Vedi NORBA dell'anno: 1963 - 1996
ΝORΒA (v. vol. V, p. 542)
Saggi di scavo, restauri alle mura e nuove campagne di ricerca topografica hanno portato a una revisione dell'impianto urbano di Norba.
La città, che domina dall'alto dei Monti Lepini la piana pontina, è cinta da possenti mura, condotte per grandi rettifili; solo nel tratto che strapiomba su Ninfa si riconosce un andamento più sinuoso, data l'accidentalità delle balze. Delle cinque porte principali, la più munita è quella meridionale, Porta Ninfina, larga m 7,70, che è difesa da un bastione. La strada che vi accede, proveniente dalla pianura sottostante, è sorretta da grandi muri in opera poligonale, dei quali rimangono notevoli resti lungo le pendici del monte. Si è supposto che Porta Ninfina costituisse l'accesso primitivo alla città su questo versante, rispetto a Porta Maggiore, che si apre a E, con un'impostazione del tutto artificiale rispetto a una minore difesa na-. turale. Quest'ultima si distingue anche per l'imponenza e l'accuratezza dell'opera poligonale, che si evidenzia soprattutto nella torre avanzata semicircolare. La porta, ampia m 4,30, si allarga all'interno con uno spiazzo di m 12,80 che potrebbe aver costituito una corte chiusa.
Più avanti le mura proseguono sul versante NE e N, alte fino a 10-12 m sul lato scosceso della montagna, con la stessa imponenza e perfezione tecnica del tratto della Porta Maggiore, e si caratterizzano per un grande torrione quadrato avanzato, detto La Loggia, che domina, con oltre 13 m di altezza, il versante. A Ν è situata la Porta Signina e contigua a essa è una grande cisterna (raggio 15 m, profondità oltre 5 m), che lascia immaginare una possibilità di servizio per il traffico mulattiero sul versante dei Monti Lepini. In una posizione analoga è la cisterna trapezoidale già scavata subito all'interno di Porta Maggiore.
Le mura, sempre in accurata opera poligonale, nel tratto da Porta Signina a Porta Serrone di Bove presentano ben visibile il muro di controscarpa dell'aggere, profondo da 2,1 a 9 m circa. Poco prima di Serrone di Bove esse assumono un aspetto più primitivo nella tecnica costruttiva, che mantengono nel percorso sul prospetto della piana pontina. La porta su quest'ultimo versante, Porta Furba, volgeva su strapiombi così ripidi che non doveva corrispondere a una strada, ma a un difficile percorso mulattiero.
All'interno delle mura, in un'area di c.a 38 ha, è stata evidenziata un'ampiezza dell'abitato superiore a quanto già noto, estendendosi le strutture fin quasi al perimetro delle fortificazioni.
Due maggiori balze si distinguono all'interno, convenzionalmente chiamate acropoli minore e acropoli maggiore. L'acropoli maggiore, nella zona settentrionale di N., presenta grandi muraglioni di limite sui lati SE e NE. Immediatamente a E della vetta è il Tempio di Diana (la divinità è stata identificata dalle dediche votive), al centro di un'area porticata; vi è annessa sul lato O un'altra piazza con al centro un edificio.
Le strutture del complesso sono inquadrabili nel II sec. a.C.; il materiale recuperato nei vecchi scavi attesta fasi precedenti. I recenti scavi hanno posto in luce strade basolate di accesso e in particolare la maggiore strada che sale dal versante E. Tutto il settore a SE dell'acropoli maggiore mostra un impianto ortogonale su assi viari che scandiscono isolati-tipo di c.a 20 m di lato. Al centro del sistema è una grande cisterna di forma quadrangolare, con lati in opera poligonale di m 30 e 27 circa.
Una serie di terrazzi scandisce anche la mezzacosta SO dell'acropoli maggiore: essi distinguono nella posizione centrale un rettangolo di m 125,5 x 63 c.a, che domina l'area urbana e nel quale è stato proposto di riconoscere il foro.
Tutta l'area urbana mostra un impianto ortogonale disposto per assi in senso SE-NO e NE-SO. L'orientamento tiene presente la migliore esposizione, ma non segue un rigore schematico, articolandosi con leggere divergenze per settori o blocchi di edifici. La pianificazione urbanistica che maggiormente si evidenzia anche estensivamente per la sua regolarità è quella che fa capo al grande asse SE-NO, che partendo dàll'acropoli minore raggiunge Porta Serrone di Bove. Su tale asse è situata, quasi al centro della città, una vastissima cisterna in opera incerta, con piscina e fronte complessamente articolata.
L'impianto ortogonale si sviluppa sia a monte che a valle. Verso monte sale a gradini terrazzati, scandito da strade lastricate che salgono a zig-zag tra i terrazzi. A S dell'asse viario l'impianto si estende con una parte centrale di grande regolarità e due diversi blocchi ai lati. Segnano la zona centrale una serie di strade parallele, orientate da NE a SO, intersecate da un'ulteriore strada SENO. Gli isolati, compresa la larghezza di una strada, sono larghi 53 m (1 actus e mezzo); la lunghezza, ponendosi sull'asse di Porta Serrone di Bove, verrebbe a essere il doppio, tre actus.
A SE di questo settore è il complesso del Tempio di Giunone (il nome della divinità è restituito da iscrizioni): gli scavi d'inizio secolo hanno posto in luce il tempio, una vasta terrazza adiacente con un portico organizzato intorno a un'area centrale scoperta, una strada, evidenziando almeno due fasi costruttive, una riferibile presumibilmente al IV sec. a.C., l'altra al II a.C. e la trasformazione del tempio in chiesa nell'Alto Medioevo. Materiale votivo trovato presso il tempio potrebbe fare risalire il culto almeno al V sec. a.C.; altro materiale dei vecchi scavi permette di riportare la frequentazione del luogo a epoca ancora anteriore.
Dall'esame dell'impianto urbanistico risulta come a N. si dovettero verificare varî e successivi interventi edilizi. In particolare si colgono con maggiore evidenza due pianificazioni: una impostata sull'asse acropoli minore-Porta Serrone di Bove, l'altra facente capo al foro ed estesa soprattutto all'acropoli maggiore. Di esse, la prima dovrebbe essere la più antica. La sua datazione appare strettamente connessa a quella delle mura, comunemente riferite al IV sec. a.C., che tuttavia, dopo gli scavi d'inizio secolo, attendono un approfondimento di ricerca cronologica. La pianificazione successiva potrebbe rientrare nell'ambito dei grandi cambiamenti urbanistici che caratterizzano le città centro-italiche e laziali in particolare nel II sec. a.C. Il materiale archeologico, in accordo con le fonti che ricordano nel 492 la deduzione a N. di una colonia (Liv., π, 34,6), attesta comunque una estesa occupazione di N. già nel V sec. a.C., epoca nella quale è da ritenere già esistente la fortificazione dell'acropoli minore.
La fine della città sembra coincidere con la distruzione sillana: non si riscontrano resti riconducibili a un'età posteriore, anche se il Tempio di Diana continuò a essere frequentato e non sono da escludere altre occupazioni sporadiche.
Bibl.: L. Quilici, S. Quilici Gigli, Ricerche su Norba, in Archeologia Laziale IX (QuadAEI, 16), Roma 1988, pp. 233-256, con bibliografia.