Vedi Novita in materia di processo di primo grado dell'anno: 2015 - 2017 - 2019
Novità in materia di processo di primo grado
Il 2014, con riferimento al processo civile di primo grado, sarà ricordato come l’anno della prima parziale entrata in vigore del processo civile telematico, oltre che dell’ennesima riforma del codice di rito, cantiere contraddistinto da lavori in corso, che si susseguono continuativamente da oltre un ventennio.
In questo contesto, diverse sono le pronunce delle magistrature superiori che hanno offerto importanti contributi interpretativi, pur se l’elencazione che segue non può che essere, in tutta evidenza, parziale e soggettiva.
a) In materia istruttoria, una delle pronunce più interessanti, a livello dogmatico, è quella di Cass., 14.3.2014, n. 5950, in tema di indicazione dei nominativi dei testimoni. In consapevole contrasto con la dominante giurisprudenza, formatasi sulla scia di Cass., S.U., 13.1.1997, n. 262, la terza sezione della Corte, recependo l’impostazione della maggioritaria giurisprudenza di merito, ha convincentemente statuito che, nel rito del lavoro, è necessario indicare nel ricorso introduttivo non solo i capi di prova testimoniale,ma anche i nominativi dei testi; e che non è quindi possibile la loro successiva indicazione ex art. 421 c.p.c. Infatti, a seguito dell’abrogazione dell’art. 244, co. 3, c.p.c., che consentiva al giudice la possibilità di assegnare un termine alle parti per formulare o integrare l’indicazione delle persone da interrogare, e tenuto conto che l’art. 244, co. 1, c.p.c., identifica la prova testimoniale sia con il requisito oggettivo del capitolo sia con quello soggettivo dell’indicazione del teste, deve concludersi che il capitolo privo dell’indicazione del teste risulta un “mezzo di prova”, ex art. 414, n. 5, c.p.c., non già incompleto, ma inesistente, e quindi non sanabile ex art. 421 c.p.c. Discende che anche nel rito del lavoro, così come da anni è pacifico nel rito ordinario (da ultimo e tra le tante, cfr. Cass., 20.11.2013, n. 26058), l’indicazione del teste deve avvenire prima dello spirare delle preclusioni istruttorie.
Componendo un contrasto giurisprudenziale e aderendo alla tesi già in precedenza nettamente maggioritaria, Cass., S.U., 29.4.2014, n. 12065, ha chiarito che nessuna rilevanza probatoria può essere attribuita all’autocertificazione nel giudizio civile, caratterizzato dal principio dell’onere della prova.
La stessa sentenza, poi, per un verso ribadisce l’ammissibilità nell’ordinamento civilistico delle prove atipiche; e per altro verso spiega che, a seguito della novella dell’art. 115 c.p.c. da parte dalla l. 18.6.2009, n. 69, la non contestazione, diversamente da quanto in precedenza indicato dalla storica S.U., 23.1.2002, n. 761, riguarda non solo i fatti principali, ma anche i fatti secondari.
Cass., 21.1.2014, n. 1181, ha ribadito che la CTU può costituire una vera e propria fonte oggettiva di prova, divenendo percipiente e non già solo deducente, laddove un fatto non sia percepibile nella sua intrinseca natura se non con cognizioni o strumentazioni tecniche che il giudice non possiede, o comunque il fatto stesso risulti di più agevole, efficace e funzionale accertamento, ove l’indagine sia condotta da un ausiliario dotato di specifiche cognizioni tecnico-scientifiche. La medesima pronuncia, peraltro, ha confermato che anche nel caso di CTU percipiente, la parte non può sottrarsi del tutto all’onere probatorio e rimettere in toto l’accertamento della propria posizione processuale all’attività del consulente, essendo comunque necessario che vengano dedotte circostanze ed elementi specifici posti a fondamento del diritto azionato, non potendo quindi la consulenza risolversi nell’accertamento di fatti nemmeno affermati in giudizio a sostegno delle proprie domande ed eccezioni.
Sempre in tema di CTU, laddove, come nella normalità dei casi, al perito sia richiesta la redazione di una relazione scritta ex art. 195, co. 2, c.p.c., la stessa deve essere depositata entro un termine fissato dal giudice. Ciò detto, nel rito ordinario tale termine, in ragione della mancata specificazione normativa, è pacificamente inteso come non perentorio, con la conseguenza che il suo mancato rispetto non determina la nullità della consulenza, ferma ovviamente restando la possibilità per il giudice di procedere alla sostituzione del perito ex art. 196 c.p.c.; mentre nel rito del lavoro, l’inosservanza del termine previsto dall’art. 424, co. 3, c.p.c., comporta la nullità della CTU, pur se trattasi di nullità relativa, come tale sanata ex art. 157, co. 2, c.p.c., se non opposta nella prima difesa successiva e fermo comunque rimanendo che l’eventuale pronuncia di nullità deve essere correlata ad un concreto pregiudizio del diritto di difesa (Cass., 10.4.2014, n. 8406).
Circa poi la valutazione della prova presuntiva, confermando un orientamento pacifico a livello di giurisprudenza di legittimità ma non sempre adeguatamente conosciuto dalla giurisprudenza di merito, la Suprema Corte ha da un lato ritenuto che, per configurare una presunzione, non occorre che l’esistenza del fatto ignoto sia l’unica conseguenza possibile del fatto noto, essendo invece sufficiente un rapporto di probabilità logica tra i due fatti secondo un criterio di normalità alla stregua dell’id quod plerumque accidit (Cass., 5.2.2014, n. 2632); e dall’altro lato che è possibile fondare la decisione su di un unico elemento presuntivo, purché non contrastato da altro ragionamento presuntivo di segno contrario, poiché il requisito della concordanza, postulante una pluralità di presunzioni, non ha carattere di requisito necessario, ma solo eventuale, operando unicamente in presenza di più presunzioni (cfr. Cass., 30.1.2014, n. 2082).
Dando continuità ad un orientamento già in passato esplicitato, Cass., 7.5.2014, n. 9864, ha ribadito che le ammissioni contenute nelle missive e negli atti difensivi sottoscritti unicamente dal procuratore ad litem, non hanno il valore confessorio privilegiato della prova legale,ma costituiscono elementi indiziari liberamente valutabili ed apprezzabili dal giudice per la formazione del proprio convincimento.
b) In materia più strettamente processuale, di rilievo è certamente Cass., S.U., 11.4.2014, n. 8510, la quale, componendo un contrasto giurisprudenziale con adesione alla tesi estensiva, ha chiarito che l’art. 1453, co. 2, c.c., è norma speciale che deroga alla norma generale, consentendo in ogni caso la mutatio libelli da adempimento in risoluzione fino all’udienza di precisazione delle conclusioni; e a seguito di tale mutamento, è altresì possibile per il contraente fedele completare lo ius variandi formulando domanda di risarcimento danni.
Sempre risolvendo un contrasto di giurisprudenza, Cass., S.U., 20.5.2014, n. 11021, ha spiegato che, nel caso di sentenza collegiale, la mancanza di una sola delle due firme tra quella del presidente e dell’estensore, rende la sottoscrizione non già radicalmente inesistente,ma solamente insufficiente, ciò che comporta una nullità sanabile ex art. 161 c.p.c. Nuovamente in sede di composizione di un contrasto, si è statuito che, a fronte di una domanda attorea di restituzione, la difesa del convenuto proposta in via di eccezione o riconvenzionale per la rivendica del bene, non comporta la trasformazione della domanda attorea da personale a reale, a ciò ostandovi il principio di disponibilità della domanda e di corrispondenza tra chiesto e pronunciato; con la conseguenza che è il convenuto, in dipendenza delle proprie difese, a dovere soddisfare il gravoso onere probatorio inerente le azioni reali, al fine di paralizzare la pretesa attorea (Cass., S.U., 28.3.2014, n. 7305).
Una delle più interessanti pronunce processuali è quella con la quale la Suprema Corte, per la prima volta, ha preso posizione in ordine alla questione, lungamente dibattuta dalla giurisprudenza di merito e relativamente alla quale non aveva invece preso posizione C. cost., 11.11.2010, n. 322, relativa all’eventuale reclamabilità del provvedimento del giudice istruttore in materia di revoca o modifica dei provvedimenti temporanei ed urgenti nell’interesse della prole e dei coniugi ex art. 709, co. 4, c.p.c. In particolare, disattendendo sia la tesi della reclamabilità al collegio in applicazione analogica dell’art. 669 terdecies c.p.c., sia la tesi della reclamabilità alla Corte d’appello in applicazione analogica dell’art. 708, co. 4, c.p.c., la Cassazione ha aderito alla tesi dell’irreclamabilità, essendo ciò imposto dal dato letterale della sua mancata previsione ed essendo la scelta legislativa non irrazionale (Cass., ord. 7.7.2014, n. 15416).
Ribadendo un orientamento che può dirsi ormai consolidato, pur se opinabile, Cass., 13.5.2014, n. 10306, ha ritenuto che, nonostante le questioni sulla competenza siano ora risolte con ordinanza sulla base del vigente art. 279 c.p.c., ciò deve avvenire dopo un’udienza di precisazione delle conclusioni.
Confermando quanto già indicato da S.U., 7.7.2010, n. 16037, Cass., 28.1.2014, n. 1761, ha statuito che la procedura di correzione dell’errore materiale è applicabile alla sentenza che omette di provvedere sull’istanza di distrazione delle spese.
Sempre in continuità con i propri precedenti, Cass., 30.1.2014, n. 2084, ha ribadito che la valutazione equitativa del danno, ex art. 1226 c.c., rientra nei poteri discrezionali che il giudice, in presenza delle condizioni richieste dal citato articolo, può esercitare senza necessità di richiesta della parte. Interessante è la posizione giurisprudenziale relativa all’equiparazione dell’avvocato al professionista ai fini della disciplina dei contratti sui consumatori: pertanto, s’applica l’art. 33, co. 2, lettera u), d.lgs. 6.9.2005, n. 206, che sancisce l’inefficacia della pattuizione di un foro competente diverso da quello di residenza o domicilio del consumatore e che è norma indicante un foro esclusivo e speciale, ciò che impedisce l’applicabilità del foro di cui all’art. 637, co. 3, c.p.c., per ottenere un decreto ingiuntivo da parte dell’avvocato relativamente al pagamento del compenso (Cass., ord. 24.1.2014, n. 1464).
In tema di procura speciale alle liti, Cass., 22.5.2014, n. 11359, ha evidenziato che l’art. 182, co. 1, c.p.c., va inteso nel senso che il giudice, ove rilevi l’omesso deposito della procura, semplicemente enunciata o richiamata negli atti, deve invitare la parte a produrre l’atto mancante, e tale invito può e deve essere fatto in qualsiasi momento, con la conseguenza che l’invalidità della costituzione discende solo dall’eventuale infruttuosità di tale invito; mentre Cass., 3.6.2014, n. 12376, ha puntualizzato che la cancellazione dall’albo del procuratore costituito non comporta l’interruzione del processo, essendo l’ipotesi assimilabile alla rinuncia o revoca della procura ex art. 301, co. 3, c.p.c., non già alla morte, sospensione o radiazione ex art. 301, co. 1, c.p.c. In una complessa ed articolata pronuncia, la Suprema Corte ha puntualizzato che il passaggio in giudicato della sentenza che dichiara inammissibile o estinto un giudizio di opposizione a d.i., non preclude al debitore ingiunto di far valere, con azione di accertamento negativo o con opposizione a precetto o all’esecuzione, eventuali fatti modificativi, impeditivi od estintivi del diritto azionato in sede monitoria, verificatisi tra l’emissione del decreto ed il termine per proporre opposizione, ovvero sopravvenuti ex art. 645 c.p.c., ancorché gli stessi siano stati introdotti in tale sede senza formare oggetto di una specifica domanda di accertamento (Cass., 19.3.2014, n. 6337).
In tema di processo civile telematico, Cass., 25.6.2014, n. 14337, ha puntualizzato che la prova della comunicazione del deposito del provvedimento, coincide, qualora la parte non invochi un termine di comunicazione successivo, con la data di pubblicazione del provvedimento medesimo.
È stato poi chiarito che il potere del giudice di rilievo d’ufficio dell’eccezione non implica il superamento del divieto di scienza privata, occorrendo pur sempre che determinati fatti modificativi, impeditivi od estintivi, risultino acquisiti agli atti (Cass., 13.3.2014, n. 5923. Cfr. anche Cass., 13.6.2014, n. 13537, con riferimento all’eccezione di superamento del massimale, da qualificarsi come eccezione in senso lato rilevabile d’ufficio, ma solo se il fatto storico è allegato e provato); e che la conclusionale, pur avendo natura semplicemente illustrativa, può contenere la rinuncia ad una domanda in precedenza formulata (Cass., 15.4.2014, n. 8737).
Si è poi statuito che le domande di risarcimento dei danni e di separazione personale con addebito sono soggette a riti diversi e non sono cumulabili nel medesimo giudizio, trattandosi di connessione cd. debole ex art. 33 c.p.c., laddove il successivo art. 40 c.p.c. consente il cumulo nell’unico processo di domande soggette a riti diversi esclusivamente in presenza di ipotesi di connessione cd. forte ex art. 31, 32, 34, 35 e 36 c.p.c. (Cass., 8.9.2014, n. 18870).
Pur se emesse nell’ultimo trimestre del 2013, hanno trovato spazio nelle riviste giuridiche del 2014, e sono indicate come di particolare rilievo nella relazione del Massimario civile della Corte, le pronunce con le quali si è statuito che il giudice successivamente adito deve dichiarare la litispendenza anche se la causa identica precedentemente iniziata pende davanti al giudice dell’impugnazione (Cass., S.U., 12.12.2013, n. 27846); che è affetta da nullità assoluta ed insanabile, rilevabile anche d’ufficio, la sentenza scritta da un giudice diverso da quello davanti al quale sono state precisate le conclusioni in violazione dell’art. 276 c.p.c. (Cass., S.U., 2.12.2013, n. 26938); che la competenza funzionale a decidere sull’istanza di verificazione proposta in via incidentale è del giudice della causa in cui l’istanza stessa è proposta, anche se giudice di pace o monocratico (Cass., ord. 16.10.2013, n. 23433); che le sommarie informazioni rese nel corso di un procedimento cautelare, se assunte con l’impegno di rito ed in contraddittorio con le parti, sono utilizzabili nel successivo giudizio di merito come vere e proprie prove testimoniali (Cass., 4.10.2013, n. 22778); che al fine dell’osservanza delle norme che prevedono l’intervento obbligatorio del p.m., non è necessaria la presenza di un rappresentante di tale ufficio nelle udienze, né la formulazione di conclusioni, essendo sufficiente che il p.m., mediante l’invio degli atti, sia informato del giudizio e posto in condizione di sviluppare l’attività ritenuta opportuna (Cass., ord. 2.10.2013, n. 22567); che la legittimazione processuale, riguardando un presupposto della regolare costituzione del rapporto processuale, è questione esaminabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, salvo il solo limite del giudicato (Cass., 26.9.2013, n. 22099).
c) Circa la materia delle opposizioni esecutive, di rilievo è Cass., 7.2.2014, n. 2815, che disattende il precedente di Cass., 23.5.2011, n. 11316, molto criticata, e ripropone l’orientamento tradizionale in tema di provvedimenti provvisori ex art. 708 c.p.c., emessi nell’ambito del giudizio di separazione o di divorzio. In particolare, dovendo il titolo esecutivo rivestire i caratteri di credito certo, liquido ed esigibile, ex art. 474 c.p.c., l’efficacia di titolo esecutivo dell’ordinanza presidenziale riguarda solo le obbligazioni già definite in tale provvedimento (ad esempio l’importo del contributo almantenimento per coniuge e figli), non anche le spese che devono essere affrontate in futuro: pertanto, se il coniuge separato non adempie all’obbligo, previsto dall’ordinanza, di rimborso pro quota delle spese straordinarie sostenute dall’altro coniuge per i figli, non si può procedere direttamente con l’esecuzione forzata, occorrendo un nuovo provvedimento giudiziale che accerti l’esistenza delle condizioni determinanti l’insorgenza dell’obbligo ed il suo esatto ammontare.
Quanto al verbale di conciliazione, esso, pur se firmato davanti al giudice, è titolo esecutivo di natura stragiudiziale (Cass., 26.2.2014, n. 4564).
In tema di opposizione a precetto, è poi chiarito che se la somma oggetto di intimazione risulta eccessiva, ciò non travolge l’atto per intero, ma ne determina nullità parziale o inefficacia parziale per la somma eccedente, e l’intimazione rimane quindi valida per la somma effettivamente dovuta (Cass., 27.3.2014, n. 7207).
Quanto alla sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, essa non s’applica a nessuno dei casi di opposizione all’esecuzione, e quindi in tale periodo vanno trattate le opposizioni all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., le opposizioni agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., le opposizioni di terzo ex art. 619 c.p.c., gli accertamenti dell’obbligo del terzo ex art. 548 c.p.c. (Cass., 8.4.2014, n. 8137 e Cass., 9.4.2014, n. 8270).
d) Relativamente poi alle spese di lite ‒ per la cui liquidazione è entrato in vigore il d.m. 10.3.2014, n. 55 ‒ è stata fornita una lettura molto restrittiva dell’art. 91, co. 4, c.p.c., a tenore del quale le spese e gli onorari liquidati dal Giudice di pace non possono superare il valore della domanda nelle cause in cui la parte può stare in giudizio personalmente ex art. 82 c.p.c.: si tratta infatti di norma costituzionalmente non illegittima (C. cost., 4.6.2014, n. 157), ma che opera solo nelle controversie devolute alla giurisdizione equitativa del Giudice di pace, e quindi non anche nelle opposizioni ad ordinanza ingiunzione e a verbale di accertamento di violazioni del codice della strada (Cass., 30.4.2014, n. 9557).
Circa la compensazione delle spese ex art. 92, co. 2, c.p.c., le «gravi ed eccezionali ragioni» necessarie per disporla, possono essere integrate dall’inusitata reciproca litigiosità e dalla molteplicità di cause pendenti tra le parti (Cass., ord. 23.6.2014, n. 14155).
Quanto al decreto di liquidazione delle spese a favore del CTU, lo stesso può essere opposto, ex art. 170, d.P.R. 30.5.2002, n. 115, dalle parti, dal p.m. e dallo stesso perito, con un procedimento civile monocratico in cui tutti sono contraddittori necessari e tutti possono stare in giudizio personalmente; e nel caso di liquidazione a carico dell’erario, si è ribadito che parte necessaria è altresì il Ministero di giustizia, non l’Agenzia delle entrate (Cass., 13.2.2014, n. 3312).
e) Tra le pubblicazioni scientifiche del 2014 della più accreditata dottrina, mette conto segnalare Carpi, F.-Taruffo,M., Commentario breve al codice di procedura civile, Padova, 2014; Vaccarella, R.-Comoglio, L.P., Codice di procedura civile commentato online, 2014,Wolter Kluver Italia;Mandrioli, C.-Carratta,A.,Diritto processuale civile,Torino, 2014.
Con riferimento a temi più settoriali, di interesse sono i contributi di alcuni magistrati, quali Masoni, R., Procedimenti camerali, Milano, 2014; Di Giacomo, V., Il processo civile telematico, Milano, 2014; Giordano, R., Il procedimento di divisione a domanda congiunta, Milano, 2014, nonché Giordano, R.-Tallaro, F., Il processo delle locazioni, Padova, 2014.