NUORO (Nùgoro; A. T., 29 bis)
Cittadina della Sardegna centrale, capoluogo di provincia. Compare verso il sec. XII come villaggio della curatoria di Dori che apparteneva al giudicato di Logudoro, ma era posto quasi sul confine dove i quattro giudicati s'incontravano. La posizione salubre e sicura a m. 553 di altitudine ne favorì lo sviluppo. Contava 1575 abitanti nel 1688, 3421 nel 1821, 5000 verso il 1850, 9082 nel 1931. Sede vescovile dal 1779, dichiarata città nel 1830 e capoluogo di provincia dal 1848 al 1860, perse questa qualità in quell'anno in seguito ai decreti Rattazzi, rimanendo sede di circondario. Nel 1927 il governo fascista creava di nuovo la provincia di Nuoro, dando allo sviluppo della cittadina un grande impulso. Sorge su un pianoro granitico ch'è un'appendice del pittoresco M. Ortobene il quale le sta a oriente: dagli altri lati la vista si apre su vasti paesaggi. Il territorio comunale (chilometri quadrati 192,27 con 9302 ab.) è assai vario e si presta all'agricoltura e alla pastorizia: vi abbondano i monumenti dell'età nuragica ed è ricco di cacciagione.
La provincia di Nuoro. - Il r. decr. 2 gennaio 1927 istituiva in Sardegna la provincia di Nuoro, fra quelle di Cagliari e di Sassari, assegnandole i circondarî di Nuoro e di Lanusei, più i comuni di Borore, Bortigali, Bosa, Macomer, Magomadas, Modolo, Montresta, Sindia, Suni, Tresnuraghes, Cuglieri, Sennariolo e Scano di Montiferro, in tutto 88 comuni con 7326,52 kmq. di superficie e una popolazione, al 1931, di 207.283 abitanti, circa 28 per kmq. La nuova provincia si affaccia con una costa lunga ma importuosa sul Tirreno, con una più breve, dov'è il piccolo porto di Bosa, sul Mar di Sardegna; abbraccia la parte più montuosa, meno fertile e meno popolata della Sardegna, ma la più pittoresca e amena, e quella ove più si conservano l'antico costume e linguaggio. L'Ogliastra, le Barbagie, il Nuorese, l'Altipiano di Bitti, la Planargia ne fanno parte. Non manca di ricchezze minerarie poco sfruttate, ma la base economica è data dall'agricoltura: grano, orzo, fave, patate, frutta, vini (assai pregiati la malvasia di Bosa e i vini di Oliena e Ierzu), e soprattutto dalla pastorizia: nel 1930 si contavano circa 24.000 equini, 64.004 bovini, 31.991 suini, 641.480 ovini, 153.414 caprini. Agricoltura e pastorizia vanno soggette alle vicende non propizie delle stagioni: molte greggi scendono dai monti a svernare nei campi e nei campidani delle altre due provincie. Esistono, ora assai ridotte dall'importazione dei prodotti della grande industria forestiera, le piccole industrie artigiane che un tempo provvedevano ai bisogni della popolazione (tessuti di orbace e di lino, confezione dei pittoreschi costumi che in alcune zone ancora si mantengono, mobili e utensili domestici, carri e arnesi di campagna, concerie, ecc.); sola grande industria è quella casearia che ha il suo centro maggiore in Macomer (v.). La provincia ha grandi compiti da assolvere: miglioramento della rete stradale e ferroviaria, approvvigionamento idrico delle popolazioni, istruzione e assistenza sanitaria e morale, sviluppo della ricchezza che è scarsa pur in così ampio territorio, attrezzatura del capoluogo ai suoi nuovi compiti. La popolazione è in genere ardita, sveglia e intelligente, fiera del proprio onore, pronta all'ospitalità, ma anche a difendere da sé quelli che ritiene suoi diritti.