O thiasos
(Grecia 1974, 1975, La recita, colore, 235m); regia: Theo Anghelopulos; produzione: Ghiorgos Papalios; sceneggiatura: Theo Anghelopulos; fotografia: Ghiorgos Arvanitis; montaggio: Takis Davlopulos; scenografia e costumi: Mikis Karapiperis; musica: Lukianos Kilaidonis.
Grecia, autunno 1952. Gli attori di una compagnia girovaga che va rappresentando il dramma ottocentesco Golfo la pastorella di Spiridonas Peresiadis escono all'alba dalla stazioncina ferroviaria di Eghio. Entrati in paese, evitano di incrociare un automezzo che fa propaganda per il maresciallo Papagos, candidato alla guida del governo; poi, ripreso il cammino, sbucano in una piazza dove, con un salto temporale all'indietro ‒ siamo di colpo nel 1939 ‒ fervono i preparativi per la visita del generale Metaxàs e del ministro della propaganda del Reich, Goebbels. Gli attori si sistemano in un alberghetto e si preparano per la recita. I rapporti tra alcuni di loro, le cui identità sembrano ricalcare i personaggi del mito degli Atridi, sono tesi. L'attrice Elettra odia sua madre, che tradisce il marito capocomico con l'attore Egisto. Una sera, durante lo spettacolo, la polizia arresta l'attore Pilade che ha manifestato le sue convinzioni di rivoluzionario. La guerra rende difficile la vita della compagnia. Il fratello di Elettra, Oreste, è militare, e suo padre si arruola come ausiliario. Ma è l'occupazione nazifascista a far precipitare la situazione. Il padre, denunciato da Egisto ai tedeschi, viene fucilato. Oreste va in montagna con i partigiani ed Egisto prende il posto di capocomico. Durante un trasferimento la compagnia viene fermata e rinchiusa in una fortezza, ma è salvata dall'intervento dei partigiani. I tedeschi sono in ritirata, arrivano gli inglesi. Il tempo della vendetta, lungamente atteso da Elettra, matura. Oreste, che milita nell'armata popolare di liberazione in conflitto con le forze filomonarchiche sostenute dagli inglesi, viene guidato da Elettra sul luogo dello spettacolo e uccide in scena sia Egisto sia la madre. Oreste è ricercato, Elettra viene aggredita e violentata. La stessa Elettra, in un monologo, riassume le vicende vissute dalla Grecia nel 1944 e 1945. L'azione riprende con l'inasprimento delle misure contro le sinistre. Ritorna Pilade, che ha dovuto firmare, in cambio della libertà, una dichiarazione di anticomunismo. Oreste, catturato, finisce in prigione. Quando Elettra ritrova finalmente le sue tracce, scopre che è appena stato giustiziato. Siamo ormai agli anni Cinquanta. La compagnia, con l'ingresso di alcuni attori nuovi, riprende le recite. L'ultima inquadratura, parallela a quella iniziale, mostra il gruppo che esce dalla stazione. La voce fuori campo dice: "Nell'autunno del 1939 ritornavamo a Eghio. Eravamo stanchi. Non avevamo dormito da due giorni".
Capitolo centrale di una trilogia 'storica' che comprende anche Meres tu '36 (I giorni del '36, 1972) e I kynighi (I cacciatori, 1977), O thiasos (letteralmente: il gruppo, la compagnia) è non soltanto il più complesso ma anche il più soggiogante tra i film di Theo Anghelopulos. "Regista della storia greca", com'egli stesso ebbe a definirsi, Anghelopulos è l'autore che, nel panorama d'una cinematografia a lungo restia a misurarsi con l'identità sociale e politica del Paese, ha rappresentato con maggiore lucidità e intensità la presa di coscienza d'una generazione di cineasti emersa in Grecia soprattutto nella prima metà degli anni Settanta, in aperta sfida al regime dei colonnelli. Fare un film, nelle parole del regista, è "un'avventura morale, spirituale, emotiva", non mera rappresentazione di fatti; è anche una "storia nel tempo", nel cui flusso senza confini di passato, presente e futuro va colto il senso riposto della verità e del destino dell'uomo.
È da questa spinta che nasce l'ampio disegno creativo, con le sue lente scansioni e le sue folgoranti illuminazioni, di O thiasos, film nel quale il sentimento del tempo s'accompagna all'altro motivo centrale del cinema di Anghelopulos, il viaggio, inteso come doppio percorso: nello spazio e nella propria interiorità. Girato nel 1974, in parte (fino a luglio) quand'erano ancora al potere i colonnelli e in parte subito dopo, il film spazia sul periodo compreso fra il 1939 e il 1952, tra l'epoca della dittatura del generale Ioannis Metaxas (1936-1941) e il primo anno del governo del maresciallo Alexandros Papagos (1952-1955). Attraverso una struttura che rimuove i confini cronologici e sposta l'azione avanti e indietro nel tempo, il racconto raggiunge anche capitoli antecedenti al 1939, come la guerra greco-turca del 1922, rievocata durante un viaggio in treno dal capocomico. Il ricorso a monologhi in cui certi personaggi completano, rivolgendosi allo spettatore, il quadro storico si lega alla curvatura sostanzialmente brechtiana del film, evidenziata da una tecnica di straniamento che non raggela mai la partecipazione: nemmeno nei piani-sequenza più corali, con la macchina da presa che segue a lungo i personaggi in movimento ora accompagnandosi a essi come un elemento del gruppo ora cogliendone il cammino mediante rigorosi carrelli laterali. I passaggi da un'epoca all'altra avvengono ‒ anche all'interno d'una stessa sequenza ‒ grazie a soluzioni visive semplici nei meccanismi ma efficacissime nella resa, in linea con una scelta stilistica che, senza staccarsene mai, trasfigura il realismo della materia in una scabra solennità, sia nel drammatico corso delle vicende umane sia nella nudità severa dei paesaggi e degli ambienti. Il tutto immerso nei colori freddi della fotografia, scandito magistralmente dalle voci e dai silenzi, dalle marce militari e dalle canzoni d'epoca, e sviluppato su tre diversi livelli: lo spettacolo teatrale come luogo della finzione in cui irrompe di continuo la realtà, i rapporti privati degli attori della compagnia e i drammi collettivi della Storia che interferiscono nella vita di umili testimoni, quali sono questi attori girovaghi. Le tre direttrici di questo impianto narrativo ora procedono parallele ora si fondono caricandosi di valori simbolici, ma costante rimane la tensione creativa che sostiene il film per tutte le quattro ore della sua durata. O thiasos ha vinto il Premio Internazione della Critica alla Quinzaine des réalisateurs del Festival di Cannes del 1975.
Interpreti e personaggi: Eva Kotamanidu (Elettra), Stratos Pachis (suo padre), Aliki Gheorguli (sua madre), Vanghelis Kazan (Egisto), Petros Zarkadis (Oreste), Kyriakos Katrivanos (Pilade), Iannis Phirios (fisarmonicista), Maria Vassiliou (Chrysothemis), Grigoris Evanghelatos (poeta), Nina Papazaphiropoulou (vecchia), Alexis Bubis (vecchio), Ghiorgos Kutiris (figlio di Chrysothemis), Kostas Stiliaris (capo della milizia), Thanos Grammenos (attore della compagnia nel 1952), Mary Andonopulu (attrice della compagnia nel 1952), Iannis Mandilas (ufficiale inglese), Ghiorgos Verlis (falangista), Ghiorgos Tsiphos (droghiere), Takis Dukakos (direttore della prigione).
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Sceneggiatura: in "L'avant-scène du cinéma", n. 164, décembre 1975; La recita, Milano 1977.