noiare
Più comune che ‛ annoiare ' (v.), attestato soltanto nel Fiore, si riconnette assai probabilmente al provenzale enojar (del quale mantiene la costruzione col dativo), derivato a sua volta dal latino tardo inodiare, " avere in odio ", e vale principalmente " recar disturbo o dolore ": Questi [i diavoli] per noi / sono scherniti con danno e con beffa / sì fatta, ch'assai credo che lor nòi (If XXIII 15); Guardate che 'l venir sù non vi nòi (Pg IX 87; qui propriamente " non vi sia di nocumento "); lietamente a me medesma indulgo / la cagion di mia sorte, e non mi noia (Pd IX 35).
Affine alla precedente è nel verbo l'accezione di " far torto o ingiuria ", " recare offesa ": più non arse la figlia di Belo, / noiando e a Sicheo e a Creusa, / di me (Pd IX 98).
N. figura infine in Pd XIV 18, in un contesto dottrinale dove si accenna alla condizione delle anime beate dopo la resurrezione: e se rimane [la luce onde esse sono circondate nel Paradiso], dite come, poi / che sarete visibili rifatti, / esser porà ch'al veder non vi nòi. Nota Benvenuto: " scilicet quod dicta lux excellens non laedat visum corporalem ". Il Buti all'idea dell'" offensione " e quindi del danno che i beati potrebbero subire alla vista dalla loro stessa luce, aggiunge quella dell'impedimento: " dite... come potrà essere che voi, essenti in tanto splendore, possiate vedere fuori di voi ". La confluenza nel verbo dei due valori (" danneggiare " e " impedire ") è accettata da alcuni commentatori moderni. Tuttavia un passo di s. Tommaso fa ritenere che la connotazione dell'impedimento debba, nel caso in discussione, essere prevalente su quella dell'offensione: " Praeterea, visio fit secundum quod in pupilla recipitur species rei visae. Sed hoc non poterit esse post resurrectionem in beatis... Respondeo... dicendum quod intensio luminis non impedit receptionem spiritualem speciei coloris, dummodo maneat in natura diaphani: sicut patet quod, quantumcumque illuminetur aer, potest esse medium in visu... Claritas autem corporis gloriosi non aufert diaphanitatem a pupilla: quia gloria non tollet naturam. Unde magnitudo claritatis in pupilla magis facit ad acumen visus quam ad eius defectum " (Sum. theol. III suppl. 82 4).