NOVAZIONE
. Nel diritto romano si chiama novazione la costituzione di una nuova obbligazione fatta mediante contratto formale per sostituire e quindi annullare l'antica. Questo contratto formale è, per solito, in età classica la stipulazione, ma può anche essere, per quanto alcuno (e così P. Gide) lo neghi, il contratto letterale. Se la novazione abbia cominciato a funzionare per le obbligazioni aventi una causa diversa da quella di negozio formale e già esistenti fra i medesimi soggetti, particolrmente per quelle ex delicto, o abbia invece cominciato per le obbligazioni formali esistenti fra soggetti diversi da quelli che vengono a porsi di fronte nella seconda obbligazione, o se piuttosto codesti due atteggiamenti, l'obiettivo e il subiettivo, della novazione si siano presentati contemporaneamente, è cosa incerta. Per la validità della novazione occorrono i seguenti requisiti: 1° la preesistenza di un'obbligazione da estinguere, o civile o naturale; 2° la validità della nuova obbligazione, o civile o naturale; 3° il nascere della nuova obbligazione da contratto formale. L'obbligazione nuova deve essere, in qualche elemento, diversa dall'antica: così per il mutare del termine o del luogo di pagamento; della persona del debitore o del creditore, o anche soltanto della forma dell'obbligazione. Un elemento nel diritto classico non poteva mutare nella nuova obbligazione: l'oggetto. Che il diritto classico richiedesse l'identità dell'oggetto, risulta dalla stessa definizione dell'istituto: novatio est prioris debiti in aliam obligationem transfusio atque translatio. Anzi, fondamento della virtù estintiva della novazione era proprio l'identità dell'oggetto, l'idem debitum, giacché nel diritto romano la stessa cosa poteva essere dovuta più volte alla stessa persona per diverse obbligazioni causali (Dig. XXXXIV, 2, de except. r. i., 14, 2) non quando la seconda obbligazione fosse, come nel caso della stipulazione novatoria, formale.
Molteplice era l'utilità della novazione così configurata. La stipulatio debiti staccava l'obbligazione da tutti i legami che l'avvincevano alla causa originaria e procurava un rimedio processuale più energico e sicuro; apprestava il modo per far accedere la garanzia di sponsores e fidepromissores o per trasferire da soggetto a soggetto il vincolo obbligatorio, preparava la strada all'accettilazione, sempre utile anche quale forma di quietanza. Secondo l'opinione dominante, nel diritto classico non si richiedeva nelle parti la volontà di novare (animus novandi); per verità Gaio, trattando dell'istituto, di quest'animus non parla; l'imperatore Giustiniano in una sua costituzione (Cod. VIII, 41 (42), de novat., 8) dispone che, se le parti non avevano espressamente indicato di voler novare l'obbligazione precedente, la nuova obbligazione si doveva aggiungere a questa: anteriora stare et posteriora incrementum illis accedere. La novazione nel diritto giustinianeo avviene pertanto voluntate, non lege, e conformemente a questa costituzione la dottrina dominante, come già il Cuiacio, ritiene interpolati numerosi testi classici. Posto l'istituto su questa nuova base, anziché sull'efficacia obiettiva del negozio formale conchiuso, il diritto giustinianeo ammette novazione anche se viene mutato l'oggetto: così, per esempio, se uno stipula un fondo e poi il suo usufrutto.
Nel diritto moderno requisiti della novazione sono: 1° la preesistenza di un'obbligazione civilmente valida; 2° un negozio che crei una nuova obbligazione valida civilmente anch'essa; 3° la volontà di novare. Questa, conformemente al diritto giustinianeo, non si presume. L'art. 1267 cod. civ. contempla tre forme di novazione: a) novazione oggettiva o reale, quando il debitore contrae verso il suo creditore un nuovo debito, il quale viene sostituito all'antico che rimane estinto; b) novazione soggettiva per mutamento del debitore, quando un nuovo debitore è sostituito all'antico il quale viene liberato dal creditore; c) novazione soggettiva per mutamento del creditore, quando un nuovo creditore viene sostituito all'antico, verso il quale il debitore rimane liberato. La novazione soggettiva per mutamento del debitore si fa per espromissione o per delegazione: nel primo caso, il creditore accetta come nuovo debitore un terzo che gli promette di pagare in luogo del primo debitore e la novazione si effettua senza il consenso di questo (art. 1270); nel secondo caso, il creditore accetta il nuovo debitore che, come tale, gli è presentato dal primo (art. 1271). Occorre che il creditore liberi nell'uno e nell'altro caso, e in quest'ultimo espressamente, il primo debitore e che anche qui risulti dall'atto la chiara volontà nelle parti di novare (articoli 1267 n. 2, 1269, 1271).
Estinta per novazione la precedente obbligazione, ne consegue che: a) cadono, come accessorî, le garanzie (art. 1274-1276); b) le eccezioni proprie della prima obbligazione non si possono opporre alla seconda (art. 1278); c) nella delegazione novatoria il delegante non è tenuto a garantire la solvibilità del delegato.
Bibl.: B. Salpius, Novation u. Delegation nach röm. Recht, Berlino 1864; C. Salkowski, Zur Lehre von der Novation, Lipsia 1866; P. Gide, Études sur la novation, Parigi 1879; C. Fadda, Studi sulla dottrina della novazione, Cagliari 1880; R. Merkel, Der römisch-rechtliche Begriff der Novation, Strasburgo 1892; P. Girard-F. Senn, Manuel de droit romain, 8ª ed., Parigi 1929, pp. 736-748. Sul momento in cui l'animus novandi si pone come requisito essenziale della novazione cfr., in vario senso, O. Gradenwitz, Interpolationen in den Pandekten, Berlino 1887; E. Costa, Animus novandi, in Studi in onore di F. Schupfer, I, Torino 1898, p. 47 segg.; C. Ferrini, Pandette, Milano 1904, p. 634 segg.; E. Cuq, Manuel des institutions juridiques des Romains, Parigi 1917, p. 618; V. Scialoja, Le interpolazioni dei testi delle Pandette e l'ipotesi del Bluhme. Un esempio: l'animus novandi, in Studi in onore di S. Perozzi, Palermo 1925; P. Bonfante, Ist. di dir. rom., 9ª ed., Milano 1931.