NON BELLIGERANZA
. La fase iniziale della seconda Guerra mondiale ha visto nascere una nuova figura politica e giuridica, collocabile tra lo stato di guerra e quello di neutralità, denominata non belligeranza, con espressione usata per la prima volta nei comunicati che ai primi del settembre 1939 furono emanati dal governo italiano per precisare il proprio atteggiamento di fronte al conflitto.
L'Italia, dichiarando di serbare la non belligeranza, voleva indicare la propria posizione di neutralità giuridica, ma non politica, di fronte alla guerra tra la Germania da una parte, e la Polonia e subito dopo la Francia e la Gran Bretagna, dall'altra. La non belligeranza significava assunzione di un contegno di attesa vigilante e di preparazione, in piena intesa con i piani dell'alleato. Nel gennaio del 1940 la Turchia si comportò analogamente, in quanto dichiarò non di rimanere "neutrale, ma semplicemente fuori dalla guerra", confermando i proprî impegni verso gli Anglofrancesi. Nel giugno 1940, subito dopo l'entrata in guerra dell'Italia, anche la Spagna si dichiarò non belligerante, volendo con ciò sottolineare le sue favorevoli propensioni per l'Asse ed il suo interesse per gli sviluppi mediterranei della guerra. Anche altri stati furono qualificati come non belligeranti, sebbene non avessero fatto al riguardo dichiarazioni ufficiali: Bulgaria, Romania, Ungheria, Slovacchia, infatti, pur rimanendo fuori del conflitto, tennero un comportamento di favore verso l'Asse, certamente non conforme agli obblighi della neutralità. La medesima qualifica fu attribuita anche all'Egitto che aveva assunto nel conflitto una posizione del tutto particolare, in quanto non partecipava direttamente alla guerra, ma aveva messo il proprio territorio a disposizione degli Alleati, perché se ne servissero come base di operazioni e vi compissero atti di ostilità.
Dagli esempî citati appare che l'espressione non belligeranza si è usata per designare situazioni giuridiche e politiche molto diverse fra loro e che difficilmente si possono ricondurre ad un concetto unitario. L'unico elemento comune è costituito dal fatto che lo stato considerato non si ritiene e non è ritenuto belligerante, giacché non partecipa attivamente alla guerra con azioni militari e neppure si comporta come se credesse di trovarsi in guerra con altri stati, ma d'altra parte tiene un comportamento che non si identifica con quello imposto dalla neutralità intesa in senso stretto. Dal punto di vista giuridico si è discusso entro quali limiti la non belligeranza possa considerarsi lecita o meno secondo i principî del diritto internazionale bellico.
Se lo stato si limita ad appoggiare diplomaticamente uno o più altri stati, oppure se, con la sua semplice presenza, minacciosa o infida, contrasta in qualche modo l'avversario dello stato verso il quale esso dimostra le proprie simpatie, non si può dire che con ciò esso varchi i limiti di quella sfera entro la quale un neutro può tenere il comportamento che vuole. Questo atteggiamento si suole anche chiamare neutralità benevola. Se invece il non belligerante pone in atto, in favore di una delle parti in guerra, misure che sotto nessun aspetto rientrano nelle facoltà dello stato neutrale, come, ad esempio, il permesso di passaggio alle truppe di un dato belligerante, la fornitura di armi e di mezzi bellici fatta a titolo pubblico, non vi è dubbio che tutti gli atti del genere sono illeciti e fanno sorgere la responsabilità internazionale dello stato. Ciò posto, è chiaro che non basterà che lo stato non belligerante si sia ufficialmente proclamato tale per essere esente dalle conseguenze di simili atti illeciti.
Bibl.: A. Cavaglieri, Belligeranza, neutralità e posizioni giuridiche intermedie, in Rivista di diritto internazionale, 1919, p. 61 segg.; A. F. v. Freytagh-Loringhoven, Nichtkriegsführung und wohlwollende Neutralität, in Zeitschrift der Akademie für Deutsches Recht, 1940, p. 332; G. G. Wilson, Non belligerency in relation to the terminology of neutrality, in Am. Jour. of intern. law, 1941, p. 122; G. Vedovato, Il conflitto europeo e la non belligenza dell'Italia, Firenze 1943.