Nuovo Cinema Paradiso
(Italia/Francia 1988, colore, 123m); regia: Giuseppe Tornatore; produzione: Franco Cristaldi per Cristaldifilm/ Les Films Ariane; sceneggiatura: Giuseppe Tornatore; fotografia: Blasco Giurato; montaggio: Mario Morra; scenografia: Andrea Crisanti; costumi: Beatrice Bordone; musica: Ennio Morricone, Andrea Morricone.
Salvatore Di Vita è un regista affermato. Una telefonata dal paese natale siciliano di Giancaldo gli annuncia la scomparsa e il funerale del proiezionista Alfredo e lo riporta indietro nel tempo. Giancaldo, primi anni del dopoguerra. Salvatore è per tutti il piccolo Totò. Orfano di padre, ufficialmente disperso in Russia, ha trovato una figura paterna alla quale affidarsi: Alfredo, il proiezionista della sala parrocchiale del paese dove Totò scappa appena può, per sbirciare le immagini che scorrono sullo schermo, nascondendosi alla vista del prete che visiona in anticipo i film, armato di una campanella con la quale indica le scene da tagliare (perlopiù, quelle di baci appassionati: da Riso amaro e dal Figlio dello sceicco, da Senso e da Addio alle armi, da Notorious e da Bellissima…). Ma il bambino non si accontenta e quando può si arrampica sulla scala a chiocciola che conduce al regno di Alfredo. Lì Totò trascorre le sue giornate e lì Totò ruba dalle pellicole fotogrammi che utilizza, a casa, in una sorta di povera e fantasiosa proiezione 'amatoriale'. Passano gli anni e sullo schermo si succedono i volti degli attori. Alfredo ha insegnato a Totò i segreti del mestiere. Un giorno una pellicola prende fuoco, il cinema brucia e tra le fiamme rimane Alfredo. È proprio Totò a salvarlo dalla morte: ma l'uomo ha perso la vista. Assieme alla sala, sono andati in fumo i sogni degli abitanti di Giancaldo. Davanti alla rovine fumanti il prete è disperato, ma il miracolo si manifesta nella figura di un napoletano vincitore alla lotteria che decide di investire il gruzzolo nella sala: il Nuovo Cinema Paradiso rinasce dalle ceneri e con lui Totò promosso al rango ufficiale di proiezionista. Ormai ragazzo, è sempre in cabina di proiezione e i ruoli si sono invertiti: è lui stavolta a ospitare il cieco Alfredo. Il primo amore contrastato, il servizio militare e poi Totò prende la difficile decisione (spinto da Alfredo) di abbandonare definitivamente Giancaldo. Salvatore è ora un uomo di successo ma carico di rimpianti. Il ritorno al paese per il funerale di Alfredo lo costringe a saldare i conti con il passato. La vedova del proiezionista gli consegna una bobina che Salvatore, tornato a Roma, si fa proiettare: sono le sequenze tagliate dei baci più celebri dello schermo che Alfredo ha salvato e montato, e che Salvatore rivede tra le lacrime.
La vita immaginata che si confronta con la realtà, la finzione che si scontra con il quotidiano. Il sogno, sopra tutto. Nuovo Cinema Paradiso è uno dei film più acclamati e dalla vita più tribolata che il cinema italiano degli ultimi decenni abbia prodotto, amato incondizionatamente o visceralmente detestato. Attraverso il viaggio via flashback del regista Salvatore, indietro nel tempo, fino agli anni dell'infanzia nel paese siciliano fantastico di Giancaldo, Giuseppe Tornatore cesella un film dall'ampio respiro che irrompe coraggiosamente in un panorama produttivo all'epoca spesso segnato dal minimalismo del pensiero e dei mezzi. Il grande schermo sognato e adorato dal piccolo Totò, se da un lato diventa occasione di omaggio ai film amati dal regista, dall'altro si fa metafora di un cinema italiano capace di tornare a pensare 'in grande'.
Sono nostalgia e ricordo a generare il film. Nostalgia e ricordo per quella sala buia destinata a scomparire, costretta a lasciare il posto a qualcosa di decisamente meno romantico. Una sala dove i fantasmi si materializzavano sulla grande vela bianca, dove le ombre dei divi e delle divine venivano evocate da un sacerdote chiamato proiezionista, per venire incanalate verso lo schermo attraverso la bocca di un leone ruggente di pietra. Tornatore dipinge il cinema come un rito venato di paganesimo e religiosità. La sala, nei primi tempi, è parrocchiale e gestita con mano di ferro da un simpatico pretino censuratore di baci; il pubblico di 'fedeli' che la popola è un campionario di indigeni grotteschi, divisi a seconda delle classi sociali d'appartenenza fra galleria (i ricchi) e platea (i poveri). Quando il proiezionista officia il rito, sullo schermo passano le immagini di una storia ideale che non tiene conto di divisioni fra cinema 'alto' e 'basso': Ombre rosse e La terra trema, I vitelloni e I pompieri di Viggiù, Catene e In nome della legge... Immagini, volti e frammenti di dialogo che contrappuntano i gesti e le vite dei personaggi d'un 'piccolo mondo antico' d'autore, in un continuo gioco prospettico che parte dallo schermo di Giancaldo per approdare (in un'altra sala, in un'altra dimensione) fino a noi, nuovi spettatori di oggi. Un viaggio d'amore cinefilo, dove le immagini hanno spesso un sapore autoreferenziale, dove il percorso è popolato dalle facce familiari di caratteristi (da Leo Gullotta a Enzo Cannavale, da Nino Terzo a Leopoldo Trieste fino a Tano Cimarosa), e che approda in crescendo melodico e melodrammatico a un finale emotivamente irresistibile: Salvatore adulto, uomo di successo ma sconfitto dai ricordi del passato, solo, nella sala buia, che si commuove fino alle lacrime vedendo un montaggio dei baci più celebri della storia del cinema, a suo tempo tagliati per ordine censorio del prete e gelosamente rimontati e nascosti dal proiezionista-padre.
Prima di conquistare uno dei più alti panieri di allori mai raggiunti da un film italiano (l'Oscar per il miglior film straniero e il Gran premio speciale della giuria a Cannes su tutti, ma anche fra gli altri il Golden Globe della stampa estera a Hollywood, il Gran Premio speciale della giuria dell'Oscar europeo Felix, il British Academy e il Premio Pasinetti), Tornatore si imbarcò in una vera e propria odissea montando tre versioni del film. La prima, integrale, durava 2 ore e 50 minuti e venne presentata in anteprima al festival Europa Cinema nel settembre del 1988. Per l'uscita nelle sale, in autunno, Tornatore tagliò circa un quarto d'ora: la risposta del pubblico fu tiepida. Il film vivacchiò fino all'invito di Cannes dove venne presentato ulteriormente alleggerito (2 ore e 3 minuti, si dice per il suggerimento del produttore Franco Cristaldi: saltava completamente la parte di Brigitte Fossey). Il risultato sulla Croisette riaprì al film le porte delle sale italiane e internazionali, e questa volta fu un trionfo.
Interpreti e personaggi: Philippe Noiret (Alfredo), Jacques Perrin (Salvatore Di Vita), Salvatore Cascio (Salvatore da bambino), Marco Leonardi (Salvatore da adolescente), Pupella Maggio (Maria), Antonella Attili (Maria da giovane), Leo Gullotta (maschera), Agnese Nano (Elena), Leopoldo Trieste (don Adelfio), Enzo Cannavale (Spaccafico), Isa Danieli (Anna), Nino Terzo (padre di Peppino), Tano Cimarosa (maniscalco), Roberta Lena (Lia), Nicola Di Pinto (matto), Brigitte Fossey (Elena adulta).
E. Comuzio, Nuovo Cinema Paradiso, in "Cineforum", n. 284, maggio 1989.
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T. Pulleine, Projected Wisdom, in "Sight & Sound", n. 1, Winter 1989/90.
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S. Radstone, Cinema/Memory/History, in "Screen" n. 1, Spring 1995.
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F. Montini, Le stelle di Tornatore, in Schermi opachi, a cura di L. Miccichè, Venezia 1998.
Sceneggiatura: Nuovo Cinema Paradiso, Palermo 1990.