Bulawayo, NoViolet. – Pseudonimo con cui è nota la scrittrice zimbabwese Elisabeth Zandile Tshele (n. Tsholotsho 1981). Immigrata all’età di 18 anni negli Stati Uniti, ha studiato letteratura in Texas e scrittura creativa alla Cornell University; Stegner fellow alla Stanford University (California), attualmente vi insegna come Jones lecturer in fiction. Dopo le prime sperimentazioni letterarie apparse su riviste e periodici del suo Paese natale, ha ottenuto una certa notorietà con il racconto Snapshots (2009) e con il romanzo breve Hitting Budapest (2011), con cui si è aggiudicata il Caine Prize for African Writing nel 2011; da quest’ultimo lavoro ha tratto il romanzo di esordio We need new names (2013; trad. it. 2014), finalista al Man Booker Prize del 2013 e divenuto in breve tempo un caso editoriale mondiale, in cui – con costanti riferimenti ad autori quali C. Achebe, M. Ondaatje, T.Morrison e J. Lahiri e in uno stile narrativo che si raccorda alle tradizioni orali africane – ha dato compiutamente voce al dolore dei migranti, descrivendo la scissione interiore provocata dall’adozione di modelli culturali esogeni e dall’abbandono dei Paesi di origine.Tra i lavori più recenti si segnala Glory (2022; trad. it. 2023), acuto testo di satira politica di impronta orwelliana.