NASELLO, Oberto
(Oberto Cancelliere). – Nacque probabilmente intorno agli anni 1110-15. L'appellativo originario, Nasellus, è testimoniato in un atto del 1135, in cui compare insieme al fratello Bonifacio.
Apparteneva all’élite d’affari più direttamente coinvolta nel governo del Comune genovese, al pari dei suoi familiari Alessandro e Guglielmo che, come attesta il Cartolare di Giovanni Scriba (1154-64), erano attivi nel mercato mediterraneo, insieme con membri delle famiglie più autorevoli ai quali erano legati. Giurisperito, fidelis dell’arcivescovo, Oberto fu incaricato di sovrintendere alla riscossione delle decime arcivescovili di Murta e San Biagio in Val Polcevera. Nel 1164 con Filippo di Lamberto de Platealonga risultano «pares curie ab utraque parte electi» per un lodo. Con Ansaldo Doria furono «iudices pro curia costituti» in una questione riguardante Bussana, che venne discussa a Sanremo in presenza dell’arcivescovo Ugo. Figurava tra i pubblici testi, che secondo le norme per la designazione e la nomina dovevano essere scelti tra «peritos viros, venustate atque legalitate fulgentes» e di cui esistevano elenchi sempre aggiornati a disposizione dei consoli.
Ricco uomo d’affari, ben imparentato, possedeva beni in città e nella vicina area rivierasca, tra Camogli e Rapallo e seppe gestire con oculatezza – tra prestiti e investimenti di varia natura – i suoi capitali. Dei suoi figli, Ugo e Lanfranco, uno risiedeva a Costantinopoli e l’altro era console ad Acri.
Cancelliere del Comune nel 1141, console dei Placiti nel 1147, 1149-51, 1153-57, 1161, 1163 e console del Comune nel 1155, titolare di delicati ruoli diplomatici nel gioco che opponeva il Barbarossa e i suoi alleati alla Lega Lombarda, fece parte della legazione che incontrò l’Imperatore a Torino nel 1162 e fu frequentemente impegnato nel dirimere le continue questioni con Pisa. Membro del gruppo di famiglie che ruotavano attorno a «illi de Volta» – di cui facevano parte Embriaci, De Castro, Doria, Spinola e altri, compresi i due presuli Siro Porcello e Ugo de Volta – fu senz'altro uomo di parte. Benché non risulti mai direttamente coinvolto in azioni di guerra entro o fuori le mura, ovviamente si trovò immerso nella lotta senza quartiere in corso tra la sua parte e «illi de Curia», guidati dalle famiglie Avvocati, Pevere, Usodimare.
Nel 1141 divenne cancelliere del Comune, cioè – come dice egli stesso in apertura dei suoi Annali – «il fedele esecutore della volontà consolare». In realtà il cancelliere era ben altro che un semplice esecutore di volontà: partecipe obbligato e attento di discussioni e decisioni prese ai massimi livelli, era dotato di grande potere e godeva un prestigio altissimo, così come vastissima doveva essere la sua preparazione culturale. A Genova, alle origini del Comune la redazione e l’autenticazione degli atti dell’autorità pubblica erano state affidate a un notaio e tali restarono per anni anche dopo l’istituzione della cancelleria nel 1122. Proprio per questa coesistenza di sistemi diversi è difficile definire il ruolo del notaio Bonusinfans che, nel 1127, su ordine consolare, stese un atto riguardante una cessione di decime dalla Curia al Comune, nel 1133, 1134 e 1145 sottoscrisse gli atti degli arcivescovi Siro e Ugo relativi alla cessione di decime al Comune come «notarius et Ianuensis curie cancellarius», e sempre in tale ruolo – ma di nuovo «per preceptum consulum» – stese nel 1141 un atto relativo all’edificazione di una chiesa in Sarzano che, infatti, compare anche nel Liber iurium. In realtà non è chiaro se Bonusinfans svolgesse una doppia funzione o invece rappresentasse solo un ‘prestito’ da parte della curia arcivescovile. La comparsa ufficiale di un vero e proprio cancelliere si ebbe quando la prestigiosa carica fu affidata a Oberto, al quale spettò per oltre trent’anni, il controllo del più importante ufficio politico dell’amministrazione comunale. È sicuramente assai indicativo che dal 1145 egli abbia abbandonato l'originario appellativo Nasellus, optando per la cognomizzazione della sua funzione, Cancelliere (con questa denominazione egli e la sua discendenza furono in seguito noti).
Uomo dalle molte capacità, non ultima quella di essere sempre un attento mediatore e un diplomatico, Oberto fu il volto ufficiale di un potere politico che condivideva e al quale era fedele. Evidentemente la sua fedeltà era certa se nel 1169 gli venne affidato un altro delicato e prestigioso incarico: essere l’annalista ufficiale del Comune, succedendo a Caffaro, morto tre anni prima ma che già nel 1163, stanco e deluso, «perché non c’era più un’ora di tranquillità» [provenienza citazione?], aveva smesso di redigere gli Annali. Genova si trovava infatti in una fase di grande espansione, ma con il quadro interno sconvolto da sanguinose violenze. Caffaro, pur nella sua ingegnosa descrizione della nascita del Comune legata alla prima Crociata, già delineava con chiarezza le caratteristiche di un modello genovese, di cui Oberto puntualizzò, con varietà di esempi, la costante applicazione.
Con l’istituzione degli Annali, nel 1152, il Comune aveva deciso di rendere ufficiale la testimonianza delle vicende genovesi, motivo per il quale essi restano un esempio unico nella storia dell’annalistica comunale e per il quale, anche, se ne affidò sempre la stesura o direttamente a membri di famiglie preminenti, come nel caso di Caffaro e di Iacopo Doria, o a personale fidato, giuristi e notai strettamente legati ai clan dominanti in quel momento. Oberto possedeva tutti gli strumenti idonei a presentare la situazione secondo la volontà della dirigenza, di cui peraltro faceva parte. Uomo di fine cultura, elaborò un testo accurato, ornato di preziosismi, arricchito di rime e ritmi, infiorato di qualche componimento poetico, mettendo sulle labbra dei protagonisti – ritratti sempre in atteggiamenti eroici d’impronta classica – discorsi forbiti. Nella sua scrittura compose una tela, in cui la violenza degli avvenimenti finiva con lo stemperarsi in un ben dosato incrociarsi dei periodi. In questo modo fornì una prova notevole, in cui le abilità retoriche erano rivelatrici della sua stessa capacità di mediazione. Pur dichiarando il suo timore e la sua indegnità al compito, dimostrò poi il contrario. La sua erudizione gli servì soprattutto per rivestire con i sapienti tratti dell’arte una realtà che il suo racconto rivelava invece rozza e violenta. Sostenitore accanito di ogni guerra esterna, dimostrava una lodevole ansia ‘pacifista’ quando si trattava di descrivere le complicate forme di pressione esercitate sui contendenti cittadini da parte dell’arcivescovo Ugo de Volta e da altri di buona volontà, cogliendone i momenti salienti, le discussioni, le processioni fino all’auspicato scambio di segni di pace. Né rinunciò a rivestire di auliche forme i presunti dialoghi avvenuti tra i genovesi e o loro comprimari, fossero essi pisani, lucchesi, provenzali o si trattasse dei potenti arcicancellieri imperiali e perfino dell’imperatore stesso, stemperando in un profluvio di parole ben scelte situazioni risolte certamente in modi assai più concisi e brutali. Anche sotto quest’aspetto rivelava la sua perfetta aderenza al ruolo che rivestiva e che evidentemente gli si adattava.
Oberto, infatti, fu soprattutto un politico e lo dimostrò proprio nell’attento equilibrio con il quale redasse gli Annali in anni difficili da vivere e da descrivere. Quando cominciò a scrivere, Federico Barbarossa aveva già riconosciuto nel 1162 il controllo genovese su tutta la Liguria e sugli insediamenti oltremarini e papa Alessandro III aveva insignito l’arcivescovo genovese della legatio transmarina. L’alleanza genovese era importante per chi doveva far fronte a un antipapa; ma contava pure per un imperatore attento al Mediterraneo, ai suoi porti principali come Pisa e Genova, alla Sardegna, al Regno di Sicilia e all’area crociata, dove infatti sarebbe morto. Non a caso quando fu nominato console, nel 1155, nel momento in cui si era avviata la costruzione di una nuova cerchia di mura contro il Barbarossa, Oberto fece apporre sulla porta di Sant’Andrea lapidi che celebrassero i successi genovesi nel Mediterraneo orientale e in quello occidentale, stendendone forse egli stesso il testo. Oberto è reticente su molte cose e altre ne modifica, come per es. a proposito dei rapporti con l’aristocrazia feudale a detrimento delle autonomie cittadine adottati dai Genovesi in area provenzale fin dai primi del secolo XII. La fitta serie di trattati che si susseguono in quegli anni illustra, ben oltre quello che egli racconta, la difficoltà della situazione.
Gli Annali di Oberto si chiudono con l’anno 1173 e nel 1174 Guglielmo Caligepallii risulta il nuovo cancelliere del Comune. È possibile quindi che la morte sia avvenuta in quel torno di tempo.
Fonti e Bibl.: Il Registro della Curia arcivescovile di Genova, a cura di L.T. Belgrano, in Atti della società ligure di storia patria, II (1862), 2, pp. 57-104, 116, 117, 268, 300 s., 379 s., 382, 399, 404; L.T. Belgrano, Oberto Cancelliere, in Annali Genovesi di Caffaro e de’ suoi continuatori, I, Roma, 1890, pp. C-CXXVIII; Id., Caffaro, ibidem, pp. LXIX-XCIX; Il cartolare di Giovanni Scriba, a cura di M. Moresco - M. Chiaudano, Roma 1935; D. Puncuh, Il Liber Privilegiorum Ecclesie Ianuensis, Genova 1962, doc. 11, 12, 50, 57; I Libri Iurium della Repubblica di Genova, a cura di D. Puncuh et al., Genova-Roma 1992-2001, I, 1, pp. 38, 45, 63, 73, 137, 177, 267 s., 273, 276; I,2, pp. 357, 368; I,3, pp. 480, 524, 567 s.; Caffaro (1099-1163), a cura di G. Airaldi,traduzione e note di M. Montesano, Genova 2002; Gli Annali di Oberto Cancelliere (1164-1173), a cura di G. Airaldi, traduzione e note di M. Macconi, Genova 2004. Si veda inoltre: G. Costamagna, Il notaio a Genova tra prestigio e potere, Roma 1970, passim; G. Petti Balbi, Caffaro e la cronachistica genovese, Genova 1982; A. Rovere, L’organizzazione burocratica: uffici e documentazione, in Genova, Venezia, il Levante nei secoli XII-XIV, Genova-Venezia 2001, pp.103-128.