NOMIS DI POLLONE, Antonio
– Nacque a Torino il 19 settembre 1799 dal conte Spirito, ministro plenipotenziario a Berlino e Madrid, e da Teresa Ranguenet.
Mentre il fratello Giuseppe (1798-1846) si avviava alla carriera diplomatica, Antonio, che aveva compiuto studi giuridici, rimase inizialmente soprattutto un possidente e un membro dell’élite nobiliare subalpina. Nel 1826 sposò Emilia Gazzelli di Rossana, che gli diede otto figli, tra cui Paolino (1828), Spirito (1830), Lidia (1831), Vittorio (1835). Il matrimonio non fu esente da problemi, specialmente dopo il 1834, quando il giovane Camillo Benso di Cavour, la cui famiglia frequentava assiduamente i Pollone, concepì una forte passione, ricambiata su un piano strettamente affettivo, per la Gazzelli. Solo alla fine degli anni Trenta i rapporti tra Nomis e Cavour si rasserenarono.
Decurione della città di Torino nel 1838, fu attivo nei progetti di sviluppo urbanistico promossi dal municipio e, più in generale, nella vita politica e culturale del comune torinese. Conscio dell’importanza del sostegno pubblico allo sviluppo, alla fine del 1839 si oppose alla decisione del consiglio decurionale di Torino di limitare il volume dei depositi della Cassa di risparmio. Nel corso degli anni Quaranta rivestì un più spiccato ruolo politico e amministrativo. Nominato gentiluomo di camera di Carlo Alberto nel maggio 1842, assunse nel dicembre 1844 la carica di presidente della Camera di agricoltura e commercio di Torino e, dal 1° maggio 1845, quella di vicedirettore del debito pubblico. Nell’aprile 1849 ottenne poi la carica di direttore generale delle poste.
La situazione con la quale dovette confrontarsi era particolarmente complessa. All’aumento dei volumi di corrispondenza non aveva coinciso una sempre più necessaria riorganizzazione del servizio. Dopo aver avviato una politica di ampliamento del personale, Nomis promosse una riforma sistematica, realizzata con decreto del 26 novembre 1850, che, oltre a riorganizzare la struttura e la pianta organica, rinnovava il sistema postale della Sardegna, rendendolo coerente con quello del Piemonte. Coronamento della riorganizzazione fu il varo di una nuova tariffa postale (legge 18 novembre 1850, n. 1108), che unificava le tariffe e introduceva i francobolli.
Il 12 dicembre 1849, all’aprirsi della IV legislatura del Parlamento subalpino, fu nominato senatore del Regno per la 20a categoria (contribuenti che pagavano almeno 3000 lire d’imposta).
Disimpegnò un’attività parlamentare intensa, soprattutto negli ambiti economico-finanziari che più gli erano congeniali. Commissario nella discussione del disegno di legge di riforma delle tariffe postali, contribuì a superare l’iniziale impostazione della Camera e a introdurre il principio della tariffa unica per le lettere. Intervenne anche, nella seduta del 9 marzo 1850, nella discussione sul disegno di legge sulla consulta sanitaria marittima della Sardegna, una questione di scottante attualità dopo la diffusione del colera, e poi, il 25 giugno, sull’organizzazione della Cassa depositi e prestiti e sulle pensioni militari, oltre che nei dibattiti relativi all’amministrazione finanziaria e ai trattati di commercio conclusi con il Belgio e con l’Inghilterra. Nel 1850 fu inoltre nominato membro della ristretta commissione che compilò un nuovo regolamento per il Senato.
Come presidente della Camera di agricoltura e commercio di Torino prese posizione contro la politica di liberalizzazione degli scambi con l’estero avviata da Cavour. Commissario italiano all’Esposizione universale di Parigi (1855), il 28 novembre 1855 fu nominato consigliere di Stato. Operò presso la prima sezione, occupandosi particolarmente dell’amministrazione finanziaria e improntando la sua azione a un pragmatismo che rifuggiva da un eccessivo tecnicismo giuridico.
Il 15 novembre 1855 fu eletto questore del Senato, carica alla quale fu riconfermato ininterrottamente per dieci anni e che comportava una sovraintendenza sull’amministrazione interna dell’organo.
Era una testimonianza della riconosciuta autorevolezza di Nomis nelle questioni amministrative, confermata dalla sua lunga permanenza nella commissione di finanze (1852-63). Intervenne soprattutto in materia di amministrazione finanziaria e di lavori pubblici, specialmente relativi alla città di Torino, schierandosi talora contro il governo, ma anche su questioni politicamente più delicate come quella del disegno di legge per la repressione della cospirazione contro i capi di Stato esteri (2 giugno 1858). Nel 1857 fu anche relatore del disegno di legge sulla costruzione del nuovo arsenale di La Spezia e, nel 1859, fu tra i commissari incaricati di riferire all’Assemblea sul progetto di legge per la concessione dei pieni poteri al governo in vista della prossima guerra con l’Austria.
Politicamente, militò nella Destra liberale, disposta ad appoggiare il governo Cavour, ma tiepida verso la sua politica internazionale. Nel febbraio 1859 espresse il suo dissenso rispetto a una imminente guerra all’Austria nella sua corrispondenza con alcuni esponenti politici della destra savoiarda, sottolineando i rischi finanziari e la complessiva immaturità politica dell’Italia. Non prese però apertamente posizione contro Cavour, che, da parte sua, lo giudicava «anguleux, mais laborieux, conscienceux, et capable» (Epistolario, 1962-2006, XVII, 2, p. 883).
Nel maggio 1860 lo stesso Cavour lo inviò come plenipotenziario a Parigi, allo scopo di concludere una convenzione per regolare gli aspetti amministrativi, finanziari ed economici legati al passaggio alla Francia di Nizza e della Savoia (convenzione del 23 agosto 1860). Durante il soggiorno parigino trattò peraltro riservatamente anche altre questioni, dall’acquisto di alcune partite di armi all’atteggiamento francese rispetto alla spedizione dei Mille.
Nel dicembre 1861 si ipotizzò la sua nomina a ministro dell’Interno: il presidente del Consiglio, Bettino Ricasoli, ne parlò con l’autorevole senatore Federigo Sclopis che, pur confermando le capacità del collega, chiarì che difficilmente questi avrebbe accettato l'incarico.
Anche nel periodo successivo all’Unità d’Italia, intervenne con incisività nei dibattiti parlamentari. Pur nell’intento denigratorio, il suo profilo fu ben individuato in una breve biografia satirica, che lo descriveva «ad un tempo conservatore ed amico del ministero» e lo inseriva tra i «mediocri di buona volontà» (Le Camere..., 1859, p. 48). In particolare durante l’ottava legislatura del Regno d’Italia (1861-65) partecipò a molte discussioni finanziarie relative ai bilanci, esprimendo una posizione moderatamente conservatrice. Prese inoltre posizione con una lettera, letta nella seduta del 9 dicembre 1864, contro la legge per il trasferimento della capitale da Torino a Firenze, giudicandola «lesiva della dignità nazionale» e «dannosissima agli interessi finanziari dello Stato» (Atti del Parlamento italiano, Senato, Rendiconti, VIII legislatura, sessione 1863-1864, p. 2172).
Dall’inizio del 1865 la sua salute declinò. Il 13 maggio il Senato accettò le sue dimissioni da questore, rivolgendogli un plauso. Poco dopo, a seguito della riforma del Consiglio di Stato attuata con la legge 20 marzo 1865, lasciò l'organo.
Morì a Torino il 13 giugno 1866 e fu commemorato nella seduta parlamentare del 16 giugno.
Fonti e Bibl.: Fondamentale, per l’attività politica di Nomis di Pollone, è la consultazione degli Atti del Parlamento subalpino e degli Atti del Parlamento italiano, per le legislature IV-VIII; Le Camere nel 1858 e nel 1859. Schizzi parlamentari d’uno sconosciuto, Pinerolo 1859, pp. 48 s.; C. Cavour, Lettere d'amore, a cura di M. Avetta, Torino 1956, pp. 287-306; F. Sclopis di Salerano, Diario segreto (1859-1878), a cura di P. Pirri, Torino 1959, pp. 106-108, 214, 340, 374; P. Guichonnet, La Droite savoyarde et piémontaise devant les événements de 1859, in Revue d'histoire moderne et contemporaine, n. s., VII (1960), pp. 81-109; V. Pautassi, Gli istituti di credito e assicurativi e la borsa in Piemonte dal 1831 al 1861, Torino 1961, pp. 210-212, 227, 263; C. Cavour, Epistolario, I, Bologna 1962, pp. 162, 240, 284, 290; II, ibid. 1968, pp. 320, 351; III, Firenze 1973, pp. 226, 453; ibid. 1982, VI, pp. 107-108; VII, pp. 39, 73-75, 151, 240, 242, 305; VIII, ibid. 1983, pp. 432, 445; XII, a cura di C. Pischedda e E. Mangosio, ibid. 1990, ad ind.; XIV/2, ibid. 1994, pp. 525, 543, 544; XVII/2-5, ibid. 2005, ad indices; XIX, Appendice A (1837-1843), a cura di G. Silengo, ibid. 2006, pp. 37, 95, 103, 134, 319; Banche, governo e parlamento negli Stati Sardi : fonti documentarie. 1843-1861, a cura di E. Rossi - G.P. Nitti, II, Torino 1968, pp. 861, 1480; Q. Sella, Epistolario, a cura di M. - G. Quazza, Roma 1980, pp. 181 s., 230 s., 235 s., 515, 606; G. Bracco, Commercio, finanza e politica a Torino da Camillo Cavour a Quintino Sella, Torino 1988, pp. 35-38, 94 s.; C. Cavour, Diari, Roma 1991, pp. 129-132, 164, 181, 260, 285, 556; C. D’Azeglio, Lettere al figlio, 1829-1862, a cura di D. Maldini Chiarito, Roma 1996, ad ind.; F. De Pieri, Il controllo improbabile : progetti urbani, burocrazie, decisioni in una città capitale dell'Ottocento, Milano 2005, pp. 138 s., 162, 181, 199; Repertorio biografico dei senatori dell'Italia liberale. Il Senato subalpino, a cura di F. Grassi Orsini - E. Campochiaro, Roma 2005, pp. 669-671; Il Consiglio di Stato nella storia d'Italia: le biografie dei magistrati (1861-1948), a cura di G. Melis, Milano 2006. pp. 66 s.