Vedi NOLA dell'anno: 1963 - 1996
NOLA (Nola, Νῶλα)
Cittadina della provincia di Napoli (già di Caserta). Forse originariamente città degli Ausoni, poi greca ed etrusca, come Capua.
In epoca storica però la si trova in mano sannita, in guerra contro Roma. Nella seconda guerra sannitica, caduta in potere dei Romani nel 315, ne diventa alleata, dimostrandosi fedele durante la seconda guerra punica, quando, difesa dal pretore Marcello, resistette ad Annibale che invano tentò più volte di occuparla. Riacquista poi grande importanza nella guerra sociale, allorchè si trova invece, come una delle principali città dei ribelli sanniti che operavano nel S dell'Italia e l'ultima ad arrendersi ai Romani, espugnata nell'89 da Silla. Durante la guerra civile tra Mario e Silla parteggia, come tutte le città italiche ed in specie i Sanniti, per Mario, tanto che Silla, nell'82, espugnatala, la punì severamente deducendovi anche una colonia militare dei suoi veterani, che fu la prima nel territorio. Una seconda colonia vi fu dedotta sotto Augusto, per cui prese il nome di Colonia Felix Augusta Nolana, ed una terza colonia fu dedotta sotto Vespasiano.
Pochi avanzi sono oggi visibili della città antica, ma nel XVI sec. erano molto più numerosi. Ambrogio Leone, che ha scritto un'opera sulla storia e le antichità di N. nel 1514, nomina due anfiteatri, di cui uno in marmo ed uno in latenzio (forse un teatro ed un anfiteatro), resti antichi sotto le chiese di SS. Apostoli e S. Vittoria. Un tempio di Augusto è noto da una iscrizione rinvenuta nel centro della città e sarebbe stato eretto, secondo quanto dice Dione Cassio (lvi, 46) sulla casa in cui morì l'imperatore. Nella città moderna è identificabile il Foro, con due grandi basi attiche all'ingresso ed un edificio con un epistilio dorico. Nelle campagne resti di tombe, anche preromane, con suppellettile di vasi greci. Nel 1560 era ancora visibile un resto dell'acquedotto augusteo.
Bibl.: A. Leonis, Antiquitatum necnon historiarum urbis ac agri Nolae, Lugduni Batavorum 1514; E. H. Bunbury, in W. Smith, Dictionary of Geogr., Londra 1868; Not. Scavi, p. 100; 1928, p. 377; A. Maiuri, Virgilio e Nola, Roma 1939.
(G. Cressedi)
Cimitile. - A circa 8oo metri da N. si estese una necropoli pagana, che è stata scoperta in questi ultimi tempi; essa fu il nucleo che dette origine e nome al centro paleocristiano di Cimitile. L'aver circoscritto la storia di Cimitile a quella di S. Paolino è stata la causa delle incertezze e delle lacune che fino ad ora hanno impedito una più ampia e sicura conoscenza del celebre santuario cristiano della Campania. Infatti le notizie date dai Natali, fonti quasi uniche degli scrittori cimitiliani, vanno dal 394 al 408, mentre la vita di Cimitile, segnata dalle opere superstiti, è compresa fra il IV ed il XIV secolo, con una premessa dal Il alla fine del III ed un epilogo che giunge stancamente al XVIII. La premessa è rappresentata, appunto, dalla necropoli pagana, che raggiunse nel Il sec. d. C. il suo massimo sviluppo, mentre il successivo segnò la sua decadenza, foriera dell'abbandono.
La tomba di Felice, il santo la cui popolarità si estese rapidamente oltre i confini della Campania, venne collocata ai margini della necropoli nella celletta dove furono raccolti anche i resti di due santi vescovi; così sorse un martyrium (v.), fra i più antichi, una piccola fabbrica di muratura coperta da tetto a due falde. Nei resti del lato S esiste la soglia della porta che permetteva ai fedeli di avvicinarsi alla tomba per introdurvi, attraverso i due fori aperti nella lastra di marmo, i lini e gli oli che dovevano acquistare il potere di combattere i morbi. Dopo l'editto costantiniano i cristiani innalzarono una basilica in onore di S. Felice. La posizione del martyrium (che non si volle spostare) ed altre difficoltà consigliarono un triforium all'ingresso, sul lato di mezzogiorno, e imposero l'arresto delle navi minori a metà dello sviluppo longitudinale: l'abside ad oriente venne recinta da muri che le formarono, ai lati, locali di pianta mistilinea adibiti ai servizi del culto. Importanti affreschi, che appartengono indubbiamente alla seconda metà del IV sec., dei quali resta qualche preziosa testimonianza (fra l'altro la rappresentazione monocroma di una città), e mosaici decorarono l'interno, ed intanto una edicola pagana contenente arcosoli con pitture (Adamo ed Eva, episodi della storia di Giona) che rivelano la presenza, già nel III sec., di adepti alla nuova religione, venne adattata ad essa e intitolata ai SS. Martiri. Con questi edifici, ai quali si aggiunsero la basilichetta di S. Calionio e successivamente le due chiese di S. Tomaso e S. Stefano (i cui avanzi tuttora sotto terra sono ancora da studiarsi), giungiamo al momento in cui Paolino venne a N. in qualità di console suffectus, cioè al 381. Vi tornò nel 394 e questa volta per sempre. La presenza di Paolino a Cimitile significò lo sviluppo di ardite iniziative, per cui essa fu in grado di rispondere sempre meglio al suo costante sviluppo. È di questo tempo la nuova abside occidentale di S. Felice, come lo furono le fabbriche per religiosi dei due sessi, gli alberghi per pellegrini, l'impianto di un acquedotto, chiostri marmorei, fontane ed infine le due opere che ci restano del periodo più florido del santuario: l'edicola sulla tomba di S. Felice (un peribolo di pianta quadrata con archi coperti da mosaici d'influenza orientale, compiuto nel 402) e la grande basilica del 403, nota per la sua abside trilobata, le cappelle ai lati delle navi minori per la meditazione e la preghiera, le decorazioni a buon fresco ed a mosaico. Solo la parte absidale si salvò in parte dal crollo del-l'VIII sec. per essere poi racconciata in una pseudobasilica di S. Giovanni. Le due opere, arrivate a noi mutile ed alterate, rivelano concezioni ardite e nuove. Originalissima è la soluzione dei due corpi di fabbrica appartenenti ad un'unica chiesa che s'incontrano ad angolo retto nel punto dove sorge l'edicola luminosa innalzata sulla tomba del Santo, e la stessa abside trilobata con le pareti decorate da opus sectile marmoreum sembra riprodotta su esperienze lontane da chi ne ha afferrato soprattutto il concetto simbolico. Vi si scorge la presenza di una mente capace di affrontare problemi religiosi con la conoscenza dei nuovi bisogni pratici e spirituali, e ad un tempo con fantasia di artista.
Sette anni dopo la sua consacrazione i Goti di Alarico, conquistata Roma, scesero nella Campania e Cimitile ne subì le conseguenze, che però furono assai più gravi nel 455 quando Genserico coi suoi Vandali distrusse Nola (Paolino consacrato vescovo era morto nel 431). È soltanto al tramonto del VI sec. che si è creduto di scoprire qualche segno di una nuova vita (Tozzi), ma bisogna giungere all'alba del VII per trovare col vescovo Leone III le prove di quella rinascita del santuario che può chiamarsi longobarda, perché favorita dai Duchi di Benevento, impadronitisi nel frattempo del territorio di Nola. Testimonianze ci sono fornite dal notissimo protiro della basilica dei SS. Martiri, i cui pilastri sono dovuti ad artisti campani operanti sotto l'influsso dell'arte bizantina, e successivamente dalla trasformazione interna delle basiliche dei SS. Martiri e di S. Calionio e dall'introduzione del culto di S. Faustino con la conseguente distruzione dell'unità dell'edicola di S. Paolino per adattarla alle necessità della doppia venerazione. Questo secondo periodo è caratterizzato, oltre che da particolari architettonici e dalla suppellettile marmorea (pilastrini, plutei, amboni) ascritta ad una scuola locale che continuava ad operare nel IX sec., anche da un'attività pittorica della quale ci resta, fra l'altro, la decorazione interna della basilica dei SS. Martiri con scene della vita e della passione del Cristo, da assegnarsi al X secolo.
Bibl.: G. Remondini, Della Nolana Ecclesiastica Storia, Napoli, I-III, 1745-57; A. Ambrosini, Delle memorie storico critiche del Cimitero di Nola, Napoli 1792; F. Lagrange, Histoire de Saint Paulin de Nole, Parigi 1877; M. T. Tozzi, Di alcune sculture medioevali della Campania, in Boll. d'Arte, 1931, p. 236 ss.; G. Chierici, in Atti IV Congresso Nazionale di studi romani, Roma 1936, II vol., P. 8, ss.; R. C. Goldschmidt, Paulinus' Churches at Nola, Amsterdam 1940; G. Chierici, S. Ambrogio e le basiliche paoliniane di Cimitile, in Ambrosiana, Scritti di storia, archeologia ed arte, pubblicati nel XVI centenario della nascita di S. Ambrogio, Milano 1942; A. Grabar, Martyrium, Parigi 1946, p. 57 ss.; G. Chierici, Cimitile: La necropoli, in Rivista di Archeologia Cristiana, XXXIII, 1957, p. 99 ss.
(† G. Chierici)
Nel 1961 moriva G. Chierici, che aveva diretto gli scavi del 1943-45 e del 1956, senza purtroppo poter pubblicare interamente i risultati delle sue scoperte. Gli studî delVoelkl, del Gerke e dello Hempel hanno oggi segnalato altri affreschi e mosaici non ancora pubblicati e hanno in parte corretto l'interpretazione proposta dallo stesso Chierici per altri.
Nella "Cappella dei SS. Martiri" sono tre arcosoli con raffigurazioni dell'Antico Testamento: Adamo ed Eva presso un albero, il serpente non è visibile: forse è raffigurata la coppia dopo il peccato; Giona gettato nel mare; resti di un affresco, in cui è riconoscibile, per confronto con il Nuovo Ipogeo della via Latina a Roma, la rappresentazione dei progenitori con Caino e Abele. Alcune tombe nel vano ad E di questa cappella presentano nella lunetta le scene di Giona gettato in mare e rigurgitato dal mostro marino e infine del profeta che si riposa sotto la cucurbitacea; sulle pareti: l'offerta di Isacco, Adamo ed Eva presso un albero con due figure più piccole, i resti della raffigurazione di un carro con un cavallo, di dubbia interpretazione forse Mosè durante lo scontro con gli Amaleciti , infine una figura di palliato in trono e i resti di una figura ignuda (forse Giacobbe e l'angelo); una scena di coronazione (unzione di David). Altre scene sono state solamente intraviste, ma non è stato ancora possibile liberarle per ragioni di statica. Hempel e Gerke propendono a datare gli affreschi al Il sec. d. C. e sottolineano che queste scene dell'Antico Testamento a Cimitile precederebbero di circa una generazione le più antiche pitture cristiane delle catacombe romane.
Bibl.: B. L. Voekl, in Röm. Quartalschr., LIV, 1959, p. 94 ss.; H. L. Hempel, Zum Problem der Anfänge der At-Illustration, in Zeitschr. für die a.t.-tliche Wissenschaft, LXXIII, 1961, 3, p. 20 ss. I risultati delle indagini del Gercke e dello Hempel appariranno in una pubblicazione particolare a cura del Mainzer Institut zur Kunstsgeschichte. Cfr. H. Belting, Die Basilica dei SS. Martiri in Cimitile und ihr früh-mittelalterlicher Freskenzyklus (Forschungen zur Kunstgeschichte und christlischen Archäologie), Wiesbaden 1962, pp. 9-21.
(Red.)