NUOVE EBRIDI (A. T., 162-163 e 164-165)
EBRIDI Arcipelago della Melanesia, composto da una quarantina tra isole e isolotti, ad alcune centinaia di km. dalla Nuova Caledonia, a 2000 km. circa dalla costa orientale del continente australiano. L'arcipelago è situato tra i 9° e i 20° lat. S. e i 163° e 168° long. E.; ha forme allungate, sviluppandosi per oltre un migliaio di km. in direzione NNO.-SSE., mentre la sua superficie complessiva misura poco più di 13 mila kmq., di cui oltre un terzo, circa 5 mila kmq., si devono all'isola maggiore: Marina o dello Spirito Santo. Altre isole sono Mallicolo, Erromango, ecc.
Ad esso pare che approdasse per primo il De Quiros, nel 1606, che lo credette il continente australe di cui tanto si era parlato, e lo chiamò, in onore di casa d'Austria, Austrialia del Espiritu Santo. Poi, un secolo e mezzo più tardi, il Bougainville diede all'arcipelago il nome di Grandi Cicladi, e pare che ne prendesse possesso per conto della Francia. Quindi, sei anni dopo, il Cook gl'impose il nome che conserva tuttora. Dopo il grande navigatore inglese, vi giunsero il La Pérouse, che vi trovò la morte, il D'Entrecasteaux e il Dumont d'Urville. E presto sulle tracce di questi gloriosi navigatori si gettò tutta una schiera di avidi e spietati negrieri, che qui veniva ad accaparrare braccia per le piantagioni del continente vicino.
Comprese, nel 1883, nel territorio della Nuova Caledonia, le nuove Ebridi vennero colonizzate parzialmente. La Francia, che le ambiva a causa della loro contiguità con la francese Nuova Caledonia, pur essendo riuscita, nella convenzione del 24 dicembre 1885 stipulata con la Germania, a farle riconoscere nella propria sfera d'influenza, e pur avendo successivamente, nel 1886, proceduto all'occupazione di Sandwich e Mallicolo, non raggiunse l'intento sperato, essendo stata costretta a stipulare una convenzione (16 novembre 1887) con l'Inghilterra, spinta dai suoi coloni australiani, per la quale le Nuove Ebridi vennero considerate come un condominio anglo-francese. Questa convenzione, che costituì l'origine di una vivace lotta fra i due stati per sopraffarsi a vicenda, che vide il sorgere di società e compagnie sia inglesi sia francesi, e l'affluire di missionarî cattolici e australiani, produsse uno stato di vera e propria anarchia, non volendo nessuna delle due nazioni cedere all'altra. Tale insostenibile stato di cose venne sanato dalla dichiarazione di Londra dell'8 aprile 1904, la quale pose fine, anche nel Pacifico, alla rivalità anglo-francese e preparò il terreno alla convenzione di Londra del 20 ottobre 1906, che fu ispirata dal desiderio di porre le due nazioni su un piede di perfetta eguaglianza nelle Nuove Ebridi. In seguito ad essa, l'arcipelago delle Nuove Ebridi costituisce un territorio di "influenza comune", nel quale i cittadini e i sudditi coloniali di Francia e d'Inghilterra godono degli stessi diritti di residenza, di protezione personale, di commercio, mentre, nel contempo, ognuna delle due nazioni rimane sovrana verso i proprî nazionali, e nessuna delle due può esercitare un'autorità separata sull'arcipelago. Due alti commissarî, francese l'uno, inglese l'altro, rappresentano rispettivamente, a Port Vila (nell'isola Vaté), la Francia e la Gran Bretagna.
Dopo la guerra mondiale la Francia ha chiesto di essere autorizzata a esercitare da sola questo protettorato, suffragando tale richiesta col maggior numero di Francesi residenti nelle Nuove Ebridi (1000 circa, contro 250 Inglesi) e col fatto che il grosso delle esportazioni di queste isole si dirige specialmente verso la Francia e le sue colonie. A tutt'oggi la questione non è stata risolta.
L'arcipelago appare costituito di un imbasamento di rocce arcaiche ricoperto di materiali vulcanici e di costruzioni coralline. Le rocce vulcaniche dànno ad alcune sue isole rilievi di notevole altezza (1682 m. in Espiritu Santo) e le rendono selvaggiamente belle. Il vulcanesimo manifesta ancora qualche attività nelle numerose solfatare; frequenti sono i terremoti.
L'elevatezza delle temperature, che superano, durante tutto l'anno, nelle medie mensili, i 22° almeno; l'abbondanza delle precipitazioni, che raggiungono o oltrepassano i due metri all'anno; la presenza di fertilissimi terreni vulcanici, ricchi di humus, e l'abbondanza dei fosfati, dànno all'arcipelago una vegetazione meravigliosa per il suo carattere lussureggiante e lasciano prevedere il migliore avvenire nella messa a coltura di queste isole. Già le colture, del resto, si stendono su oltre 20.000 ettari, dei quali i tre quarti almeno spettano ai Francesi. Si coltivano soprattutto la palma da cocco, il cacao, il cotone, il caffè; ma vi prosperano anche il banano, la canna da zucchero, l'arancio, gli alberi da frutto tropicali. Il copra costituisce il maggior valore degl'invii all'estero, ma anche il cacao si spedisce per valori elevati, e vi progrediscono le esportazioni di caffé, di cotone, di mais, di lana, di conchiglie trochus. Un tempo dava luogo a forte commercio anche il legno di sandalo; però ormai questi alberi sono quasi del tutto scomparsi, e l'avvenire della colonia poggia quasi soltanto sull'agricoltura. Lo sfruttamento dell'arcipelago potrebbe procedere con assai maggiore sollecitudine, se non fosse contrastato dalla scarsezza della popolazione indigena e dalla poca salubrità del clima per i Bianchi. Alla scarsezza della popolazione indigena i coltivatori francesi cercano di sopperire con l'introduzione di mano d'opera annamita.
La popolazione bianca è composta da un migliaio di Francesi e da un paio di centinaia d'Inglesi.
La capitale, Port Vila (1.200 ab.), nell'isola di Vaté, è una graziosa cittadina, dove risiede l'amministrazione del condominio.
Etnologia. - Gl'indigeni, che al tempo della scoperta occupavano le isole, rappresentano il risultato di un processo di fusione, per il quale un elemento di statura piccola, di colore particolarmente scuro e di capelli crespi era stato assorbito o cacciato verso l'interno da una popolazione melanesiana la cui purezza a sua volta veniva intaccata, sia rispetto alla razza sia alla civiltà, da influssi polinesiani antichi e recenti (facili da constatare specialmente nelle isole meridionali e orientali). Tali influssi polinesiani sono, p. es., l'uso della bevanda alcoolica ricavata dal Piper methysticum (cava), la monarchia ereditaria e creduta quasi divina (Tanna, Erromango, Maei), le leggende di Maui-Tangaroa (Aniwa, Futuna, Tanna), la trasformazione del diritto ereditario della tribù (organizzata nel sistema matriarcale delle due classi) mediante la trasmissione individuale della proprietà. Predominano però in generale gli elementi culturali melanesiani: soltanto è da osservare che specialmente nella costruzione della casa e delle piroghe la tecnica era assai meno progredita che nelle Isole Salomone. L'antropofagia non era praticata dappertutto. Caratteristico per la maggior parte delle isole il grande sviluppo delle società segrete, delle quali le più importanti erano quelle dei Sukwe e dei Tamate (specialmente nelle isole di Bank, ma anche, sotto varie denominazioni, nella parte settentrionale e centrale delle Nuove Ebridi). Il culto degli antenati era assai diffuso, come la venerazione dei cranî dei morti, la cui faccia veniva modellata con molta fedeltà con una materia plastica.
In nessun altro luogo dell'Oceania la civiltà europea ha avuto effetti così disastrosi come sugl'indigeni delle Nuove Ebridi, il cui numero originario, stimato dallo Speiser, sicuramente esagerando, intorno a 600.000, è oggi ridotto a poco più della dodicesima parte di questa cifra. Alcune delle isole minori sono oggi pressoché disabitate. Più ancora dei danni diretti, igienici o economici, impressiona il disgusto della vita e la disperazione che si sono impossessati di una vasta cerchia degl'indigeni e fanno temere fra non molto la loro estinzione.
Bibl.: G. Bourge, Les Nouvelles-Hébrides, Parigi 1906; E. Pelleray, Les Nouvelles-Hébrides, Notre domaine colonial, X, in L'Océanie française, 1922, pp. 65-101; M. Johnson, Cannibal Lands, New Hebrides, Londra 1922; G. Arnaud, L'influence française aux Nouvelles Hébrides, in Ann. de Géogr., 1927, pp. 479-80; G. Bourge, La conquête pacifique des Nouvelles-Hébrides, in Revue de géogr. comm., Bordeaux 1928, pp. 10-29. - Per la storia v.: G. Mondaini, La colonizzazione inglese, Milano 1916; C. Cesari, Colonie e possedimenti coloniali, Roma 1930. - Per l'etnologia: F. Speiser, Kulturkomplexe in den Neuen Hebriden, Neu Kaledonien und Santa Cruz Inseln, in Beiträge zur Anthrop. Ethnol. Urgeschichte Herrn Dr. Sarasin zum 60. Geburtstag gewidmet, 1919; id., Südsee, Urwald, Kannibalen, Lipsia 1913; id., Decadence and Preservation in the New Hebrides, in W. H. R. Rivers, Essays on the Depopulation of Melanesia, Cambridge 1922.