NUCLEO atomico (XXV, p. 14; App. II, 11, p. 419; III, 11, p. 283)
Forze nucleari e strutture nucleari. - In questi anni le nostre conoscenze sulla struttura dei n. a. sono progredite parecchio ed è oggi possibile descrivere con accuratezza i complessi legami che si determinano fra neutroni e protoni all'interno del nucleo.
Ricordiamo che le forze nucleari agiscono sia fra una coppia di protoni, sia fra una coppia di neutroni e anche fra un neutrone e un protone, e che esse sono forze peculiari, differenti dalle altre forze note in fisica, quali le forze elettromagnetiche e le forze gravitazionali. Le forze nucleari sono attrattive quando la distanza fra i due nucleoni è dell'ordine di i fermi (i fermi = 10-15m) riducendosi a zero per distanze di poco maggiori, mentre a distanze minori, dell'ordine cioè di 0,4 fermi, le forze diventano bruscamente repulsive. L'azione repulsiva alle piccole distanze impedisce il collasso dei nuclei delimitandoli alle loro attuali dimensioni: il raggio nucleare R è dato dalla relazione: R = r0 AI/3, essendo r0 = 1,25 fermi e A il numero totale di nucleoni (neutroni + protoni).
La completa assenza di forze a distanza dell'ordine di qualche fermi al di là del raggio nucleare fa sì che le forze nucleari siano osservabili solo all'interno dei nuclei e, almeno negli stati di materia che si realizzano sulla Terra e nel sistema solare, non producano strutture e legami di tipo macroscopico.
Secondo l'originale idea di H. Yukawa, le forze nucleari corrispondono allo scambio di particelle intermedie, quali i mesoni, scambio che avviene fra la coppia di nucleoni interagenti. Nelle più recenti analisi si è potuto tuttavia stabilire che più di un tipo di mesoni vengono scambiati, principalmente il mesone π, di massa circa 270 masse elettroniche, e, con minore intensità, mesoni più pesanti.
Uno studio delle forze nucleari permette, attraverso una complessa analisi, di definire le proprietà di massima delle strutture nucleari; questa analisi, condotta da H. Bethe e da altri autori, ha dato una valutazione corretta dell'energia di legame media che un nucleone ha nel nucleo. La complessità del problema non permette tuttavia di dare un'accurata descrizione delle proprietà nucleari e lo studio di queste proprietà, quali la massa e la forma dei n., viene condotto per mezzo di modelli del n. a.: la validità di questi modelli sta nel poter riprodurre accuratamente molteplici proprietà nucleari a partire da pochi parametri assunti empiricamente. Un particolare credito ha un modello che considera insieme il n. come una goccia di liquido onde darne le proprietà medie e pone come correzione il tener conto che nel n. i diversi nucleoni si muovono su particolari orbite, come prescritto nel modello "a strati" (o "a shell").
Consideriamo l'energia totale di un n., come definita dalla legge di Einstein: E0 = mnNc2 + mpZc2 − B, dove mn, mp indicano rispettivamente la massa di riposo del neutrone e del protone, N e Z sono i numeri di neutroni e protoni contenuti nel n., c la velocità della luce nel vuoto e B indica l'energia di legame del n. determinata dall'insieme delle forze agenti nel suo interno fra i nucleoni. Il valore di B, per i n. stabili e quelli a essi viciniori è positivo, in quanto l'energia totale di un n. risulta minore della somma delle energie dei singoli nucleoni. Le principali proprietà di B, quali risultano dalle misure sperimentali, possono esser brevemente così riassunte: a) B cresce circa linearmente con A; questo fatto viene generalmente interpretato come un effetto di saturazione delle forze nucleari in quanto ogni nucleone interagisce solo con i nucleoni a esso prossimi (App. II, 11 p. 422); il legame complessivo risulta quindi proporzionale al numero dei nucleoni (similmente si osserva in una goccia di liquido); il legame medio per nucleone è dell'ordine di 8 MeV; b) B è massimo quando neutroni e protoni sono in numero pressoché uguale; questa proprietà di simmetria delle forze nucleari rende meno legati i n. in cui N e Z differiscono fra di loro; per n. pesanti tuttavia la presenza della repulsione coulombiana fra i protoni sposta la condizione di stabilità a favore di n. in cui i neutroni sono più abbondanti dei protoni fino a raggiungere valori di N ≈ 1,6 Z per valori di A dell'ordine di 200; c) in prossimità dei numeri di neutroni o di protoni cosiddetti "magici" (2-8-20-50-82-126), i valori di B risultano avere dei bruschi massimi; i n. "magici" risultano più legati degli altri; questo effetto, a somiglianza di quanto avviene nei gas nobili, evidenzia la maggior stabilità nucleare quando le "shell" sono complete; d) i n. che hanno numeri pari di protoni o di neutroni risultano più legati di circa 1 ÷ 2 MeV dei corrispondenti n. con N e Z dispari; questo effetto s'interpreta introducendo un legame di appaiamento fra due protoni o neutroni che occupano la stessa orbita aventi quindi gli stessi numeri quantici, ma le componenti di spin opposte (accoppiamento di spin).
Nell'espressione completa di B occorre anche tenere conto delle forze repulsive coulombiane che si hanno fra i protoni; queste forze tendono a contrastare i legami nucleari e crescono pressoché con il quadrato di Z; le forze coulombiane, a differenza di quelle nucleari, non presentano difatti fenomeni di saturazione e ogni protone del n. interagisce con tutti gli altri Z - 1 protoni presenti.
Occorre anche tenere conto della "tensione superficiale nucleare", del fatto cioè che i nucleoni presenti alla superficie nucleare sono meno legati in quanto non completamente circondati dalla materia nucleare; l'interazione nucleare totale risulta così diminuita di un termine proporzionale alla superficie nucleare, cioè a 4π Ρ2 e proporzionale quindi ad A2/3.
Considerando tutte queste interazioni l'espressione di B risulta:
dove il primo termine rappresenta le interazioni nucleari di volume, il secondo l'effetto di tensione superficiale, il terzo è la repulsione coulombiana e il quarto rappresenta l'effetto di simmetria; il termine genericamente indicato con S contiene gli effetti legati alle shell nucleari e anche l'accoppiamento fra nucleoni sopra descritto. I coefficienti α, β, γ vengono aggiustati empiricamente onde ottenere il miglior accordo con i valori sperimentali di B; il termine S viene calcolato con grande accuratezza utilizzando il modello a shell.
Una versione particolarmente accurata di questo modello è stata proposta da S. G. Nilsson, secondo il quale neutroni e protoni si muoverebbero in una buca di potenziale di forma armonica avente carattere ellissoidale; in questo modo Nilsson tiene conto che le gocce nucleari possono differire dalla forma sferica e assumere in molti casi appunto una forma ellissoidale sia di tipo prolato (a sigaro) sia di tipo oblato (a lenticchia). I livelli dei neutroni e dei protoni vengono così calcolati per diverse forme possibili e viene calcolata la forma di massimo legame; in questo modello vengono anche introdotte le interazioni di accoppiamento di spin già descritto, seguendosi un metodo già sviluppato per lo studio delle interazioni degli elettroni nei metalli superconduttori.
Utilizzando i livelli di Nilsson, V. M. Strutinskii ha potuto riprodurre le forme di maggior legame per un gran numero di n. stabili, ottenendo correttamente sia le forme sferiche comuni alla più parte dei n., sia le forme ellissoidali che si hanno in particolari regioni della mappa dei nuclei. Recentemente P. A. Seeger ha potuto riprodurre con grande accuratezza le masse di circa 2000 nuclidi stabili e dare la massa prevista per altri ventimila nuclidi a essi viciniori.
Livelli nucleari. - L'applicazione del modello a shell, e in particolare dei citati risultati di Nilsson, ha permesso una definita comprensione delle proprietà dei livelli eccitati dei nuclei. La descrizione di massima che può essere data è la seguente. Consideriamo il n. come costituito da una buca di potenziale, in cui i neutroni e i protoni vengono a muoversi su orbite ben definite. Le orbite possono considerarsi ordinate secondo la loro energia e saranno occupate ciascuna da un nucleone fino all'orbita Z per i protoni e all'orbita N per i neutroni. Le orbite più elevate occupate costituiscono il cosiddetto "livello di Fermi". Sopra di esse possiamo considerare altre numerose orbite possibili che, quando il n. è nello stato fondamentale, sono vuote. Tuttavia quando viene fornita energia al n. per mezzo di una reazione nucleare o di un quanto gamma, un certo numero di nucleoni viene eccitato spostandosi dalle orbite sotto il livello di Fermi alle orbite sopra di esso; si ha così uno stato eccitato del nucleo. Lo spostamento può avvenire in numerosissimi modi, quanti sono i modi di ripartire l'energia di eccitazione su tutti i livelli possibili. Per ogni energia di eccitazione U possiamo definire una densità di livelli eccitati ρ(U). Il calcolo di ρ(U) può esser fatto oggi con accuratezza considerando i livelli nucleari dei singoli nucleoni e sviluppando un' appropriata analisi combinatoria.
Una nuova più efficace formulazione dell'espressione ρ(U) è stata condotta da C. Bloch con i metodi formali della meccanica statistica. Il n. e i suoi stati eccitati vengono trattati come un sistema canonico e si definiscono un'entropia S che è legata a ρ(U) dalla formula ρ(U) = [exp S(U)] /D, dove D è un termine pressoché costante, e una temperatura termodinamica nucleare t0 definita dalla relazione 1/t0 = dS/dU. Seguendo questi metodi, la densità ρ(U) e le altre proprietà dei livelli nucleari hanno potuto essere calcolate con buona approssimazione e notevole rapidità; in particolare, J. R. Huizenga ha riprodotto con grande cura le spaziature delle risonanze nucleari che si osservano bombardando i n. con neutroni lenti.
Questi calcoli confermano che per molti n., dove i livelli dei nucleoni sono, all'altezza del livello di Fermi, circa equispaziati in energia, la forma della ρ(U) è bene approssimata dalla ben nota formula ρ(U) ≈ exp
con a costante, mentre invece per i n. magici o prossimi a essi, dove i livelli dei nucleoni presentano forti discontinuità presso il livello di Fermi, la ρ(U) assume una forma differente, approssimandosi a una semplice legge esponenziale.
Reazioni nucleari. - I vari meccanismi di reazione sono stati estesamente discussi negli articoli precedenti. Ricordiamo che in generale si hanno due tipi di reazione: a) la reazione diretta, in cui attraverso un urto singolo si ha un'emissione dal n. di una o più particelle e b) la formazione di un n. composto, in cui la particella incidente viene rimescolata nel n., in particolare nella superficie nucleare e successivamente il n. composto così formatosi si diseccita emettendo una o più particelle o anche quanti gamma. In questi anni è stato fatto un notevole progresso nello studio della formazione del n. composto e in particolare del processo di cascata nucleare e di degradamento dell'energia.
Esaminiamo il caso di un protone che si avvicina a un nucleo con sufficiente energia. Raggiunta la superficie del n., esso sente il potenziale medio nucleare e, essendo carico positivamente, le forze repulsive coulombiane dovute ai protoni contenuti nel n.; superata la barriera repulsiva, penetra nella superficie nucleare ed entra in collisione con i nucleoni esterni. L'urto può provocare un'emissione diretta del nucleone urtato o anche la riemissione del protone incidente. Tuttavia in molti casi dopo il primo urto il protone procede a un secondo urto e così via, con progressivo degradamento e distribuzione dell'energia incidente. È stato possibile osservare le particelle emesse dal n. durante questo processo di degradamento (emissione di preequilibrio) distinguendole da quelle successivamente evaporate dal n. composto. In effetti questa emissione di preequilibrio produce particelle che hanno una energia più grande e sono emesse con prevalenza ad angoli in avanti, mentre le particelle evaporate all'equilibrio hanno energie mediamente più basse e sono emesse con una distribuzione simmetrica anche ad angoli all'indietro. In recenti misure condotte studiando l'emissione di particelle α, L. Colli ha potuto distinguere altresì le particelle α emesse a seguito di un urto diretto da quelle formatesi durante il processo di degradamento; si è così potuto dimostrare l'esistenza di particelle α alla superficie del nucleo e calcolarne la probabilità. Questa probabilità risulta assai prossima a uno, per molti n. medi e pesanti ed è invece ridotta nei nuclidi magici.
Lo studio di queste probabilità ha infine permesso un'analisi corretta della radioattività alfa dei nuclei attinidi, attività già nota da parecchi decenni e tuttavia solo oggi interpretata per quanto riguarda la grande variazione dell'attività stessa da n. a nucleo. La radioattività alfa risulta maggiore ovvero il n. ha vita media più breve, appunto quando la particella α è preformata alla superficie nucleare.
Un altro aspetto delle reazioni nucleari che si è mostrato interessante riguarda l'emissione statistica dal n. composto: si è visto che definendosi con cura i parametri della reazione e cioè l'energia della particella incidente, l'energia e l'angolo della particella uscente, piccole variazioni di questi parametri producono forti fluttuazioni delle sezioni d'urto. Questo effetto, previsto dapprima teoricamente e poi verificato con l'esperienza, è dovuto a interferenza fra gli stati eccitati del n. composto. Lo studio di queste fluttuazioni ha permesso di verificare molti aspetti della teoria delle reazioni nucleari e, in particolare, di misurare correttamente le vite medie del n. composto, che risultano, per eccitazioni di 15 ÷ 30 MeV, dell'ordine di 10-18 ÷ 1020 sec. Le analisi teoriche delle varie reazioni nucleari vengono ora condotte con grande accuratezza utilizzando sia il modello ottico, sia le proprietà dei livelli nucleari come descritte nel modello a strati e di cui si è riferito.
Questi modelli permettono di dare una completa descrizione delle varie reazioni e di dare dati di previsione per quei casi non misurati o d'incerta misurazione.
Fissione dei nuclei pesanti. - Anche gli studi sulla fissione nucleare sono notevolmente progrediti in questi anni. Com'è noto, i n. attinidi, in particolare uranio e plutonio, hanno massa di riposo maggiore sulla somma delle masse dei due frammenti che si ottengono rompendo il n. in due parti. L'equazione di conservazione dà: m0c2 = m1c2 + m2c2 + Q, essendo m0 la massa di riposo del n. iniziale, m1 e m2 le masse dei due frammenti, Q l'energia liberata, che per i n. citati è dell'ordine di 200 MeV.
Questi nuclidi, tuttavia, non si rompono spontaneamente, se non in generale dopo un lungo tempo, dell'ordine, per uranio e torio, di qualche 109 anni. Questa stabilità è stata spiegata nel 1939 da N. Bohr, il quale ha mostrato come per deformare il n., allungandolo, occorre dapprima fornirgli energia, fino a una forma critica, detta "a sella", dopo di che il sistema si spezza in due frammenti che si separano in un tempo dell'ordine di 10-21 sec. Si può quindi ottenere una fissione immediata del n., fornendogli l'energia occorrente per superare la "sella", dell'ordine di 5 ÷ 8 MeV, e il modo più comune è quello d'introdurre nel n. un neutrone lento o anche veloce.
I recenti studi di Strutinskii hanno mostrato come la sella di energia abbia una struttura complessa, sia cioè costituita da due massimi e da un minimo posto fra di essi. La presenza di questo minimo ha permesso di dare una semplice interpretazione dell'esistenza dei cosiddetti "isomeri di fissione"; A. Flerov e collaboratori hanno difatti scoperto che bombardando i n. attinidi con particelle di media energia si formavano n., che dopo un tempo relativamente lungo (fino a 10-8 sec) decadevano per fissione. La spiegazione data da Strutinskii mostra come nella prima fase della reazione si crea uno stato deformato del n., collocato nel minimo di potenziale della sella, dal quale stato successivamente il n. decade superando spontaneamente il secondo picco della sella stessa. La comprensione della struttura della sella ha permesso un accurato calcolo delle sezioni d'urto di fissione dei n. attinidi e dei nuclei più leggeri, quali piombo e bismuto, e di dare una buona descrizione delle vite medie di fissione spontanea dei n. attinidi stessi. Nilsson e collaboratori hanno altresì perfezionato il modello di sella, mostrando come l'energia di sella sia più bassa qualora il n. assuma una forma asimmetrica. Questa proprietà viene messa a spiegazione del fatto che, con la maggior probabilità, il n. attinide si spezza in due frammenti disuguali (fissione asimmetrica). La spiegazione di Nilsson, che fa risalire la fissione asimmetrica alle proprietà della sella, è per ora la sola valida, anche se non è del tutto provata. Occorre dire che non molto è spiegato sull'ultima importante fase del processo di fissione: il passaggio dalla sella alla frammentazione. Uno studio diretto di quanto accade al punto di scissione è stato ottenuto esaminando le modalità della fissione ternaria: in circa uno o due casi su mille, viene emessa, contemporaneamente ai due frammenti di fissione, una particella leggera (tritone, particella α): questa particella, emessa nella zona di contatto dei due frammenti, si muove perpendicolarmente a essi. Lo studio accurato della traiettoria di queste particelle leggere ha permesso di stabilire che i frammenti all'atto della scissione posseggono una rilevante velocità. Si assume inoltre che durante il processo di allontanamento dei due frammenti sia presente una certa viscosità, per cui i due frammenti al momento della scissione sono altresì eccitati, si trovino cioè a una temperatura che risulta equivalente a un'energia dell'ordine di 0,8 ÷ 1,2 MeV.
Le caratteristiche finali dei frammenti di fissione, e cioè la distribuzione delle masse, la distribuzione delle cariche nucleari, le energie di eccitazione sono oggetto di numerose ricerche atte a far luce sul meccanismo della scissione e a dare una descrizione di queste proprietà stesse. Ricordiamo che i frammenti eccitati, una volta separati, acquistano un'energia cinetica di 150 ÷ 200 MeV per effetto della repulsione coulombiana; essi inoltre decadono al livello fondamentale, dissipando l'energia di eccitazione sotto forma di evaporazione di neutroni e di emissione di quanti y. In particolare lo studio dell'emissione gamma ha stabilito che all'atto della scissione i frammenti posseggono un elevato momento di rotazione.
Lo studio e la misura dell'emissione neutronica riveste un grande interesse per quanto riguarda i reattori nucleari.
Reazioni fra nuclei pesanti. - Mentre in generale le reazioni nucleari studiate fino agli anni Sessanta riguardano il bombardamento di n. con particelle leggere: neutroni, protoni, particelle α, nei recenti anni si sono sviluppate tecniche sperimentali e studi teorici che riguardano reazioni in cui viene usato come proiettile un nuclide pesante: carbonio, zolfo, argento; si ha così una reazione fra due n. pesanti. Occorre tener conto che nel processo d'urto interviene prima di tutto la repulsione coulombiana dovuta ai protoni contenuti nei due n.; questa barriera è proporzionale al prodotto Z1Z2, essendo Z1, Z2 i numeri di protoni dei nuclei. Nel caso di n. di massa 100 la barriera è dell'ordine di 200 MeV, mentre raggiunge valori di 500 MeV per l'urto di uranio contro uranio. L'energia che occorre imprimere alla particella proiettile sarà pari al doppio di questi valori onde tener conto del moto del centro di massa del sistema dei due nucleoni.
Recentemente sono state realizzate macchine acceleratrici che permettono di ottenere ioni pesanti accelerati a energie di parecchie centinaia di MeV e si punta su macchine che raggiungano energie dell'ordine di 1000 MeV.
Lo studio delle reazioni con n. pesanti apre nuove prospettive nella fisica nucleare: meccanismi di reazione, produzione di nuovi nuclidi, applicazioni di vario interesse.
Si possono avere diversi tipi di reazione: a) urto superficiale, in cui i due n. attraverso un urto radente si scambiano energia e anche nucleoni; caratteristica di questi urti è il fatto che mettano in rapida rotazione i due n., che acquistano un elevato momento angolare; b) urto centrale, con reazioni di scambio e anche con la completa fusione dei due nuclei. A questo proposito pare evidente la possibilità di produrre a partire dai n. A1, A2 il n. somma A1 + A2. In linea di principio è possibile produrre n. più pesanti di quelli usuali fino a raggiungere masse dell'ordine di 480 e cariche dell'ordine di 180. Dobbiamo tuttavia aspettarci che questi nuclidi abbiano un'esistenza assai breve a causa della grande repulsione coulombiana, legata al numero di protoni.
In effetti ci si aspetta che l'esistenza di questi nuclidi venga rilevata solo per quel che riguarda il tempo di reazione e cioè 10-20 ÷ 10-22 sec. Fa tuttavia eccezione un insieme di nuclidi aventi masse attorno a 300. Il calcolo delle masse e delle barriere di fissione, essendo questi nuclidi a shell chiusa, permette di dare una previsione di notevole stabilità. Occorre dire che fino a oggi non si hanno sufficienti risultati sperimentali che diano conferma dell'esistenza di questa isola di supernuclei.
Bibl.: P.E. Hodgson, Nuclear rections and nuclear structure, Oxford 1971; M. Irvine, Nuclear structure theory, ivi 1972; R. Vandenbosch, J. R. Huizenga, Nuclear fission, New York 1973.