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deaggettivali, nomi

di Claudio Iacobini - Enciclopedia dell'Italiano (2010)
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deaggettivali, nomi

Claudio Iacobini

Definizione

I nomi deaggettivali, cioè derivati da aggettivi, sono anche detti nomi di qualità (per es., grandezza, verità, allegria). Essi non si differenziano nel significato dagli aggettivi da cui derivano, se non per il fatto di trattare come entità le qualità espresse dagli aggettivi stessi. Infatti, mentre gli aggettivi qualificativi sono usati con funzione attributiva (per es., un computer veloce) o predicativa (il mio computer è veloce), i nomi deaggettivali sono usati con gli stessi significati, ma con funzione referenziale: la velocità del computer. Questa trasformazione di categoria è molto usata a fini di coesione testuale: i nomi deaggettivali permettono infatti la ripresa di una predicazione tramite un sintagma nominale (per es., per chi non si intende di pesce fresco, gli indicatori della freschezza del pesce sono tre).

Limiti e proprietà

Non tutti gli aggettivi possono essere derivati da nomi. Di norma, gli aggettivi di relazione non sono basi possibili per i nomi di qualità (la foresta equatoriale → la *equatorialità della foresta). Ciò è tanto più evidente se si confrontano l’accezione predicativa (1) e quella relazionale (2) degli aggettivi che consentono questa doppia interpretazione.

(1) una canzone popolare («famosa»); questa canzone è popolare → la popolarità della canzone

(2) una rivolta popolare («del popolo»); * questa rivolta è popolare → * la popolarità della rivolta

I nomi deaggettivali, quando esprimono una qualità in sé, possono essere parafrasati con la combinazione infinito sostantivato + aggettivo (l’allegria è contagiosa → l’essere allegri è contagioso). In quest’uso, il nome di qualità è preceduto dall’articolo determinativo. Quando invece il nome deaggettivale esprime una qualità che si manifesta in un’entità definita, può essere preceduto da una maggiore varietà di determinanti: la tua fastidiosa trascurataggine; è ammirato per la pacatezza e la soavità di modi. In altri impieghi, i nomi di qualità possono essere parafrasati mediante «il fatto che / il fatto di»: tutti dobbiamo riconoscere la sincerità di Francesco → il fatto che Francesco sia sincero.

Con basi intensificabili (➔ intensificatori), il nome di qualità può esprimere un’accezione quantitativa: la piovosità di una zona. Quest’ultima interpretazione semantica è collegata a quella che attribuisce un’indicazione quantitativa ai pochissimi nomi derivati da aggettivi di relazione: per es., salinità «quantità di sali disciolti in acqua».

Un’estensione semantica regolare consiste nel passaggio da nome di qualità a nome che designa un atto (ha commesso un’ingenuità; le tue falsità ripetute; atrocità inaudibili) o, in un numero minore di casi, lo stato risultante (ad es. le novità di cui sono a conoscenza). Non sembrano essere produttive altre estensioni piuttosto frequenti, come quelle che designano persone (sono intervenute molte celebrità) o indicazioni locative (le estremità del tavolo).

I suffissi

Benché il numero di suffissi che forma nomi di qualità sia molto alto (una trentina, secondo Rainer 2004, a cui si rimanda per una più ampia trattazione dei nomi di qualità; vedi anche Rainer 1989) (➔ nominalizzazioni), quello dei suffissi produttivi è decisamente più ridotto. I più importanti sono -ità (con la variante -età usata con basi terminanti in /j/ + vocale, ad es. ansietà, precarietà, proprietà) e -ezza. I suffissi -ìa e -za sono anch’essi produttivi e impiegati specialmente con basi con particolari caratteristiche. I suffissi -aggine e -eria si distinguono per aggiungersi a basi connotate negativamente.

Il suffisso -ità/-età è preferito con basi di più di due sillabe (per es., abitabilità, attività, attualità, conformità, facilità, modernità, precocità, variabilità), ma è presente anche in parole di origine latina formate da aggettivi bisillabici (nudità, santità, verità). Il suffisso -ezza si usa di preferenza con basi bisillabiche (altezza, freschezza, grandezza, purezza, rudezza, saggezza, sveltezza) e participi lessicalizzati terminanti in -to (pacatezza, raffinatezza, speditezza), ed è presente anche in un ristretto numero di parole con base maggiore di due sillabe (ad es. leggerezza, sicurezza, tenerezza).

Il suffisso -ìa, oltre ad essere presente in un certo numero di parole della lingua comune la cui base sono aggettivi per lo più non derivati (allegria, follia, miopia, pulizia, cortesia), è usato produttivamente nelle terminologie tecnico-specialistiche per formare nomi a partire da aggettivi terminanti con elementi formativi di origine greca (analogia, antropofagia, autonomia, diacronia, dicromia, idrofobia, monocefalia, omografia; ➔ elementi formativi).

Abbiamo anche termini in -za derivati da parole terminanti in -lento (turbolenza, violenza) e soprattutto da aggettivi (deverbali o no) terminanti in -nte (accoglienza, arroganza, assenza, convalescenza, decadenza, dipendenza, irruenza, potenza, precedenza, resistenza, sofferenza, trasparenza, urgenza).

Diversamente dagli altri, i due suffissi -aggine ed -erìa aggiungono una connotazione semantica negativa al nome. Il primo si aggiunge di preferenza ad aggettivi terminanti in -ato (imbranataggine, sbadataggine) e -oso (leziosaggine, presuntuosaggine, scontrosaggine), mentre il secondo preferisce le basi terminanti in -one (ad es. cialtroneria, faciloneria, gigioneria, semplicioneria). Le basi esprimono tipicamente qualità umane connotate negativamente: asinaggine, cretineria, piccineria, stupidaggine.

Tra le formazioni improduttive di uso più frequente ci sono quelle terminanti in -ia a partire da aggettivi in -ace o -oce (audacia, ferocia), in -anza (lontananza), -èria (cattiveria), -ione (devozione, perfezione, precisione), -ità (unità), -itudine (gratitudine, solitudine), -izia (amicizia, furbizia, pigrizia), -ore (orrore, splendore), -tà (bontà, libertà, realtà), -ura (bravura, disinvoltura).

Possono essere usati come nomi di qualità anche alcuni nomi di azione deverbali (delusione, moderazione; ➔ azione, nomi di), alcuni collettivi (➔ collettivi, nomi) con valore spregiativo (luridume), nomi derivati con il suffisso -ismo (e la sua variante colta -esimo) in genere esprimenti atteggiamenti morali o concezioni (moralismo, paganesimo, perbenismo, totalitarismo).

Studi

Rainer, Franz (1989), I nomi di qualità nell’italiano contemporaneo, Wien, Braumüller.

Rainer, Franz (2004), Derivazione nominale deaggettivale, in La formazione delle parole in italiano, a cura di M. Grossmann & F. Rainer, Tübingen, Niemeyer, pp. 293-314.

Vedi anche
participio Forma nominale del verbo, così chiamata dai grammatici greci perché partecipe, da un lato, della categoria dei nomi, di cui segue la flessione distinguendo numero, genere e caso, e dall’altro della categoria dei verbi, in quanto può distinguere la forma, il tempo e l’aspetto e può inoltre averne la reggenza, ... sintagma Termine (dal gr. σύνταγμα «composizione, ordinamento») introdotto in linguistica da F. de Saussure per indicare qualsiasi segno in quanto sia costituito da una successione di unità lessicali e grammaticali minori. Nell’uso attuale, unità sintattica di varia complessità e autonomia, di livello intermedio ... suffisso Elemento formativo di una parola, con funzioni di derivazione e di determinazione morfologica e semantica, costituito da uno o più fonemi o sillabe, posposti alla radice o al tema: i s. diminutivi più comuni in italiano sono -ino, -etto, -ello. Il suffisso così definito è anche detto s. tematico, elemento ... sostantivo In grammatica e in linguistica, nome s. (o s. in assoluto), parte del discorso che indica una singola persona, un singolo animale o una singola cosa, o una classe di persone, animali o cose. Nella grammatica greco-latina, il s. non formava una parte del discorso autonoma, ma costituiva, insieme all’aggettivo, ...
Indice
  • 1 Definizione
  • 2 Limiti e proprietà
  • 3 I suffissi
  • 4 Studi
Categorie
  • GRAMMATICA in Lingua
Tag
  • ARTICOLO DETERMINATIVO
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