NUMANZIA
. Numantia fu la principale città dei Celtiberi, resa celebre dal famoso assedio che terminò le guerre di Roma con i Celtiberi, incorporando definitivamente il loro territorio e la provincia. La città era situata alla confluenza del fiume Merdancho col Duero, presso il villaggio di Garray a pochi km. da Soria, la capitale della moderna provincia dello stesso nome. Il luogo fu identificato dal Saavedra che ne cominciò lo scavo scoprendo anche egli resti della città celtiberica, ma non attribuendo ad essi il giusto valore per non essere ancora noto il carattere della civiltà primitiva di Spagna. L'inizio di ampie ricerche scientifiche intorno a Numanzia si deve ad A. Schulten che nel 1905 v'intraprese scavi proseguiti da una commissione spagnola presieduta dal Melida, mentre lo Schulten continuava le sue ricerche nei campi di Scipione intorno a Numanzia e nel vicino territorio di Renieblas, dove sono rimasti avanzi di diversi campi romani di differenti momenti delle guerre celtiberiche.
Il luogo di Numanzia pare fosse abitato per la prima volta nel neo-eneolitico: negli strati più profondi si rinvennero asce di fibrolita, punte di freccia del tipo della civiltà di Almeria e una pietra con figurazioni umane stilizzate dell'arte rupestre schematica. Comparando questi avanzi con altri resti archeologici dei dintorni, si può affermare che la prima popolazione numantina era mista d'indigeni discendenti dai Capsiani del Paleolitico (ai quali appartiene la civiltà delle grotte e del bicchiere a campana, frequenti nella provincia di Soria) e di Almeriani, antenati degl'Iberi che nella transizione all'età del bronzo (2500-2000) s'infiltrano nella Spagna centrale. Sopravvivenze di queste vecchie civiltà si ritrovano in Numanzia nella ceramica della prima età del ferro (tipo di Marlés), anch'essa rinvenuta negli strati inferiori della città e che appare in altri luoghi della provincia insieme con le tracce della prima civiltà celtica (nei castros o, con parola tedesca, Ringwälle); tali tracce appartengono ai Pelendoni, i primi Celti della egione, forse arrivati sull'Ebro in un'invasione anteriore alla grande invasione storica del sec. VI a. C. alla quale appartengono gli Arevaci. Numanzia dovette essere prima una città dei Pelendoni; ad essi spettano i vasi posthallstattiani di tipo più arcaico (ceramica fatta a mano, ceramica al tornio nera con decorazioni di circoletti stampati, ecc., dal sec. V al IV), di che rimane traccia in alcuni autori nella tradizione secondo cui i Pelendoni furono signori di Numanzia. Forse nel sec. III anche Numanzia fu conquistata dagli Arevaci che occupavano la valle del Duero e ai quali si deve la ceramica dipinta e lo splendore della civiltà celtiberica, che in altri luoghi della regione appare negli strati superiori dei villaggi posthallstattiani, con tracce d'incendio delle costruzioni degli strati inferiori. Pelendoni e Arevaci erano Celti sovrapposti alla popolazione indigena con elementi preiberici e iberici, dalla quale mistura si formano i popoli celtiberi. L'elemento più antico pare essere l'iberico e non il celtico come crede lo Schulten, non essendo comprovata l'ipotetica conquista iberica del sec. III a. C. e spiegandosi con l'influenza delle civiltà iberiche dell'Ebro gli elementi riscontrabili di civiltà iberica (ceramica dipinta con decorazione iberica accanto ai tipi di decorazione particolare di Celtiberia).
Numanzia fu dapprima un Ringwall, che a poco a poco si convertì in una grande città con strade a disposizione ippodamica, quando vi affluì il contingente di popolazione dei Celtiberi che vi cercarono rifugio nell'occasione delle guerre con i Romani. La città era circondata da un potente muro di costruzione assai primitiva. Le case, oltre a un piano superiore, contengono una camera o un silo sotterraneo.
I primi contatti dei Numantini con Roma sono del tempo di Catone, che nelle sue campagne in Celtiberia dopo avere abbandonato l'assedio di Segontia, nella ritirata verso l'Ebro si trattenne vicino a Numanzia, nel primo campo di Renieblas. Nel 181 comincia la sottomissione della Celtiberia, in conseguenza degli attacchi dei Celtiberi al territorio romanizzato: dopo le campagne di Flacco e di Gracco, quest'ultimo nel 179 concluse una pace riconoscendo l'autonomia dei Celtiberi; la pace durò fino al 153, inizio della seconda guerra celtiberica. Fulvio Nobiliore marciò allora su Numanzia combattendo fra Almazán e Numanzia i Celtiberi, tra cui in maggior numero erano i Numantini. Di questi aveva il comando Caro, che cadde combattendo contro i Romani. I Romani dovettero abbandonare le loro basi nella linea del Jalón, ma da Renieblas attaccarono Numanzia dove si erano ritirati i Celtiberi. Nobiliore non ottenne successi notevoli e svernò nel campo di Renieblas: il suo successore Marcello concluse la pace nel 151. Nel 143 comincia la guerra ghiamata numantina, in seguito all'aiuto dato da Numanzia ai seguaci di Viriato nella guerra lusitana. Metello domina i Celtiberi citeriori (regione del Jalón) e i Vaccei vicini degli Arevaci, ma il successore Pompeo è vinto dai Numantini parecchie volte e conclude una pace che non è riconosciuta dal pretore successivo M. Popilio Lenate. Anche egli è vinto, come il successore Mancino che si deve rifugiare nel campo di Renieblas dove capitola. Il senato non riconosce la capitolazione e nel 136 Furio Filone giunge a Numanzia per continuare la guerra, che si protrae finché nel 134 essa è affidata a Scipione Emiliano, imposto dal partito popolare; Scipione cominciò l'assedio dopo avere disciplinato l'esercito che svernava demoralizzato a Tarragona e dopo le sue campagne nel territorio vacceo per isolare i Numantini dai loro quale oltre ai due campi principali nei luoghi detti Castilleio e Peña Redonda, occupati da lui e da Fabio Massimo, comprendeva altri campi, fortificazioni secondarie e un ponte sul Duero. Ridotti agli estremi per la fame, i Numantini, piuttosto che arrendersi bruciarono la città e si uccisero gli uni con gli altri; Scipione non poté impadronirsi che delle rovine e di pochi abitanti che l'accompagnarono nel suo trionfo a Roma.
La città non fu ricostruita fino ad Augusto. Al suo tempo sulle rovine della città arevaca si costruì la città romana i cui avanzi sormontano lo strato della città distrutta per l'incendio del quale sussistono evidenti tracce. La città romana appartenne probabilmente di nuovo ai Pelendoni a cui le fonti imperiali l'assegnano.
Notevole è la varietà della civiltà posthallstattiana celtiberica di Numanzia. Oltre a resti di armi e piccoli bronzi (fibule), sono degni di menzione la plastica in terracotta (figurine umane e di animali), e i vasi dipinti, prima in uno stile policromo con ornamenti geometrici e scene religiose, di guerra, di allevamento di cavalli e, dopo, monocroma in nero con un originale stile in parte geometrico, con l'adozione di motivi iberici (circoli concentrici, linee ondulate, svastiche), in parte continuante lo stile anteriore con scene di guerra e animali fantastici, protomi di cavalli, ecc. Lo stile policromo è forse della seconda metà del sec. III e il monocromo del II a. C.
Bibl.: A. Schultzen, Numantia, Ergebniss der Ausgrabungen, Monaco 1905-1932, voll. 1-4; id., Geschichte von Numantia, Monaco 1933; P. Bosch Gimpera, Etnologia de la peninsula ibérica, Barcellona 1932; Taracena, Los vasos y las figuras de barro de Numancia in Ipek, I (1925); J. R. Melida, Excavaciones de Numancia, Madrid 1912; id., Memorias de la Junta superior de excavaciones, ivi 1915-1926; Taracena, Tribus celtibéricas, Pelendones (Homenagem a Martins Sarmento), Guimarães 1933.