AMELIO ('Αμέλιος, Amelius), o Amerio Gentiliano
Nato in Etruria, fu prima scolaro di un Lisimaco, poi entrò, nel 246 d. C., nella scuola di Plotino e vi rimase per 24 anni. Poco prima della morte del maestro si recò ad Apamea e dovette restarvi lungo tempo, perché vien anche chiamato 'Απαμεύς. Sulla sua vasta operosità letterario-filosofica dà copiose notizie Porfirio nella sua Vita di Plotino. Amelio pubblicò, in cento libri, le lezioni di Plotino e compose varî scritti polemici a difesa e chiarimento delle dottrine del maestro. Le molte citazioni di sue opinioni che si trovano nel commentario di Proclo al Timeo platonico fanno supporre che anch'egli abbia illustrato la stessa opera. Si occupò anche della raccolta e dello studio accurato (spinto fino all'apprendimento mnemonico) degli scritti di Numenio, da lui altamente ammirato e che influì notevolmente sul suo pensiero, tendendo a rendere materiale e superficiale il suo iniziale plotinismo: caratteristica che risulta chiara anche malgrado la grande frammentarietà con la quale ci sono state tramandate le sue convinzioni filosofiche. Essenzialmente, egli aderisce alla tendenza dominante fin d'allora nell'evoluzione del neoplatonismo plotiniano: e cioè il processo verso una sempre maggiore distinzione e moltiplicazione delle supreme realtà. Il νοῦς è da lui diviso in tre ipostasi: l'"ente", il "possedente", il "veggente", concepiti come tre "demiurghi", "re", di cui il secondo partecipa, possedendolo, all'essere del primo e il terzo possiede quello del secondo e contempla il primo. Viceversa, egli si oppone a Plotino nel problema della molteplicità delle anime singole, derivate dall'anima del mondo, sostenendone l'essenziale unità.
Il Leopardi, che aveva tradotto la Vita di Plotino di Porfirio, mise il nome di Amelio al "filosofo solitario" del suo Elogio degli uccelli.
Bibl.: Freudenthal, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl. d. class. Altertumswiss., I, coll. 1822-23; E. Zeller, Philos. d. Griech., 4ª ed., III, ii, p. 632 segg.; cfr. anche Usener, Kleine Schrift., I. p. 367 segg.; Thedinga, De Numenio (nell'introduzione all'edizione dei frammenti), p. 23 segg.