novità (novitade; novitate)
Cosa che si presenti insolita al giudizio e alla vista. In Rime CII 65 la novità che per tua forma luce consiste nell'inconsueta forma metrica adottata della doppia sestina. In Cv II Voi che 'ntendendo 10 (Io vi dirò del cor la novitate, ripreso in vi 6), la n. di cui si tratta è un contrasto psicologico-intellettuale, nuovo alla mente del poeta perché non sperimentato (udite il ragionar ch'è nel mio core, / ch'io nol so dire altrui, sì mi par novo, vv. 2-3) e sconosciuto alla generalità degli uomini: la novitade de la mia condizione che non è da li altri uomini esperta (VI 3). Cfr. anche XI 7 quanto a la novitade de la sentenza, dove si allude alla singolarità del tema della canzone, conforme alla non comune esperienza vissuta dal poeta. Il termine ricorre ancora (sempre a questo proposito), nell'edizione Simonelli, in Cv II II 5 per iscusare me de la [novi]tade, dove invece Busnelli-Vandelli leggono v[a]ri[e]tade (cfr. la nota ad l.; varietade anche nella '21).
Negli esempi della Commedia n. ha sempre attinenza con l'idea di cosa che si presenta per la prima volta alla vista, e si collega con verbi come ‛ vedere ' e simili: n. è l'apparizione di Gerione (E' pur convien che novità risponda, If XVI 115; cfr. i' vidi, v. 130); n. è la metamorfosi dei ladri (qui mi scusi / la novità se fior la penna abborra, XXV 144; cfr. vid'io, v. 142); n. sono le cose non ancor viste, che si desidera conoscere: Pg X 104 per veder novitadi ond'e' [gli occhi] son vaghi; XXVI 27 ad altra novità ch'apparve allora (cfr. veggio, v. 31); XXXI 60 colpo, o pargoletta / o altra novità; XXXIII 108 se trova novitate o sue vestigge (cfr. veder mi parve, v. 113); Pd I 82 La novità del suono e 'l grande lume (cfr. parvemi, v. 79). In senso più generico, come equivalente di n., D. adopera l'espressione ‛ cosa nuova '.