nuocere
Significa " recar danno ", ora in senso più generico e attenuato - la larghezza [" generosità "] vuole essere a luogo e a tempo, tale che lo largo non noccia a sé né ad altrui, Cv IV XXVII 12 - ora con allusione a un danno fisico di particolare gravità, il cui autore è severamente punito: nella riviera del sangue... bolle / qual che per vïolenza in altrui noccia (If XII 48; si noti il costrutto con ‛ in ').
Di altro genere è il danno lamentato da Iacopo Rusticucci (v.), caduto nel peccato di sodomia a causa della fiera moglie (If XVI 45).
In If XX 128 già iernotte fu la luna tonda: / ben ten de' ricordar, che non ti nocque / alcuna volta per la selva fonda, l'espressione verbale viene comunemente interpretata come una litote: " anzi ti fece pro, dandoti alcuno lume... E puossi intendere che dicesse questo allegoricamente: imperò che la luna significa mutabilità delle cose terrene, e lo consideramento di questa mutabilità non nuoce; ma giova a chi vuole uscire de' vizi " (Buti). L'Andreoli parla di " modo familiare per esprimere il gran pro' che a Dante... avea più volte dovuto fare la luna "; il Tommaseo intende: " ti guidò innanzi che il sole sorgesse ".
Più che " recar danno ", il verbo significa " ostacolare ", nell'ammonimento di Virgilio a D. (Non ti noccia / la tua paura, If VII 4), in quanto la paura potrebbe essere di grave impedimento alla prosecuzione del viaggio (" disanimandoti ", aggiunge il Chimenz; il Landino: " Non temere, perché la paura ti nocerebbe "; il Torraca: " non ti far vincere dalla paura, con tuo danno ").