioni della l. 772 del 1972, che prolungavano i servizi sostitutivi di quello militare dell'obiettore per un tempo superiore alla durata del servizio di leva, così contestando la correttezza della tesi che voleva più gravosi e impegnativi i servizi alternativi al servizio di leva (sent. 19-31 luglio 1989 n. 470).
Il testo unificato di varie proposte di legge che recepivano le osservazioni della Corte costituzionale in materia è stato approvato dalla Camera dei Deputati il 25 luglio 1991, e dal Senato della Repubblica il 16 gennaio 1992. Tale testo, però, è stato rinviato alla Camera dal presidente della Repubblica, Cossiga, a nome dell'art. 74 della Costituzione, con messaggio motivato. In tale messaggio il capo dello Stato contestava l'abolizione fatta dalle due Camere della commissione, già prevista dalla l. 772 del 1972, per l'accertamento della serietà dell'o. di c., riteneva inoltre non sufficiente la copertura finanziaria del provvedimento e prospettava infine la necessità dell'istituzione di un Dipartimento del servizio civile nazionale presso la presidenza del Consiglio dei ministri che gestisse l'intera materia considerandola alla stregua del servizio militare non armato. La discussione del testo così rinviato al Parlamento dal capo dello Stato, iniziata nei giorni 3-4-5 marzo 1992 alla Camera, è stata poi rinviata e sospesa per le elezioni del 5 aprile 1992.
Come si è detto, si parla di o. di c. anche con riguardo alla possibilità di astenersi dalla partecipazione alle procedure e agli interventi finalizzati all'interruzione della gravidanza, che viene accordata al personale sanitario ed esercente attività ausiliarie. La previsione della l. 22 maggio 1978 n. 194 trae ovviamente origine dalla natura particolarmente controversa della legislazione che ha depenalizzato l'aborto, e alla quale, nonostante importanti chiarimenti al riguardo della Corte costituzionale, ancora da più parti s'imputa di attentare al diritto alla vita quale risulterebbe dal combinato disposto di più disposizioni costituzionali, e in particolare dall'art. 2 Cost. Tuttavia, come la disciplina vigente dell'aborto è il risultato di un bilanciamento fra i diritti della donna e quelli del nascituro (per cui non può parlarsi di un incondizionato diritto all'aborto), così anche le regole in materia di o. di c. realizzano un bilanciamento fra i diritti del personale sanitario e quelli della donna, giacché si dispone che "l'obiezione di coscienza non può essere invocata dal personale quando, data la particolarità delle circostanze, il loro personale intervento è indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo".
Tale ultima previsione bene evidenzia il sottile discrimine in cui viene a collocarsi l'o. di c. del personale sanitario, che afferisce al momento strumentale dell'aborto (cioè a prestazioni mediche cui la donna ha diritto, quale che sia la configurazione che voglia darsi alla sua condizione a seguito della liberalizzazione dell'aborto) e non è più opponibile allorché scopo preminente dell'intervento richiesto non è tanto l'aborto quanto la salvezza della vita della donna. Va tuttavia rilevato che nel sistema della legge l'o. di c. va dichiarata non volta per volta, ma una volta per tutte, il che dovrebbe favorire l'organizzazione delle istituzioni sanitarie in termini da consentire loro di corrispondere sempre alle esigenze delle donne che avviano le procedure di aborto, anche in relazione al fatto che le prestazioni relative sono coperte dal sistema sanitario nazionale.
Si parla di o. di c. anche con riguardo ad altre ipotesi di disobbedienza civile, ovvero di astensione dall'osservanza di doveri imposti dalla legge dello stato. Ma si tratta di vicende giuridiche difficilmente riconducibili sotto un'unica etichetta. Per es., di recente ha trovato qualche consenso un orientamento volto a favorire il riconoscimento dell'o. fiscale. Non è facilmente prevedibile l'esito cui questo movimento di idee perverrà, anche se non sono mancate pronuncie di autorità giurisdizionali che hanno mandato assolti dal reato d'istigazione a delinquere quanti invitavano i contribuenti ad astenersi dal pagamento della quota di tributi corrispondente alla percentuale delle entrate statali destinate alle spese militari.
Bibl.: Oltre la corrispondente voce in Nuovissimo Digesto Italiano e in Enciclopedia del diritto, v. AA.VV., Obiezione di coscienza e aborto, Milano 1978; R. Venditti, L'obiezione di coscienza al servizio militare, ivi 1981; S. Prisco, Fedeltà alla Repubblica e obiezione di coscienza, Napoli 1986.