PIROVANO, Oberto da
PIROVANO, Oberto da. – Nacque probabilmente nei primissimi anni del XII secolo giacché nel 1123 era già suddiacono (Ambrosioni, 1988, p. 29).
L’appartenenza ai da Pirovano (una famiglia di capitanei o di valvassori derivante il nome da una località del contado della Martesana, oggi in comune di Missaglia, Lecco) è nota da un testimoniale del XIII secolo in. (Puricelli, 1645, p. 1136).
Sino all’elezione ad arcivescovo (1146), percorse all’interno della Chiesa milanese una carriera lineare e abbastanza veloce, peraltro scarsamente documentata.
Dopo la prima comparsa da suddiacono il 1° settembre del 1123, quando sottoscrisse il lodo tra i canonici e i monaci di S. Ambrogio (Zerbi, 1963, 19912, p. 222), è attestato infatti in pochi documenti: nel 1128 (18 ottobre) appose la sua firma su un diploma per i canonici santambrosiani (Giulini, 18572, VII, p. 92) e, come diacono, nel 1137 (4 marzo) e 1141 (4 agosto) a due diplomi del nuovo arcivescovo Robaldo (Frigerio - Mazza - Pisoni, 1975, p. 121; Lupo, 1799, II, coll. 1031 s.). Con costui dovette avere un rapporto improntato a fiducia e collaborazione: nel dicembre 1143 risulta infatti già arcidiacono del clero ordinario e per suo incarico emise una sentenza a favore del vescovo di Lodi contro le pretese dei monaci di Cerreto (Le carte della Mensa Vescovile di Lodi (883-1200), a cura di A. Grossi, 2004, n. 46), nel novembre 1144 sottoscrisse il compromesso proposto da Robaldo sulla questione santambrosiana (Puricelli, 1645, p. 692).
Il 22 gennaio 1146, a poche settimane dalla morte di Robaldo (30 dicembre 1145), Pirovano venne elevato all’episcopato (Ambrosioni, 1988, pp. 20 s., che accorda le discordanti informazioni dei cataloghi arcivescovili). Nella fase iniziale della sua attività fu attento in particolare al mondo monastico cittadino, confermando la soggezione dei chierici decumani responsabili della cura d’anime alle abbazie urbane di S. Dionigi (ottobre 1146, in occasione forse di un sinodo provinciale) e di S. Simpliciano (gennaio 1147), nonché la soggezione dell’ospedale di S. Eustorgio al preposito dell’omonimo monastero.
Intervenne inoltre nelle liti fra canonici e monaci di S. Ambrogio ordinando ai primi, nel dicembre 1147, di aprire l’altare d’oro durante alcune celebrazioni monastiche, ma riconoscendo loro (febbraio 1148) il diritto di ricevere dai monaci un pranzo e un censo nella festa di s. Satiro (Ambrosioni, 1972, 2003, pp. 80-83); infine, il 2 aprile 1148 concesse all’abbazia protezione e conferma del patrimonio (Le carte santambrosiane di un luogo scomparso: Paciliano (secoli X-XIII), a cura di L. Fois, 2006, pp. 61-65).
Nella stessa linea di attenzione pastorale alla città si colloca una serie di coevi provvedimenti per arginare le rivendicazioni di maggiore autonomia da parte di fedeli laici frequentanti chiese dipendenti da enti religiosi.
Confermò pertanto alla badessa di S. Margherita la nomina del prete officiante la cappella di S. Maria al Circo (luglio 1148; Muratori, 1741, IV, coll. 29 s.; V, coll. 565 s.) e le analoghe prerogative dell’arciprete di Monza, contro gli uomini di Sesto S. Giovanni (agosto 1149) e della badessa di S. Radegonda contro i vicini della cappella di S. Simpliciano (1154; Frisi, 1794, II, pp. 57 s.; Le pergamene del secolo XII conservate presso l’Archivio di Stato di Milano. S. Radegonda, S. Simpliciano [...], a cura di M.F. Baroni, 1993, pp. 71-74). Solo ai vicini di S. Fedele concesse l’elezione dell’officiante (luglio 1148), restando peraltro all’abate di S. Dionigi la decisione di presentarlo all’arcivescovo per l’investitura (Le pergamene milanesi del secolo XII conservate presso l’Archivio di Stato di Milano, [...], S. Dionigi [...], a cura di L. Martinelli Perelli, 1994, pp. 34 s.).
L’attenzione agli enti cittadini non venne meno negli anni successivi, quando Pirovano risolse i contrasti tra S. Lorenzo e S. Eustorgio (gennaio 1152), tra monastero e ospedale di S. Ambrogio (febbraio 1153), tra superstantia e preposito di S. Giorgio al Palazzo (agosto 1153 e luglio 1156). Sin dal 1149 (avendone conferma dal papa nel dicembre 1149), inoltre, aveva abolito le prebende individuali, potenziata la vita comune del clero ordinario della cattedrale e perseverato nella protezione agli ospedali, con un privilegio di protezione per S. Dionigi, in anno imprecisato, e più tardi l’emanazione di norme statutarie per l’ospedale del Brolo (febbraio 1161).
In quanto arcivescovo, Pirovano presenziò a Vercelli alla consacrazione della cattedrale compiuta da Eugenio III di ritorno dalla Francia (giugno 1148), e nel successivo Concilio di Cremona dovette fronteggiare la contestazione dell’arcivescovo di Ravenna circa il diritto di sedere alla destra del papa (che si limitò, secondo Giovanni di Salisbury, ad affermare la pari dignità delle due sedi, ma respinse la richiesta di rendere di nuovo suffraganeo di Milano l’episcopato di Genova elevato al rango di metropoli quindici anni prima). Difese invece con successo i confini della provincia ecclesiastica milanese e della diocesi di Torino (contro le pretese del vescovo di Moriana desideroso di annettere la Val di Susa) e approvò con altri presuli lombardi la destituzione di Uberto da Melegnano vescovo di Acqui (e suffraganeo di Milano) dissipatore del patrimonio della sua Chiesa (Pavoni, 1977, p. 91). L’attenzione al territorio metropolitico fu del resto alta, nei primi anni Cinquanta.
Oltre che a Vercelli, Pirovano si recò a Brescia (13 agosto 1152) per un’occasione importante (la consacrazione della chiesa dei Ss. Faustino e Giovita), ma soprattutto arbitrò in prima persona molti conflitti e confermò sentenze, o a esse presenziò: tra il vescovo di Lodi e l’abbazia di Cerreto (marzo 1147), tra lo stesso vescovo e S. Cristina di Corte Olona (ottobre 1150), tra il vescovo di Tortona e la comunità di Voghera (marzo 1151), tra le canoniche di S. Maria e di S. Gaudenzio a Novara (aprile 1155). Inoltre, per incarico di Adriano IV giudicò nei conflitti tra il vescovo di Piacenza e S. Benedetto di Crema, e tra Fruttuaria e la canonica di Cucciago a essa soggetta.
Agli anni Cinquanta risalgono, infine, alcuni interventi di Oberto nelle pievi della diocesi: per il riconoscimento dei corpi santi rinvenuti nella pieve di Vigonzone (1151: Liber notitiae, sanctorum Mediolani, a cura di M. Magistretti - U. Monneret de Villard, 1917, col. 21); per giudicare la lite fra la pieve di Casorate e i cistercensi di Morimondo e per confermare i beni di quella di Pontirolo (febbraio 1154, maggio 1155); per consacrare inoltre la chiesa pievana di Cannobio (luglio 1155). Nel gennaio 1154, tuttavia, respinse le pretese del clero pievano di Rosate contro la canonica regolare di S. Maria di Crescenzago, che negli stessi anni Oberto difese dalle vessazioni riguardo alla riscossione delle decime.
A partire dalla seconda metà degli anni Cinquanta, Pirovano dovette affrontare il grave problema politico del momento: il bando imperiale contro la città (settembre 1155). Da principio non abbracciò del tutto la linea politica cittadina: a inizio 1158 diede appoggio ai lodigiani venuti a implorare un trattamento meno duro e si recò a Cremona alla Dieta convocata da legati imperiali. Certo, l’8 settembre 1158 partecipò alla resa a Federico I dopo l’assedio, supplicando pietà per i cittadini; ma nel successivo novembre, alla Dieta di Roncaglia, intervenne esaltando il Barbarossa come principe giusto e supremo legislatore. Solo dopo il nuovo bando contro Milano (aprile 1159) e la doppia elezione papale seguita alla morte di Adriano IV, Pirovano compì una netta scelta antimperiale e a favore di papa Alessandro III, assieme ai cui legati scomunicò Federico I e Vittore IV (febbraio 1160). Con i vertici del clero ordinario seguì l’esercito milanese all’assedio del castello di Carcano e l’8 agosto 1160 esortò le truppe a combattere fiduciose nell’aiuto di Dio e di s. Ambrogio, poi guidò personalmente un drappello di cento armati nel contado del Seprio e li lasciò a presidio del territorio. Dopo il nuovo assedio (1161) e la resa, per evitare di essere costretto ad aderire a Vittore IV l’arcivescovo fuggì verso Genova, con i maggiori esponenti del clero, e di qui salpò con il papa verso la Francia (18-25 marzo 1162), ove rimase per oltre tre anni.
Nei mesi successivi è attestato a Tours, ove ottenne (14 ottobre 1162) per la sua Chiesa un privilegio papale di protezione e conferma dei beni, e ove si trovava ancora nel maggio 1163 in occasione del concilio. Rientrò in Italia con il pontefice nel novembre 1165 e forse si stabilì a Benevento, città nella quale lo colse la morte il 27 marzo 1166. Ivi fu sepolto nella chiesa monastica di S. Sofia secondo i cataloghi arcivescovili (Frisi, 1794, III, p. 145; Savio, 1913, pp. 44 s.).
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