concreti, nomi
Secondo la definizione tradizionale, i nomi concreti sono quelli indicanti «oggetti di natura fisicamente percettibile» (Sabatini & Coletti 2007: ad vocem, «nome»), come cane, mela, albero, casa, acqua, ecc., o «tutte le entità direttamente percepibili dai sensi», diversamente dai nomi astratti (➔ astratti, nomi), che si riferirebbero invece «a concetti come amore, libertà, infelicità, gloria» (Serianni 1988: 88) o, più estensivamente, a modi di essere, stati o eventi relativi a tali entità (come lucentezza, obesità, caduta, promessa).
Pur utilizzata già chiaramente in ambito filosofico da Tommaso D’Aquino («attribuimus ei nomina abstracta ad significandam simplicitatem eius, et nomina concreta ad significandam subsistentiam ...»; «In quibus [rebus sensibilibus] ad significandum simplices formas nominibus abstractis utimur, ad significandum vero res subsistentes utimur nominibus concretis»: Summa Theologiae, 1, XIII, 1-2; 1, XXXII, 2, c) e da filosofi e grammatici diversi fino ai grammatici di Port-Royal (per una sintesi, Cigada 1999: 111-193), la categoria di nome concreto apparve nelle grammatiche descrittive italiane solo verso la prima metà dell’Ottocento (si veda, ad es., la Grammatica della lingua italiana di Giuseppe Caleffi, 1832, cap. II, 1: Del nome concreto e del nome astratto).
Tuttavia, fin dalla sua comparsa, la nozione è stata piuttosto eterogenea quando non generica e imprecisa, come fa intuire il Tommaseo nel suo Vocabolario (1861-79: ad vocem «concreto»), mutuando la descrizione dal Vocabolario universale del Tramater (1829-1840): «Nomi concreti sono gli aggettivi come buono, giusto, ecc. [...] da’ quali derivano i nomi astratti come bontà, giustizia, ecc.».
Ancora oggi, e non solo in Italia, la categoria di nome concreto non è universalmente accettata (astrattezza e concretezza, d’altronde, non sono tra i parametri semantici – l’essere o no umano, l’essere o no animato, il numero, il sesso / genere, la forma, la consistenza, la posizione nello spazio, ecc. – universalmente considerati pertinenti per attribuire a un nome una specifica classe: Aikhenvald 20062; ➔ nomi), e le terminologie in uso nei vari paesi appaiono piuttosto variabili quando non divergenti (Schmid 2000: 10-63).
Tralasciando l’ovvia considerazione che tutti i nomi, anche quelli concreti, non rappresentano le ‘cose’, ma esprimono attraverso un’astrazione l’idea che si ha di esse, fuor di contesto può apparire non immediato stabilire, in base alle definizioni vulgate, se la parola temperatura sia un nome concreto o un nome astratto, se la costruzione di un ponte rappresenti una cosa astratta o concreta, o se amministrazione si riferisca all’idea astratta di amministrare o a una struttura amministrativa concreta, composta di edifici, persone, ecc. Anche intuitivamente, sarebbe insomma «difficile collocare tra i nomi concreti o tra quelli astratti parole come sonno, malessere, corsa, salto, caduta, arrivo, che indicano fatti percepibili dai sensi, ma privi di consistenza materiale» (Dardano & Trifone 1997).
Non è raro, inoltre, che alcuni nomi possano appartenere ora alla categoria dei nomi astratti ora a quella dei nomi concreti, secondo il contesto e l’uso: si pensi, ad es., a celebrità, astratto quando adoperato nel senso di fama, concreto quando indica una persona celebre («via, non fo per dire, / ma oggi sono una celebrità»: Giosuè Carducci, “Davanti San Guido”, in Rime nuove), o a servitù, confrontando questi due estratti dalle Confessioni di un italiano, di Ippolito Nievo:
(1) Siccome io e Martino non entravamo in conto né fra la gente che desinava in tinello né fra la servitù a cui la Contessa veniva a far la parte dopo tavola, cosí noi avevamo il privilegio di raspar le pignatte, le padelle ed i pentoli (cap. II)
(2) Io cominciava infin d’allora a disprezzare e ad amare: tormento terribile fra quanti la crudele natura ne ha preparato a’ suoi figliuoli; battaglia e pervertimento d’ogni principio morale; servitù senza compenso e senza speranza nella quale l’anima, che pur vede il bene e lo ama, è costretta a curvarsi a pregare a supplicare dinanzi all’idolo del male (cap. VI)
Non è neppure raro che sull’asse paradigmatico vi sia un passaggio dall’astratto al concreto (e viceversa), per mezzo della metonimia, nella sostituzione di un termine con un altro per contiguità logica:
(3) hai proprio del coraggio / fegato ad affrontarlo a viso aperto
(4) quando ho seguito i sentimenti / il cuore, non mi sono mai pentito
(5) in tempi di crisi finanziaria, l’edilizia / il mattone è ancora il migliore dei beni rifugio
(6) sei pieno di rancore / di bile.
Aikhenvald, Alexandra Y. (20062), Classifiers and noun classes: semantics, in Encyclopaedia of language and linguistics, editor-in-chief K. Brown, Boston - Oxford, Elsevier, 14 voll., vol. 1°, pp. 463-471.
Caleffi, Giuseppe (1832), Grammatica della lingua italiana, Firenze, Tipografia della Speranza.
Cigada, Sara (1999), Nomi e cose. Aspetti semantici e pragmatici delle strutture nominali, Milano, I.S.U. Università cattolica.
Dardano, Maurizio & Trifone, Pietro (1997), La nuova grammatica della lingua italiana, Bologna, Zanichelli.
Sabatini Francesco & Coletti, Vittorio (2008), Il Sabatini-Coletti. Dizionario della lingua italiana, Milano, Rizzoli-Larousse.
Schmid, Hans-Jorg (2000), English abstract nouns as conceptual shells. From corpus to cognition, Berlin - New York, Mouton de Gruytier.
Serianni, Luca (1988), Grammatica italiana. Italiano comune e lingua letteraria. Suoni, forme, costrutti, con la collaborazione di A. Castelvecchi, Torino, UTET.