nome (nomo)
In tre luoghi ha esplicito riferimento alla parte del discorso detta anche " sostantivo ": E questo ‛ adorna ' è verbo e non nome (Cv IV XXV 11); ‛ Diligite Iustitiam ', primai / fur verbo e nome di tutto 'l dipinto (Pd XVIII 92; v. anche Cv II XIV 4).
Non è reperibile in D. una riflessione teorica sulla natura del nome. Per Vn XIII 4 con ciò sia cosa che li nomi seguitino le nominate cose, sì come è scritto: " Nomina sunt consequentia rerum ", v. anche la voce DIRITTO ROMANO, soprattutto per le fonti giuridiche dell'espressione dantesca, e più' oltre, a proposito delle occorrenze della forma latina nomen. Certo è che D. ha chiara innanzi alla mente la funzione significante del n. e suppone un legame interno fra il segno e la sua ‛ ragione ' (v. più oltre quanto si osserva sul rapporto nomenratio), sulla scia di quanto Aristotele aveva affermato a proposito della definizione nel quarto libro della Metafisica, dove si dice che la diffinizione è quella ragione che 'l nome significa (Cv III XI 1; il vocabolo ricorre altre due volte nel medesimo paragrafo, e una nel successivo); il noto passo aristotelico in effetti suona: " Definitio vero fit ex significare aliquid necessario res esse. Ratio namque cuius nomen est signum, definitio est rei " (Metaph. IV 7, 1012a 22-24); s. Tommaso commenta: " Necesse est enim eis concedere definitiones rerum, si ponunt quod nomina aliquid significent. Nam ratio quam nomen significat est definitio rei " (Exp. in Metaph. IV lect. XVI n. 733).
Questa ricerca della ‛ ragione ' può implicare il ricorso all'etimologia, come nel caso della parola ‛ filosofo ' che viene esplorata alla luce della sua ascendenza greca: dicemo noi: ‛ philos ' quasi amore, e ‛ soph[os] ' quasi sapien[te]. Per che vedere si può che questi due vocabuli fanno questo nome di ‛ filosofo ' che tanto vale a dire quanto ‛ amatore di sapienza ' (Cv III XI 5).
Ne consegue che il parlante incapace di penetrare tale ‛ ragione ' si arresta al limite di una conoscenza verbale e non sostanziale, perdonabile (e in certo modo inevitabile) solo in attinenza con verità trascendenti e credute per fede in attesa di un'ulteriore illuminazione: Io veggio che tu credi queste cose / perch'io le dico, ma non vedi come; / sì che, se son credute, sono ascose. / Fai come quei che la cosa per nome / apprende ben, ma la sua quiditate / veder non può se altri non la prome... (Pd XX 91). La differenza tra la qualifica nominale e la realtà della cosa nominata si fa visibile nelle parole di Marzia a Catone: Dammi li patti de li antichi letti, dammi lo nome solo del maritaggio (Cv IV XXVIII 17), solo il n., come del resto era in Lucano col rafforzamento dell'aggettivo inane: " da tantum nomen inane / conubii " (Phars. II 342-343).
In funzione di appellativo personale, spesso con implicito o esplicito rimando a Beatrice, rientra in abitudini comuni al linguaggio d'amore, sia che l'amante invochi il n. della persona amata o che lo mantenga scritto nel cuore: con tutto ch'io chiamasse questo nome (Vn XXXII 13); Allor lassai la nova fantasia, / chiamando il nome de la donna mia (§ 18 14); per converso, tacendo lo nome di questa gentilissima (§ 15); oppure: Era la voce mia sì dolorosa / e rotta sì da l'angoscia del pianto, / ch'io solo intesi il nome nel mio core (XXIII 19 17); tutti [i sospiri] quasi diceano nel loro uscire quello che nel cuore si ragionava, cioè lo nome di quella gentilissima (XXXIX 3); elli [i pensieri] hanno in lor li dolorosi / quel dolce nome di madonna scritto (§ 10 13); io sento lo suo nome spesso nel mio pensero (XLI 7); Quel dolce nome, che mi fa il cor agro (Rime LXVIII 15); il nome / che ne la mente sempre mi rampolla (Pg XXVII 41); e v. anche Rime LXVIII 14 e CVI 152.
Alla tematica amorosa si connette anche l'episodio del sirventese dedicato alle sessanta più belle donne di Firenze, dove la celebrazione poetica del n. si raffina in lode cortese: mi venne una volontade di volere ricordare lo nome di quella gentilissima ed accompagnarlo di molti nomi di donne e spezialmente del nome di questa gentile donna (Vn VI 1); E presi li nomi di sessanta le più belle donne de la cittade... e compuosi una pistola sotto forma di serventese... componendola, maravigliosamente addivenne, cioè che in alcuno altro numero non sofferse lo nome de la mia donna stare, se non in su lo nove, tra li nomi di queste donne (§ 2).
Accanto al n. di Beatrice, che può essere sostituito da quello di Amore (Vn XXIX 9 14), D. menziona in un'occasione il n. di Giovanna, detta Primavera, la donna del Cavalcanti, a proposito del quale si cimenta in un allusivo esame etimologico inteso a illuminare col sussidio di referti religiosi e scritturali il dato realistico che Giovanna camminava, il giorno in cui gli apparve, poco innanzi a Beatrice: E lo nome di questa donna era Giovanna, salvo che per la sua bieltade, secondo che altri crede, imposto l'era nome Primavera (Vn XXIV 3); e nel paragrafo successivo: parve che Amore mi parlasse nel cuore, e dicesse: " Quella prima è nominata Primavera solo per questa venuta d'oggi; ché io mossi lo imponitore del nome a chiamarla così Primavera, cioè prima verrà lo die che Beatrice si mosterrà dopo la imaginazione del suo fedele. E se anche vogli considerare lo primo nome suo, tanto è quanto dire ‛ prima verrà ', però che lo suo nome Giovanna è da quello Giovanni lo quale precedette la verace luce, dicendo: ‛ Ego vox clamantis in deserto: parate viam Domini ' (5 4).
Il termine acquista una tensione emotiva tutta particolare quando si rapporta a Dio o alla Madonna, immettendosi in formule di preghiera o comunque in un discorso di timbro religioso, chiaramente memore di luoghi biblici (si veda per es. Iob 1, 21; Ps. 112, 2; Dan. 2, 20 " sit nomen Domini benedictum "; Act. Ap. 19, 17 " cecidit timor... et magnificabatur nomen Domini Iesu "; Matt. 6, 9; Luc. 11, 2 " sanctificetur nomen tuum "): Segnore nostro Iddio, quanto è ammirabile lo nome tuo ne l'universa terra (Cv IV XIX 7); O Padre nostro... / laudato sia 'l tuo nome (Pg XI 4); Il nome del bel fior ch'io sempre invoco (Pd XXIII 88); e tutti li altri lumi / facean sonare il nome di Maria (v. 111); così anche in Vn XXVIII 1, Cv III VII 16, Pg V 101, Pd XXII 41 e XXV 74. Riferito a Catone in Cv IV XXVIII 19.
A questa categoria semantica, in cui n. è legato a persone, appartengono ancora le seguenti occorrenze: Vn IX 5 e 11 9, XVIII 3, Rime XIV 1 e 7 (entrambe nella forma nomo, in rima); Cv I IV 11, II IV 7 (due volte), III XI 4; If X 65, XVI 38 e 59, XX 112, XXII 37, XXX 10, XXXI 94, XXXII 93, Pg VII 100, XIII 105, XIV 74, XIX 142, XXVI 86, 89 e 137, XXVII 37 e 100, XXX 62 mi volsi al suon del nome mio, / che di necessità qui si registra; Pd III 41, IX 95, XV 87, XVI 98 e 128, XVIII 40, XXXII 14; Fiore LIV 9.
Altrove si ricordano n. di sentimenti o concetti personificati, della scienza per eccellenza, la filosofia, di scienze particolari: lo nome d'Amore è sì dolce a udire (Vn XIII 4); la bellissima e onestissima figlia de lo Imperadore de lo universo, a la quale Pittagora pose nome Filosofia (Cv II XV 12); le scienze ne le quali più ferventemente la Filosofia termina la sua vista, sono chiamate per lo suo nome; sì come la Scienza Naturale, la Morale, e la Metafisica (III XI 16); La prima ha nom bieltà (Fiore I 9); La donna sì avea nome Ricchezza (LXXIV 13); e v. Vn VIII 12, XLI 3, Fiore XXXVIII 10, CCXI 9, CCXXXII 3.
Più volte insieme con toponimi o col valore di toponimo: In la palude va c'ha nome Stige / questo tristo ruscel (If VII 106); s'appressa la città c'ha nome Dite (VIII 68); un laco... c'ha nome Benaco (XX 63); un'acqua c'ha nome l'Archiano (Pg V 95); ben è che 'l nome di tal valle pèra (XIV 30); la villa / del cui nome ne' dèi fu tanta lite (XV 98); e ancora Cv III V 10 e 11, If XVI 99, Pg XIX 101; in Pg XI 102 il rapido trasmutare del mondan romore è paragonato a un fiato / di vento che spira ora da un lato ora da un altro e muta nome perché muta lato.
Talora con il titolo di un libro o di una canzone: lo libro c'ha nome Libro di Remedio d'Amore (Vn XXV 9); Questo Contra-li-erranti è tutto una par[ola], e è nome d'esca canzone, tolto per essemplo del buono frate Tommaso d'Aquino, che a un suo libro... puose nome Contra-li-Gentili (Cv IV XXX 3).
In certi casi il vocabolo inclina a designare una particolare qualifica e la dignità (o l'indegnità) che l'accompagna: questi cotali meno participano del nome del filosofo che alcuna altra gente (Cv III XI 11); tanto che cangerebbe lo nome, e non nobile ma vile da dire sarebbe (IV XXIX 11); ciascun meco si convene / nel nome che sonò la voce sola (If IV 92); col nome che più dura e più onora / era io di là (Pg XXI 85); e v. Rime LXXXIII 11, XCI 54, Cv III XI 18, XIII 10, IV III 7.
Può inoltre equivalere a " nomea ", " fama ", " reputazione ": conosco ben ch'è scienza di gran nomo (Rime XIV 3); Fa che tu trovi / alcun ch'al fatto o al nome si conosca (If XXIII 74); Godi, Fiorenza, poi che se' sì grande / che per mare e per terra batti l'ali, / e per lo 'nferno tuo nome si spande (XXVI 3); non esser duro più ch'altri sia stato, / se 'l nome tuo nel mondo tegna fronte (XXVII 57); e Pg XI 60, XIV 21 e 122.
Agli esempi sopra citati accosteremo infine il luogo di Cv IV VI 16 E però che la perfezione di questa moralitade per Aristotile terminata fio', lo nome de li Academici si spense, dove tuttavia il vocabolo implica in linea secondaria il senso di " scuola ", " dottrina ". V. anche IPOCORISTICI, NOMI; ONOMASTICA.
Le occorrenze di nomen nelle opere latine di D. riflettono fedelmente, nella maggioranza dei casi, l'uso letterario latino classico. Più raramente n. compare, considerato da un punto di vista più filosofico, come contrapposto al suo significato, " res " o " ratio ".
1. N. nel senso di nome proprio di persona come ad es. in Aen. 111 166 Italiam dixisse ducis de nomine gentem, citato in Mn II III 12 (cfr. anche il § 13); quidam Florentinus nomine Castra (Ve I XI 3).
Col n. proprio della persona (come a ciò che varca i limiti cronologici dell'esistenza individuale) è intimamente connesso l'onore, la fama, ecc. Cfr., in correlazione con ‛ titulum ', Ep II 1 suum nomen prae titulis Ytalorum aereum illustrabat, e III 2. In correlazione con ‛ gloria ', Ep XIII 1 gloriosi nominis perpetuum incrementum, Mn I V 3, Ep XIII 12. Così anche nomen egregium, in Mn II V 16. E usato assolutamente in Eg IV 62 e Mn II III 11. Ricalca una formula del latino ecclesiastico (" in nomine Domini ", " Dei ", ecc., nel senso di ." per l'autorità, per il potere delegato di Dio "): nonne in nomine Dei congregati sunt (Mn II IX 5). Cfr. Iac. Epist. 5, 10 " prophetas, qui locuti sunt in nomine Domini ", e Act. Ap. 4, 7 " in qua virtute aut in quo nomine fecistis hoc vos? ".
Allude al n. di un popolo in VE I IX 4 in eodem nomine gentis, ut Neapolitani et Caetani; analogamente, con un aggettivo di nazione: interitum romani nominis (Mn II IV 7).
2. Nel senso generale di " vox significativa secundum placitum " (cfr. Aristotele De Interpret. 2, 16a 19-20, e s. Tommaso In Peri Hermeneias I 4 38 ss.), cioè di sequenza fonica cui l'uomo ha assegnato una particolare funzione semantica facendone così un " segno ", significa sostanze, relazioni, quantità, qualità, ecc.: Amici nomen assumens (Ep XIII 4); quanquam isti sensus mistici variis appellentur nominibu (§ 22).
Contrapposto genericamente a " res " (πρᾶγμα; per l'opposizione ὄνομα-πρᾶγμα cfr. H. Bonitz, Index aristotelicus 514b-515a), nell'ablativo ‛ nomine ', " soltanto di nome ", e non ‛ in re ', " in realtà ", " difatto ", " veramente ": si ad utilitatem... non sunt, leges nomine solo sunt, re autem leges esse non possunt (Mn II V 3), per cui cfr. Cic. Invent. I XXXVIII 68. Et in vobis et in aliis, nomine solo archimandritis (Ep XI 13).
Si noti anche che la formula nomina sunt consequentia rerum, ricordata in Vn XIII 4, non si rifà ad alcuna dottrina filosofica realista, ma è semplicemente una citazione dal Corpus Iuris giustinianeo (Inst. Iuris Civ. lib. II tit. 7: qui si legge " rebus " invece di " rerum ") dove sta solo a ricordare che la formulazione giuridica vuoi essere rispondente (la glossa spiega il termine consequentia [plurale neutro] con " convenientia ", l'Authentica con " consonantia ") alla situazione reale che prevede e descrive (cfr. B. Nardi, D. e la cultura medievale, pp. 218-225).
Così anche n. distinto da " ratio " (λόγος; per λόγος contrapposto a ὄνομα cfr. Bonitz, op. cit., 514b-515a, e 433b-434a), dove " ratio " designa il corrispettivo mentale (o significatio, o significatum) della vox, di modo che uno stesso nomen può comportare varie " rationes " (così homo in primo luogo significa l' " uomo ", in secondo luogo l' " animale ", e così via); quando le " rationes " primarie (importate in primo luogo) sono varie, il n. è equivoco: cum diversitas rationis cum identitate nominis aequivocationem faciat, ut patet per Philosophum in Antepraedicamentis (Quaestio 25), dove D. riecheggia l'inizio delle Categorie (transl. Boethii, ediz. L. Minio-Paluello, pp. 5, 1, 2. Cfr. però anche la formula tomista nel commento al Peri hermeneias I IX 116(8) ricordata da G. Padoan nel suo commento alla Quaestio (ad l.), e Pietro Ispano Summulae 2.21). " Ratio " come " definitio sive descriptio " (Pietro Ispano Summulae 5.01); cfr. Aristotele Metaph. 1012a 23, e s. Tommaso In Peri hermeneias I Il 20 " Unde... ratio, quam significat nomen, est definitio ". In questa prospettiva si veda anche la definizione di ‛ cantio ' in VE II VIII 3 Est enim cantio secundum verum nominis signiicatum ipse canendi actus vel passio (cfr. Marigo, ad l.).
Bibl. - P. Fiorelli, Nomina sunt consequentia rerum, in Atti del congresso internazionale di diritto romano e di storia del diritto, I, Milano 1948, 308-321; B. Nardi, Nomina sunt consequentia rerum, in D. e la cultura medievale, Bari 1949², 218-225; A. Pézard, " Nomina sunt consequentia rerum ", in D. sous la pluie de feu, Parigi 1950, 355-364; A. Pagliaro, Nomina sunt consequentia rerum, appendice a La dottrina linguistica di D., in Nuovi saggi di critica semantica, Messina-Firenze 1956, 239-246.