CATTANEO LAZZARI, Oberto
Nobile genovese, nacque presumibilmente attorno al 1470. Divenuto un Cattaneo per essere stato aggregato nel 1528 (come era stato prescritto dalla riforma di A. Doria) all'“albergo” di questa grande casata, era di nascita un Lazzari, famiglia nobile oriunda di Bologna.
Nel 1263 un Lazzaro de Lazzari bolognese, creato podestà di Genova, vi si stabilì, dando origine a questa famiglia. Prima del C., presero parte alla vita politica della Repubblica un Nicolò de Lazzari, che nel 1368 fu uno dei consiglieri della Repubblica nella convenzione fatta con l’imperatore Carlo IV; un Oberto e un Domenico, che erano ascritti al Gran Consiglio dei mercanti neri.
Sulla attività svolta dal C. prima della sua elezione al dogato, le tradizioni manoscritte non sono concordi: secondo alcuni (Della Cella, Vigna) fu notaio, secondo altri (Pescetto) fu medico e filosofo iscritto al Collegio dei medici.
Essendo poco probabile che, come vorrebbe il Levati, avesse conseguito entrambe le lauree di notaio e di medico, esercitandole secondo che le occasioni lo richiedessero, potrebbe rendere più plausibile la prima ipotesi un atto del 1519, rogato da Vincenzo Cappello, in cui il C., come uomo di piena fiducia e onestà, viene eletto dalla nobile dama Battistina Fattinanti per l’effettuazione di una donazione alla chiesa di S. Chiara d’Albaro, facendo il C. iscrivere la partita sui cartolari del Banco di S. Giorgio. Il fatto inoltre che il C. abbia fatto splendido dono ai domenicani di S. Luca d’Albaro (in Albaro, sulle colline attorno alla città, egli possedeva una villa con vasti terreni) di una tela di Luca da Leyden, dimorante ad Anversa tra il 1521 e il 1522, testimonia una probabile presenza del C. sui mercati di Fiandra, come avveniva per molti altri suoi nobili concittadini. Il quadro, probabilmente un trittico, dovette essere commissionato direttamente dal C., data la meticolosità delle corrispondenze: infatti, oltre a recare lo stemma dei Lazzari, rappresentava l’Adorazione dei Magi, con s. Luca evangelista, titolare della chiesa cui il C. ne fece dono, e col patriarca s. Domenico, fondatore dei frati che officiavano la chiesa. Nella medesima chiesa il C. fece fare una magnifica vetrata a colori con gli stessi santi protettori.
Negli anni tra il 1499 e il 1528, il C., ascritto al partito guelfo, ricoprì diverse cariche pubbliche: fu più volte, anziano ed elettore, ufficiale di Moneta, di Banchi, del Monte di pietà. In quest’ultima carica, con altri tre protettori, nel 1520 fece allargare il deposito e il magazzino del Monte, e nello stesso tempo, con la giustificazione di voler combattere l’usura, deliberò d’aumentarne il capitale, ricorrendo alla Casa di S. Giorgio per un prestito di 200 luoghi, con l’approvazione di Ottaviano Fregoso, allora governatore per il re di Francia. Il C. fu anche tre volte protettore dell’ospedale di Pammatone, e una volta rispettivamente del magistrato del Sale, di Corsica, di Balia. Eletto a quest’ultimo ufficio nel 1516, il 13 febbr. 1517 firmò, in qualità di revisore, insieme con il governatore Ottaviano Fregoso e al collega Domenico Lercari, la lista delle somme pagate in scudi ai tesorieri del re di Francia dai banchieri genovesi durante le fiere di Lione. Il C. fu anche eletto due volte tra i procuratori del Banco di S. Giorgio; anzi, proprio mentre ricopriva per la seconda volta questo ufficio, l’11 ott. 1528 venne assunto al dogato, primo doge biennale dopo la riforma di A. Doria.
L’elezione del C. per volontà, o almeno col consenso di A. Doria, si spiega con la modestia stessa del personaggio, che non doveva dare ombra al potente patrono della Repubblica. Il fatto che con la riforma del 1528 il C. fosse entrato nell’“albergo” dei ricchi Cattaneo testimonia l’esiguità della sua famiglia di origine e la sua vocazione mercantile prima che politica; inoltre dal suo matrimonio con Mariola Navoni non erano nati figli che lasciassero sospettare una qualche ambizione dinastica. Solo il Vigna, contraddicendo tutta la tradizione manoscritta precedente, parla di un Giuliano fu Oberto premorto a Mariola, ma l’equivoco fu probabilmente originato dalla citazione nel testamento del C. di un Giuliano Sale fu Oberto come uno degli esecutori testamentari e padre di una coerede, Franceschetta, moglie del nipote del C., Domenico Lazzari (nel testamento, stilato il 17 giugno 1528, quindi pochi mesi prima dell’incoronazione, il C. stabilisce di lasciare l’eredità dei suoi beni a Domenico, a Franceschetta e alle loro figlie Pellegrina e Maria e al figlio di cui Franceschetta è incinta, con totale usufrutto alla moglie Mariola).
L’incoronazione dogale avvenne il 18 ott. 1528. Certo seguendo le direttive del Doria, uno dei primi provvedimenti del C. fu quello di rinforzare il naviglio genovese. Nell’inverno furono celermente apprestate ben dodici nuove galee di cui, scelti i rispettivi capitani, il C. elesse ammiraglio Filippino Doria. Il 12 ag. 1529 passò da Genova Carlo V diretto a Bologna per abboccarsi con papa Clemente VII: il C. lo accolse splendidamente nel palazzo ducale. Sotto il dogato del C. si provvide pure a rinforzare le difese terrestri: distrutta in odio al dominio francese la fortezza di Castelletto, a difesa della città si costruirono due fortezze in Val Polcevera e si rinforzò il forte del Castellazzo; inoltre furono rifabbricate le mura, che avevano subito gravi danni durante le ultime guerre. Cessato dopo due anni il dogato, il C., per incarico dei Dodici riformatori delle leggi, continuò ancora per qualche tempo il suo governo, finché non si elesse il successore.
Ritornato alla vita privata, morì a Genova il 10 dic. 1533 e fu sepolto in S. Domenico.
Bibl.: Arch. di Stato di Genova, ms. 484, cc. 114-117; Genova, Civ. Bibl. Berio, ms. 571 D 1.3.9: G. Pasqua, Iscriz. genovesi, c. 46; Ibid., ms m.r. X., 2, 167: L. Della Cella, Famiglie di Genova, c. 185; Ibid., Biblioteca Franzoniana, ms 126: F. Federici, Alberi geneal., c. 285; F. M. Accinelli, Comp. delle storie di Genova, Lipsia 1750, I, p. 80; F. Casoni, Annali di Genova, Genova 1799, III, pp. 52, 64, 70, 78; G. B. Pescetto, Biogr. medica ligure, Genova 1846, I, p. 116; R. A. Vigna, Illustraz. di S. Maria di Castello, Genova 1864, ad Indicem; I. Bonfadio, Annali di Genova, a cura di L. T. Belgrano, Genova 1870, pp. 40, 54; M. Bruzzone, Il Monte di Pietà di Genova, in Atti della Soc. lig. di storia patria, XLI (1913), p. 48; L. Levati, I dogi biennali dal 1528 al 1699, Genova 1913, I, pp. 3-9; V. Vitale, Breviario della storia di Genova, Genova 1955, p. 207; D. Gioffré, Gênes et les foires de change, Paris 1960, doc. 300.