Novellamente Amor mi giura e dice
. Questo sonetto (Rime XCIV), inviato da Cino da Pistoia a D. che rispose per le rime col sonetto I' ho veduto già senza radice (Rime XCV; v.); ci è stato conservato integralmente, insieme con quello di D., nel codice Riccardiano 1050 e, col testo soltanto dei vv. 1-4, nel codice 445 della Capitolare di Verona. Fu pubblicato dal Ciampi nel 1813.
Cino confida all'amico che Amore, dimentico di sue precedenti fallaci promesse, lo spinge a innamorarsi nuovamente, assicurandogli che la nuova donna lo renderà felice, sarà " beatrice " del suo cuore (v. 4). Ma Cino si mostra restio a seguire Amore, memore delle mortali ferite dell'altro amore. Che deve fare? Da una parte Amore insiste nell'invitarlo, e dall'altra lo allontana la paura " che peggio che lo scur " non gli sia " 'l verde " (v.14).
Il senso del v. 14 potrebbe essere semplicemente: " che non sia peggio abbandonarsi al nuovo amore, che farne a meno ", ma il riscontro dello " scuro " e del " verde " nell'ultimo verso di un altro sonetto di Cino, Novelle non di ventate, indirizzato a un amico per aver consiglio su " come si dee mutar lo scuro in verde ", e il lamento che Cino fa nel sonetto Dante, i' ho preso l'abito di doglia (Rime XCVIII: v.) per una donna vestita a lutto (col " vel tinto " e il " drappo scuro ") pongono il problema se nel nostro sonetto con scur e verde " Si opponga una donna, fisicamente, a un'altra " (Confini). È questione che riguarda soprattutto l'ordinamento delle rime di Cino, ma essendoci una risposta di D. la cronologia tocca anche il sonetto I' ho veduto. La collocazione assegnata dal Barbi ai due sonetti nella sezione che precede le rime ‛ petrose ' denota una scelta per un periodo di tempo anteriore al 1300, ma lo stesso Barbi non escluse la possibilità che l '" altra ferita " del v. 11 del sonetto di Cino si riferisca all'amore per Selvaggia, con la conseguenza di ritardare la data dei due sonetti a dopo il 1301, e prima del 1306.
Bibl. -G. D. De Geronim, La ‛ donna verde ' nella sestina e in un sonetto di D., in " Gior. d. " XVI (1908) 168-170; Contini, Rime 137-138; Barbi-Pernicone, Rime 520-523.