NOTTE
. La tendenza insita nello spirito religioso degli antichi, a conferire personalità e figura umana a tutti i fenomeni naturali, fa sì che anche l'idea della Notte si trovi ben presto individuata in una personificazione di spiccato carattere mitologico. Secondo Esiodo (Theogon., 123 segg.), Νύς, la Notte, trae origine insieme all'Erebo, dalle profondità del Caos; e dall'unione di Erebo e Notte traggono origine Αἰϑήρ (il Cielo) ed ‛Ημέρα (il Giorno). A parte ciò, la Notte non ha una vera e propria genealogia. Si sa soltanto che essa viene dall'estremo Occidente di là dall'Atlante (Theogon., 739 segg.). Secondo lo stesso poeta (Theogon., 211 seg., 757 seg.), essa è madre di "Υπνος e di ϑάξατος (il Sonno e la Morte). Da questa concezione esiodea trae probabilmente lo spunto quella doppia natura della Notte, che viene rilevata nella letteratura poetica classica: da una parte la Notte come generosa e desiderabile distributrice di pace e di riposo ai mortali; dall'altra come progenitrice di esseri mitologici (personificazioni di altrettanti concetti morali), destinati a incutere terrore agli uomini: come le Moire, le Keres, le Erinni, Nemesi, ecc. Sotto questo duplice punto di vista la Notte ha nella poesia greca una notevole importanza. Nel mondo poetico romano, invece, l'aspetto truce della Notte rimane un semplice ricordo letterario, restando vivo l'aspetto benigno e naturalistico di questa personificazione.
Bibl.: P. Weizsaecker, in Roscher, Lexikon d. gr. u. röm. Mythol., III, i, col. 569 segg., s. v. Nyx; J.-A. Hild, in Daremberg e Saglio, Dictionnaire des antiquités, IV, p. 111 seg.