NOVUS ANNUS
Personificazione dell'anno nuovo. La celebrazione dell'anno nuovo non ebbe la stessa importanza presso tutti i popoli antichi, né in generale, suscitò mai tanto entusiasmo quanto nella astrologizzante tarda età imperiale.
Per gli Egiziani il nuovo anno incomincia con il tramonto di Sirio (Sothis), all'inizio della piena del Nilo. Dal Medio Regno, circa il 2000 a. C., la data del principio dell'anno cadeva nel giorno corrispondente al 6 gennaio del calendario giuliano; probabilmente la consuetudine sopravvisse nella celebrazione della nascita di Aion (v.) da una Vergine, sempre il 6 gennaio, che si ritrova presso una setta gnostica, e nella celebrazione cristiana del 6 gennaio, come giorno dell'epifania del Salvatore.
Con l'èra di Nabonassar (il 26 febbraio 743 a. C.) incomincia in Babilonia il computo dei nuovi anni e l'inizio dell'anno è celebrato in aprile - in alcuni luoghi anche in ottobre - con grandi feste, durante le quali il dio Marduk è portato in processione per la città (v. bīt akītu).
I Greci annettevano minore importanza alla data dell'inizio dell'anno, benché avesse un valore per l'entrata in carica dei funzionari nelle varie città, le quali spesso facevano incominciare l'anno in periodi diversi.
La decisione di far entrare in funzione i consoli il 1° gennaio, presa nel 153 a. C., stabilì invece un termine cronologico assai rigido nella società romana, sanzionato in seguito dall'introduzione del calendario giuliano. Tuttavia, nonostante l'estensione del nuovo calendario all'Oriente, quivi la data d'inizio dell'anno conservò ancora per molto tempo alcune oscillazioni, e fu il 23 settembre, nascita di Augusto, nell'Asia Minore e a Paphos, il 29 agosto in Egitto, a Tiro l'11 novembre. L'attenzione superstiziosa rivolta dai Romani all'omen novi anni, al faustum incipium, insieme al crescente peso dell'astrologia, doveva fare dell'inizio dell'anno un avvenimento di grande risonanza: Annorum saeclique caput. I dittici consolari (v. dittico) sono spesso ispirati proprio ai donativi e ai giuochi dell'inizio dell'anno (ludi compitalicii). È singolare che sino al 540 (v. giustiniano) non incorra alcun simbolo cristiano in nessuna delle rappresentazioni sui dittici. Del resto la festa del principio dell'anno fu per molto tempo avversata dalla chiesa, finché, nell'VIII sec. fu convertita in quella della Circoncisione di Gesù; ma ancora nel 433 Pietro Crisologo, vescovo di Ravenna, condannava una processione di Capo d'Anno in cui erano recati i simulacri degli dèi pagani.
I numismatici chiamano aureum saeculum una figura di giovane che regge un cerchio, con i segni dello zodiaco, che si trova in rapporto con le rappresentazioni delle quattro Stagioni. Nessuna leggenda dichiara che il giovane rappresentato sia effettivamente il Novus annus e non Annus in generale; ma il significato si deduce dalla natura stessa delle emissioni monetali.
Un medaglione di Antonino Pio, oltre a Aurum Saeculum, un giovane con i fianchi drappeggiati, con una verga nella destra, la sinistra appoggiata al cerchio dello zodiaco (attraversato dalle personificazioni delle stagioni) presenta un genietto nudo con una cornucopia in cui J. M. C. Toynbee riconosce l'anno fanciullo. Il mosaico, dello stesso tempo, dalla tomba 101 dell'Isola Sacra, rappresenta un giovane ignudo seduto accanto a Tellus: è identificato con Helios dal Calza, con Eracle dalla Toynbee, ma G. Hanfmann pensa che possa essere una personificazione dell'Anno.
Forse l'Anno come giovane ignudo, stante al centro del cerchio dello Zodiaco, capelli scomposti tra cui appaiono due ali, è posto in relazione con Tellus, circondata dalle Stagioni, in un mosaico da Sentino. Un giovane semidrappeggiato, nella stessa posizione entro il cerchio dello Zodiaco, è definito Saec(ulum) aur(eum) in monete di Adriano, cui si deve anche il tipo monetale di Tellus Stabil(ita).
Nella patera di Parabiago (v. vol. i, fig. 378), datata da A. Levi-Spinazzola al II sec., ma riferita dall'Alföldi all'ambiente di resistenza pagana della fine del IV sec., accanto alla rappresentazione della processione trionfale della Magna Mater e di Attis con la glorificazione dei doni che la dea porta sulla terra, ricompare la figura di giovane seminudo dentro il cerchio dello Zodiaco, sorretto da Coelus; nei pressi sorge l'obelisco, simbolo solare, cui si attorce il serpente, forse allusivo all'eternità; quattro genietti raffigurano le stagioni e in alto corrono con le loro quadrighe Sol, preceduto da Lucifero (v.) e Luna, preceduta da Vespero.
Bibl.: Oltre alla bibl. raccolta alle voci aion; mesi e calendario, v.: Ginzel, in Pauly-Wissowa, IX, 1916, c. 604 ss., s. v. Jahr; M. P. Nillsson, ibid., XVII, 1936, c. 148 ss., s. v. Neujahr; id., Primitive Time-reckoning, Lund 1921; J. M. C. Toynbee, The Harianic School, Cambridge 1924, passim; G. Hanfmann, The Dumbarton Oaks Seasons Sarcophage (Dumbarton Oaks Studies, II, 1951), passim; A. Levi-Spinazzola, La patera d'argento di Parabiago, in R. Ist. d'arch. e st. dell'arte, Opere d'arte, V, Roma 1935; C. Albizzati, La lanx di Parabiago e i testi orfici, in Athenaeum, XV, 1937, p. 187 ss.; A. Alföldi, Die Spätantike an der Austellung Kunstschätze der Lombardei, in Atlantis, 15 febbr. 1949, p. 61 ss., specialm. p. 68 ss.